19 dicembre 2011

bandi del migration policy centre di fiesole

Cari amici,
dati gli anni di vacche magre (absit iniuria verbis), vi giro la segnalazione di tre bandi molto interessanti proposti dal Migration Policy Centre di Fiesole.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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The Migration Policy Centre (MPC) at the European University Institute is seeking to appoint the three following academic staff:
·         Research Fellow in migration studies
·         Statistician
·         Policy analyst
Details and application information are provided in the attached files or through the link below: http://www.eui.eu/ServicesAndAdmin/AcademicService/AcademicPosts.aspx#ResearchAssistants
 
Please, share this announcement with qualified candidates.
 
Sincerely,
 
Prof. Philippe Fargues
Director of the Migration Policy Centre
Robert Schuman Centre for Advanced Studies
European University Institute (EUI)
Via delle Fontanelle, 19
50014 San Domenico di Fiesole - Italy
Tel.: +39-055-4685.783 / 817
http://www.carim.org/

16 dicembre 2011

sentenze della corte costituzionale

Cari amici,
alle pagine

http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/dicembre/sent-corte-cost-329-2011.html

e

http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/dicembre/sent-corte-cost-331-2011.html

del mio sito, troverete due sentenze della Corte Costituzionale, con le quali si dichiara, rispettivamente,

1) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, L. 388/2000, nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione ai minori stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennita' di frequenza di cui all'art. 1 L. 289/1990 (in materia di assistenza economica agli invalidi);

2) l'illegittimita' costituzionale di art. 12, co. 4-bis D. Lgs. 286/1998, aggiunto da L. 94/2009, nella parte in cui - nel prevedere l'applicazione della custodia cautelare in carcere - non fa salva l'ipotesi in cui risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

Di particolare interesse la prima delle due sentenze. Sul solco della Sentenza della Corte n. 187/2010, si censura l'imposizione di un requisito di soggiorno  quinquennale ai fini del godimento di misure a tutela di diritti fondamentali (all'istruzione, alla salute e al lavoro) del minore disabile. Tale imposizione lascia infatti scoperto tale minore, anche regolarmente soggiornante, per un consistente lasso di tempo, con violazione dell'art. 14 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo (e, quindi di art. 117 Cost.), come pure degli artt. 2, 3, 32, 34 e 38 Cost.

Ci si trova a questo punto di fronte a una bella competizione tra la Legge 388/2000 (centrosinistra) e il pacchetto sicurezza (centrodestra), per la conquista del titolo "provvedimento normativo piu' censurato dalla Corte Costituzionale".

Cordiali saluti
sergio briguglio

7 dicembre 2011

decreto mae; decreto-legge salva-italia; circolare mininterno

Cari amici,

1) alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/dicembre/decr-mae-11-5-2011.html, troverete il Decreto del Ministro degli affari esteri 11/5/2011, che, unitamente al suo allegato (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/dicembre/all-a-decr-mae-11-5-11.html), definisce le tipologie di visto di ingresso e i relativi requisiti, rimpiazzando l'analogo Decreto 12/7/2000 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2000/agosto/decreto-visti.html).


2) alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/dicembre/decreto-legge-201-2011.html del mio sito troverete il testo del decreto-legge 201/2011 (decreto salva-Italia, salvo complicazioni).

All'art. 40, il comma 3 stabilisce quanto segue:

3. Allo scopo di facilitare l'impiego del lavoratore straniero nelle more di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, dopo il comma 9 dell'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  e' inserito il seguente comma:
     "9-bis. In attesa del rilascio o del  rinnovo  del permesso  di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di venti  giorni di  cui  al  precedente   comma,   il   lavoratore   straniero   puo' legittimamente soggiornare nel  territorio  dello  Stato  e  svolgere temporaneamente l'attivita'   lavorativa    fino    ad    eventuale comunicazione dell'Autorita' di  pubblica  sicurezza,  da notificare anche al datore  di  lavoro,  con  l'indicazione  dell'esistenza  dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso  di  soggiorno. L'attivita' di' lavoro di cui  sopra  puo'  svolgersi  alle  seguenti condizioni:
     a) che la richiesta del rilascio del permesso di soggiorno  per motivi di  lavoro  sia  stata  effettuata  dal  lavoratore  straniero all'atto  della  stipula  del  contratto  di soggiorno,  secondo  le modalita' previste nel regolamento d'attuazione, ovvero, nel caso  di rinnovo, la richiesta sia stata presentata prima della  scadenza  del permesso, ai sensi del precedente comma 4,  e  dell'articolo  13  del decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1999 n. 394,  o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso;
     b) che sia stata rilasciata dal competente ufficio  la ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o  di rinnovo del permesso."

