Cari amici,
quattro osservazioni - tre serie, l'altra meno - sulla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea di cui si e' detto ieri:
1) Benche' la Corte affermi esplicitamente che la normativa italiana in materia di espulsioni e' abbondantemente in conflitto con le disposizioni della Direttiva 2008/115/CE, riguardo alla particolare disposizione sotto esame (quella che prevede la pena della reclusione per il mancato ottemperamento all'ordine del questore), la Corte fa le affermazioni seguenti:
a) gli Stati membri conservano la competenza in materia penale;
b) essi non possono pero' applicare una normativa di natura penale in modo da compromettere la realizzazione degli obiettivi di una direttiva;
c) la direttiva 2008/115/CE subordina espressamente l'uso di misure coercitive al rispetto dei principi di proporzionalita' e di efficacia;
d) una norma come quella in esame pecca sotto il profilo dell'efficacia; infatti, la detenzione finisce per ritardare l'allontanamento dello straniero.
Notate: la sentenza non critica la disposizione italiana per il fatto che sia sproporzionata (quattro anni di reclusione nel massimo, contro un limite di diciotto mesi di trattenimento ammesso dalla direttiva), ma per il fatto che comporti un ritardo nell'allontanamento...
2) Non mi sembra che ci si possa attendere analoga fine per le disposizioni di cui all'art. 10-bis D. Lgs. 286/1998 (reato di ingresso e/o soggiorno illegale). La pena dell'ammenda non sembra censurabile sotto il profilo della proporzionalita', ne' rischia di dar luogo a un ritardo dell'allontanamento (questo procede indipendentemente e, se eseguito, provoca la pronuncia di non luogo a procedere, per il reato, da parte del giudice).
Dovrebbe invece cadere, con la gran parte delle disposizioni che oggi disciplinano l'espulsione, l'astratta possibilita' di sostituire la pena dell'ammenda con quella dell'espulsione, ma questo e' un dettaglio rispetto alla frana complessiva dell'impianto.
Escluderi anche che il reato di soggiorno illegale risulti colpito dall'affermazione che la Corte fa nella sentenza, al punto 33:
"... mentre il n. 3 di detto art. 4 riconosce agli Stati membri la facolta' di introdurre o di mantenere disposizioni piu' favorevoli per i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare rispetto a quelle stabilite dalla direttiva 2008/115, purche' compatibili con quest'ultima, detta direttiva non permette invece a tali Stati di applicare norme più severe nell'ambito che essa disciplina".
Ritengo infatti che la definizione dell'ambito disciplinato dalla direttiva vada ricercata nell'art. 1 della stessa direttiva:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell'uomo.
La direttiva disciplina cioe' le procedure di rimpatrio degli stranieri in posizione di soggiorno irregolare, non l'intera condizione di tali stranieri. Nulla impedisce, quindi, che disposizioni nazionali aggiungano sanzioni a carico di tali stranieri, purche' non rendano piu' severa la disciplina del loro rimpatrio.
3) Un punto interessante della sentenza, trattato in modo piu' approfondito nella presa di posizione dell'Avvocato Generale e' il seguente: benche' art. 2, n. 2, lett. b), della direttiva 2008/115/CE offra agli Stati membri la possibilita' di non applicare le disposizioni della direttiva stessa nei casi in cui gli stranieri siano sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o in conseguenza di una sanzione penale, tale esonero non si applica quando la sanzione penale sia conseguenza di una situazione che richiede allontanamento (il soggiorno illegale), anziche' causa dell'allontanamento stesso (in una situazione che, in mancanza della sanzione stessa, non lo richiederebbe).
Salta cosi' l'intento di Maroni (esplicitato in una audizione in Senato), che, con l'introduzione del reato di soggiorno illegale (sanzionato con l'espulsione sostitutiva) intendeva sottrarre le procedure di allontanamento alla sfera di influenza della direttiva.
4) La Corte raccomanda al giudice nazionale di disapplicare la disposizione di cui all'art. 14, co. 5-ter (oltre alle altre in eventuale contrasto con la direttiva), e di tenere "nel debito conto il principio dell'applicazione retroattiva della pena piu' mite".
A sostegno di quest'ultimo principio, la Corte cita alcune sue sentenze degli anni scorsi. In particolare, cita la Sentenza 3 maggio 2005 nelle cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, relativa a procedimenti penali a carico di Silvio Berlusconi, Sergio Adelchi, Marcello Dell'Utri et al.
Chi alla pena mite ambisce, di pena mite perisce...
Cordiali saluti
sergio briguglio
p.s.: ringrazio Chiara Favilli per le discussioni sul tema.
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