Si tratta di disposizioni gia' adottate, nella prassi, dal 2006-2007 (vedi

http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2006/agosto/direttiva-interno-5-8-2006.html

http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2007/febbraio/dir-interno-20-2-2007.pdf).

Ora, a queste disposizioni, viene dato il rango di disposizioni legislative. Un piccolo miglioramento sostanziale potrebbe venire dal fatto che, diversamente da quanto stabilito dalle preesistenti direttive ministeriali, sembra scomparsa la preclusione, nelle more del rilascio del primo permesso, delle attivita' lavorative diverse dal rapporto per il quale e' stato autorizzato l'ingresso. La cosa - se tale preclusione non verra' reintrodotta per via interpretativa - faciliterebbe la sopravvivenza del lavoratore straniero in caso di conclusione prematura o di mancato avvio del primo rapporto di lavoro.


3) per una prassi amministrativa intelligente che viene elevata al rango di disposizione di legge, una disposizione di legge intelligente rischia di essere minata da una prassi amministrativa ottusa (la quantita' di imbecillita' e' evidentemente una costante del sistema). Mi riferisco alla circolare 16/11/2011 del Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell'interno (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2007/febbraio/dir-interno-20-2-2007.pdf), che conferma quanto paventato, in un precedente messaggio, in relazione all'applicazione delle nuove disposizioni relative alla conversione del permesso di soggiorno, per il minore non accompagnato, al compimento della maggiore eta'.

Si stabilisce che l'interessato debba produrre il parere del Comitato minori stranieri, favorevole al rilascio/conversione del permesso, gia' al momento della presentazione dell'istanza.

L'estensore della circolare sembra poco interessato al dettato della disposizione di legge, come pure alle conseguenze che il tardivo rilascio del parere potra' avere sulla condizione di soggiorno del neo-maggiorenne.

Sarebbe bello se il nuovo Ministro dell'interno promuovesse un po' di dirigenti del suo ministero ad incarichi di prestigio, dall'alto dei quali non possano piu' nuocere.

Cordiali saluti
sergio briguglio

1 dicembre 2011

mia mamma

Mia mamma e' morta stanotte.

Se vi comunico una cosa cosi' intima e' per diverse ragioni.

La prima e' che con ciascuno di voi c'e' da tempo un rapporto
comunque personale, anche se con alcuni non c'e' mai stato un
incontro diretto.

La seconda e' che da quanti hanno saputo della malattia di mamma ho
ricevuto affetto e sostegno. Lo stesso affetto e lo stesso sostegno -
lo so - l'avrei ricevuto anche dagli altri, se avessero saputo.

La terza e' che alla base del lavoro - quello sull'immigrazione - per
il quale ci conosciamo c'e', per molti aspetti, mamma. Le devo, tra
le tante, una cosa particolare: mi ha insegnato che cosa significhi
studiare. Mamma aveva potuto fare solo le elementari: al tempo
sembrava normale negare a una bambina la prosecuzione degli studi. Ne
aveva sofferto moltissimo. Ha conservato per tutta la vita la sete
del conoscere, del capire e dell'individuare soluzioni. Da
autodidatta, con pochissimi mezzi.

Un'altra cosa che ha cercato di insegnarmi - con minor successo - e'
stata l'operosita'. Pochi giorni fa, mentre ero seduto accanto al suo
letto, aspettando sue richieste, mi ha domandato, a mo' di
rimprovero: "Perche' non lavori?!".

L'ultima ragione e' che se mi sono occupato di immigrazione lo devo
allo sgomento che ho provato, a diciotto anni, per la mia piccola
migrazione interna, da Messina a Padova. Lasciavo una famiglia -
mamma, papa', mia sorella, i miei fratelli - che era la mia sicurezza
e il mio cuore. Quando, alcuni anni dopo, ho cominciato a incontrare
per strada facce con lo stesso sgomento, mi sono diventate sorelle;
poi, col tempo, figlie.

sergio

25 novembre 2011

ius soli, Marino e Crialese

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/nota-marino-cittadinanza.html del mio sito troverete una nota, scaricata dal sito del Sen. Ignazio Marino, relativa ai contenuti del disegno di legge di modifica della normativa sulla cittadinanza, presentato dallo stesso Sen. Marino e da altri centododici senatori alcuni giorni fa.

Non ho letto il testo del disegno di legge, ma dalla nota ricavo in modo inequivocabile che si propone di introdurre in modo secco lo ius soli: "E' cittadino per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica".

Ho grande stima del Sen. Marino e, probabilmente, di molti dei centododici colleghi che hanno firmato il disegno di legge.

Esso - il disegno di legge - e' pero' frutto di un approccio pericolosamente superficiale.

L'art. 19, co. 2 D. Lgs. 286/1998 prevede oggi il divieto di espulsione della donna incinta e di quella che abbia partorito da meno di sei mesi. E' una norma che fa onore all'Italia. Di piu': una norma che viene sanamente applicata, a tutela della donna (e del bambino) anche nei casi in cui tecnicamente si potrebbe procedere a respingimento alla frontiera.

Per inciso: una norma sconosciuta a Crialese.

Non deve essere per nessuna ragione cancellata.

Se venisse approvata una modifica come quella proposta da Marino, la donna incinta che riesca a mettere piede in Italia avrebbe diritto, a normativa invariata per il resto, a partorire nel nostro paese un cittadino italiano. Acquisterebbe poi automaticamente un diritto di soggiorno in quando madre di cittadino italiano.

Potremmo meravigliarci, a quel punto, per una presenza abnorme di donne incinte sui barconi che attraversano il Canale di Sicilia? E avremmo diritto di versare lacrime in caso di affondamento di uno di quei barconi?

E quale mezzo resterebbe, per bloccare il flusso, se non la soppressione di quel divieto di espulsione o il ripristino dei respingimenti in mare?

Se si vuol procedere a una riforma sulla cittadinanza, si riparta dal testo Sarubbi-Granata (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/settembre/ac-2670.html) o dal testo Bressa, Amici, Zaccaria et al. (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/dicembre/ac-457.html), frutto di una lunga riflessione iniziata con l'esame del disegno di legge presentato dal Ministro Amato durante la scorsa legislatura.

Cordiali saluti
sergio briguglio

22 novembre 2011

la riforma del diritto del lavoro e il teatro giapponese

Cari amici,
per una volta vi scrivo in merito a un tema - la riforma del diritto del lavoro - apparentemente lontano da quello dell'immigrazione. In realta', essendo il lavoro uno degli aspetti principali della vita degli stranieri in Italia, le interazioni tra i due temi sono tutt'altro che trascurabili.

Nel suo discorso programmatico al Senato, il Presidente del Consiglio Monti ha affermato:

"Con il consenso delle parti sociali dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati mentre altri sono totalmente privi di tutele e assicurazioni in caso di disoccupazione. Le riforme in questo campo dovranno avere il duplice scopo di rendere piu' equo il nostro sistema di tutela del lavoro e di sicurezza sociale e anche di facilitare la crescita della produttivita', tenendo conto dell'eterogeneita' che contraddistingue in particolare l'economia italiana. In ogni caso, il nuovo ordinamento che andra' disegnato verra' applicato ai nuovi rapporti di lavoro per offrire loro una disciplina veramente universale, mentre non verranno modificati i rapporti di lavori regolari e stabili in essere."

Parole di questo genere provocano spesso, soprattutto a sinistra, un principio di mal di stomaco, perche' vi si legge - per dirla senza giri di parole - un attacco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Naturalmente, stando a quanto Monti afferma, le eventuali modifiche non intaccherebbero la posizione di chi oggi e' coperto dalla tutela dell'articolo 18 ("non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabili in essere"). Si teme pero', a sinistra, che la protezione accordata al lavoratore che stipuli un contratto all'indomani dell'eventuale riforma risulti assai piu' debole di quella oggi garantita da quell'articolo.

Molti - Pietro Ichino, soprattutto - fanno osservare come la protezione dell'articolo 18 sia riservata, oggi, solo a una frazione dei lavoratori, restandone esclusi sia i dipendenti di imprese con meno di sedici dipendenti, sia i lavoratori con i quali l'imprenditore abbia stipulato un contratto a termine o altro contratto atipico: e' a questa esclusione che si riferisce Monti quando parla di mercato del lavoro duale. A queste osservazioni, pero', alcuni dei difensori dell'articolo 18 replicano che il superamento del mercato duale va perseguito con l'estensione erga omnes della cosiddetta tutela reale (quella appunto garantita dall'articolo 18).

Ichino, invece, propone (A.S. 1873; http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/ddl-1873.html) l'istituzione, per i futuri rapporti di lavoro, di un unico tipo di contratto (salvo eccezioni qui trascurabili). Si tratterebbe di un contratto a tempo indeterminato, sottoposto a una disciplina del recesso per motivi economici da parte del datore di lavoro significativamente diversa da quella prevista dalle disposizioni oggi in vigore.

A me sembra che la protezione offerta dal modello proposto da Ichino sia  preferibile, dal punto di vista del lavoratore, non solo rispetto al nulla previsto oggi per la maggior parte dei contratti atipici (si pensi alla conclusione naturale di un contratto a termine: saluti a casa, e chi si e' visto si e' visto...), ma anche - e su questo chiedo il vostro giudizio critico - rispetto alla protezione garantita, per il lavoratore subordinato a tempo indeterminato, dalle norme vigenti.

Mi spiego (con imprecisione da fisico), concentrandomi sul licenziamento per motivi economici, dal momento che ne' l'impianto del licenziamento per grave inadempimento del lavoratore (giusta causa) ne' le sanzioni contro il licenziamento discriminatorio vengono toccati in modo rilevante dalle proposte di riforma.


I. Le norme vigenti

Il licenziamento individuale per motivi economici, per essere legittimo, deve essere sorretto da "ragioni inerenti all'attivita' produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" (art. 3 L. 604/1966). Il lavoratore licenziato puo' impugnare il licenziamento, ed e' il giudice a valutare se sussista o meno una di queste ragioni - se sussista o meno, cioe', il cosiddetto giustificato motivo oggettivo.

Nel caso in cui il giudice ritenga non adeguatamente giustificato il licenziamento, le conseguenze sono molto diverse a seconda che si applichi o meno l'articolo 18. Se non si applica (impresa con un numero di dipendenti non superiore a 15), il datore di lavoro puo' scegliere tra la riassunzione del lavoratore (senza diritto a risarcimento per la retribuzione perduta) e la corresponsione di un'indennita' di entita' fissata dal giudice in misura compresa di norma tra 2.5 e 6 mensilita'.

Se l'articolo 18 si applica (impresa con piu' di quindici dipendenti), il lavoratore e' reintegrato nel posto di lavoro e ha diritto ad un risarcimento commisurato alla mancata retribuzione dalla data del licenziamento a quella della reintegrazione. Il lavoratore puo' inoltre optare, in luogo della reintegrazione, per una ulteriore indennita' pari a 15 mensilita' della retribuzione globale. In media, data anche la durata dei processi, si stima che al datore di lavoro un licenziamento illegittimo costi circa 34 mensilita'.

Di solito, il dibattito sul tema si sofferma sull'evidente disparita' tra le due categorie di lavoratori (i dipendenti di grandi aziende e i dipendenti di piccole aziende); disparita' che diventa abisso - come detto - quando si guardi a lavoratori che prestano la loro opera nell'ambito di un contratto di lavoro subordinato a termine o di un contratto di lavoro (formalmente) autonomo, quale la collaborazione a progetto.

Raramente si fa caso all'ipotesi fin qui non considerata: che il giudice, cioe', ritenga adegatamente motivato il licenziamento. In questo caso, il licenziamento e' pienamente efficace e al lavoratore non spetta alcuna forma di indennita', ne', ovviamente, di risarcimento del danno per mancata retribuzione.

Il punto su cui voglio richiamare la vostra attenzione e' che a decidere sulla validita' di un motivo afferente all'organizzazione di un'impresa e' chiamato un giudice. Ora, salvo lodevoli eccezioni, un giudice si intende di organizzazione aziendale quanto io mi intendo di teatro giapponese. Per di piu', non sapendo che pesci prendere, tende ad allinearsi ad orientamenti consolidati della giurisprudenza che, proprio perche' consolidati, affondano le loro radici in contesti economici remoti e completamente diversi da quello nel quale si inserisce il caso da giudicare.

Notate che una decisione errata del giudice provoca un danno soggettivamente contenuto se il soggetto danneggiato dall'errore e' l'impresa. Ne provoca uno enorme se ad essere danneggiato e' il lavoratore licenziato.

Chi di noi definirebbe adeguata la tutela della salute offerta da un ospedale dotato di strutture d'avanguardia, nel quale pero' la terapia venga decisa tirando i dadi?


II. La proposta di Ichino (per come l'ho capita)

Ichino propone che i contratti di lavoro siano stipulati, a partire dalla data di entrata in vigore dell'eventuale riforma, nella forma di contratti a tempo indeterminato.

Il licenziamento per motivi economici sarebbe sottratto, per i primi vent'anni di anzianita' di servizio del lavoratore, al vaglio del giudice, a meno che il lavoratore non lo impugni come licenziamento discriminatorio. In caso, invece, di lavoratore con oltre vent'anni di anzianita', il carattere discriminatorio verrebbe presunto, con conseguente applicazione, a meno che il datore non dimostri, in giudizio, l'esistenza del giustificato motivo oggettivo, delle sanzioni oggi previste dall'articolo 18 (risarcimento del danno per la retribuzione non corrisposta e reintegrazione nel posto di lavoro o, a scelta del lavoratore, corresponsione di ulteriore indennita').

In tutti i casi (a prescindere dalla soglia di anzianita' ventennale), il datore di lavoro dovrebbe comunque corrispondere al lavoratore un'indennita' pari a una mensilita' per ogni anno di anzianita' di servizio maturato.

Tra datore di lavoro e lavoratore licenziato (solo, pero', nel caso di imprese con piu' di quindici dipendenti) verrebbe stipulato un contratto di ricollocazione. Nell'ambito di questo contratto, il datore di lavoro sarebbe tenuto a garantire al lavoratore assistenza intensiva (anche mediante formazione e riqualificazione) nella ricerca di nuova occupazione. In caso di lavoratore con almeno due anni di anzianita' sarebbe garantita anche l'erogazione di una indennita' complementare di disoccupazione pari al 90% della retribuzione per il primo anno, all'80% per il secondo, al 70% per il terzo.

(Per inciso, queste disposizioni si applicherebbero anche al caso di licenziamento disciplinare ritenuto illegittimo dal giudice (assenza di una giusta causa), per il quale il datore di lavoro abbia optato per la corresponsione dell'indennita' sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro.)


A me sembra che un impianto di questo genere abbia il grande pregio della eliminazione della aleatorieta' di un giudizio non sorretto da competenza tecnica; al punto che non sono affatto certo che il lavoratore ipoteticamente assunto a tempo indeterminato in una grande azienda il giorno prima della data di eventuale entrata in vigore di una tale riforma (con diritto alla tutela da articolo 18) avrebbe da rallegrarsi per non essere stato assunto il giorno dopo quella data (con diritto alla tutela indennitaria e al contratto di ricollocazione).

Se fossi nei sindacati e nei partiti di sinistra, mi darei quindi da fare non per rifiutare o contrastare la riforma, ma, caso mai, per spuntare dalla controparte imprenditoriale o politica contenuti quantitativamente piu' favorevoli (riguardo a estensione dell'applicazione del contratto di ricollocazione, oneri del datore nell'ambito di tale contratto, importo dell'indennita' di licenziamento, etc.).

In particolare - e qui mi immergo nuovamente nella questione immigrazione - penso a come sarebbe opportuno che forme di indennita' e ricollocazione venissero estese al settore del lavoro domestico - un settore per il quale il licenziamento non prevede alcuna forma di protezione per il lavoratore. Non ricordo di aver mai sentito voci di protesta sul punto nei dibattiti relativi alla riforma del mercato del lavoro.

Rifiutare la riforma significa - temo - rinviarla a un tempo in cui a vararla sara' la sola destra, con contenuti probabilmente assai meno vantaggiosi per i lavoratori.

Vi saro' grato se mi farete avere le vostre osservazioni sulla materia.

Cordiali saluti
sergio briguglio

17 novembre 2011

corso asgi - provincia di roma

Cari amici,
ricevo da Salvatore Fachile questa segnalazione di un corso di formazione organizzato dall'ASGI per conto della Provincia di Roma.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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Sono aperte fino al 25 novembre 2011 le iscrizioni a TATTIC,
un corso gratuito di formazione giuridico-relazionale sull'immigrazione;
diretto a operatori pubblici e privati che sono interessati/e a formarsi per lavorare meglio con i migranti ,
il corso è finanziato dal Fondo Europeo (FEI), gestito dalla Provincia di Roma,
le lezioni di diritto sono curate da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione),
mentre quelle relazionali dall'Associazione Le Barbe della Gioconda.
  • il corso si terrà in 4 differenti sedi: Roma, Pomezia, Tivoli e Civitavecchia: ogni corsista può scegliere la sede in cui iscriversi, ma è importante considerare che la sede di Roma Testaccio è molto più richiesta e non è certo che si possa far partecipare tutti.
  • Ogni classe sarà composta da 15 corsisti.
  • ci saranno 12 incontri di 5 ore, una mattina a settimana a partire da dicembre 2011.
Di seguito l'estratto del bando pubblicato dalla Provincia di Roma e il link per iscriversi.


http://www.provincia.roma.it/attiedocumenti/avvisi/avviso-la-selezione-di-60-partecipanti-alle-attività-formative-previste-dal-pr

Avviso per la selezione di 60 partecipanti alle attività formative previste dal progetto TATTIC
Avviso per la selezione di 60 partecipanti alle attività formative previste dal progetto TATTIC (Territori di Accoglienza, Tutela dei diritti e Integrazione dei Cittadini dei paesi terzi) - finanziato nell'ambito del Fondo Europeo per l'integrazione di cittadini dei Paesi Terzi (FEI) rivolto ad operatori CPI e della rete dei servizi pubblici per l'impiego; dipendenti, collaboratori e volontari dell'associazionismo e del Terzo Settore.

16 novembre 2011

ancora sul dpr 179/2011

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/somm-dpr-179-2011.html troverete un sommario del DPR 179/2011 (Regolamento relativo all'accordo di integrazione), contenente anche alcune note critiche.

Per una valutazione del testo mi limito a riportare qui sotto quanto avevo scritto in merito allo schema di regolamento approntato un anno fa. Le considerazioni restano attuali, data la scarsa entita' delle differenze tra quel testo e quello definitivamente adottato.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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Date: Mon, 25 Oct 2010 10:33:43 +0200
To: Recipient List Suppressed:;
From: Sergio Briguglio <sergio.briguglio@enea.it>
Subject: accordo di integrazione: una virgola e sedici punti
Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/somm-accordo-integrazione.html troverete un sommario delle principali disposizioni contenute nello schema di regolamento relativo all'accordo di integrazione.

Il riferimento e' al testo comunicato dalla Presidenza del Consiglio ai Ministri competenti, alla Conferenza delle Regioni e delle Province auronome e alla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/schema-reg-acc-integraz.pdf), in parte diverso da quello a suo tempo pubblicato da diversi siti web. In particolare, e' prevista l'assegnazione di un bonus iniziale di 16 punti ed e' scomparsa la previsione di una possibile influenza dell'inadempimento parziale da parte dello straniero sulle decisioni dell'amministrazione in materia di concessione della cittadinanza.

Vi propongo qui due osservazioni - la prima seria, la seconda meno - sui contenuti dello schema di regolamento.


1) E' previsto che la risoluzione dell'accordo per inadempimento determini la revoca o il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero, salvo che lo straniero appartenga ad una delle categorie per le quali vige un divieto di espulsione.

Questa disposizione non sembra sufficientemente rispettosa del dettato della legge. L'articolo 4-bis D. Lgs. 286/1998 impone infatti che non si proceda ad allontanamento dello straniero, non solo nei casi in cui valga un esplicito divieto di espulsione, ma in tutti i casi relativi a "straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea, [od a] straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" - in tutti i casi, cioe', in cui la posizione dello straniero e' regolata dalla legge in modo conforme a specifiche direttive europee.

Non mi e' dato di comprendere i motivi di uno scostamento cosi' marcato della disposizione regolamentare da quella di rango superiore.


2) Lo schema di regolamento chiarisce che i 16 punti di bonus iniziale corrispondono, coerentemente con quanto riportato nell'Allegato B allo stesso schema, al raggiungimento del livello A1 di conoscenza della lingua italiana (10 punti) e ad una conoscenza sufficiente della cultura civica e della vita civile in Italia (6 punti). Se al momento della verifica dell'accordo si rileva come lo straniero non abbia raggiunto il livello A1 di conoscenza della lingua italiana e/o un livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, i punti corrispondenti vengono decurtati. Primo dubbio: dato che accumulazione e perdita di punti hanno effetto solo a partire dal momento in cui la verifica viene effettuata (due anni dopo la sottoscrizione dell'accordo), quale importanza puo' avere il fatto che lo Stato scommetta sul fatto che lo straniero riuscira' comunque a raggiungere quei livelli minimi di conoscenza? Puo' forse lo straniero utilizzare la dotazione iniziale di punti, in attesa che la verifica abbia luogo, per conquistare piu' facilmente l'elegante tostapane di Carrefour?

Lo schema continua disponendo che, qualora invece in sede di verifica siano accertati livelli di conoscenza superiori ai minimi corrispondenti al bonus iniziale, "si provvede al riconoscimento dei crediti, aggiuntivi rispetto a quelli attribuiti all'atto della sottoscrizione, nella misura corrispondente al livello di conoscenza effettivamente accertato". Ho riportato tra virgolette il frammento perche' la punteggiatura gioca qui, a fini ermeneutici, un ruolo fondamentale.

Se la parola aggiuntivi non fosse preceduta da una virgola, si potrebbe interpretare il testo nel senso che - poniamo - il conseguimento di un livello A2 nella conoscenza della lingua italiana comporti l'assegnazione allo straniero di ulteriori 10 punti (tale e' la differenza di punteggio prevista tra i due livelli nell'Allegato B). Se cosi' fosse, l'assegnazione del bonus iniziale risulterebbe totalmente priva di significato. Avrebbe infatti rilievo solo il punteggio calcolato a seguito della verifica, e nelle more di questa, a meno di improbabili convenzioni con la Carrefour, lo straniero potrebbe fare dei 16 punti di bonus un uso che il decoro mi vieta di esplicitare.

La virgola pero' c'e' e impone una diversa interpretazione: il conseguimento del livello A2 (resto all'esempio di prima) comporta l'assegnazione di 20 punti oltre ai 16 inizialmente concessi allo straniero. Se e' vero che questa e' l'unica interpretazione possibile della disposizione regolamentare, ne derivano due conseguenze. La prima - positiva, sotto il profilo della tecnica normativa - e' che l'assegnazione del bonus non resta priva di significato: basta infatti conseguire livelli di conoscenza superiori a quelli minimi per incamerare, nei fatti, per due volte il punteggio previsto per gli stessi minimi(*).

La seconda conseguenza - meno positiva sotto quello stesso profilo - e' che tutta la complessa definizione dei punteggi che spettano allo straniero che venga insignito alla medaglia d'oro al valor civile, si laurei alla Normale di Pisa o faccia venti ore settimanali di volontariato alle Misericordie ha rilievo solo quando lo stesso straniero sia uno sfaticato, un formidabile evasore fiscale, un delinquente di mezza tacca e/o un pessimo automobilista. Vediamo perche'.

Qualora lo straniero abbia figli in eta' da obbligo scolastico, l'inadempimento colpevole di tale obbligo comporta l'inadempimento dell'accordo, quale che sia il punteggio conseguito. Assumiamo allora che non vi siano figli, o che, essendovene, l'obbligo scolastico sia debitamente rispettato. Assumiamo anche, per il momento, che lo straniero sia sufficientemente coscienzioso da frequentare il corso di educazione civica organizzato dallo Sportello Unico e che non commetta reati ne' illeciti amministrativi o tributari. Sotto queste ipotesi, lo straniero non puo' conseguire  un punteggio negativo. Potrebbe conseguire un punteggio pari a zero, ma solo se fallisse nel raggiungere perfino il livello minimo di conoscenza della lingua italiana e quello minimo di conoscenza della cultura civica; gli bastera' pero', in casi del genere, scegliere il medico di base per ottenere 4 punti utili a scongiurare il rischio di inadempimento dell'accordo. E' evidente come anche in questa ipotesi la dettagliata corrispondenza tra azioni e punteggi di cui all'Allegato B perda gran parte della propria importanza (fatta eccezione, naturalmente, per quanto previsto per la citata scelta del medico).

Mi si potrebbe obiettare che un peso, invece, quella classificazione lo acquisti quando si tratti di decidere se l'accordo si estingua per adempimento (e vissero tutti felici e contenti) o se piuttosto se ne debba decretare l'inadempimento parziale (con incerti strascichi nei futuri rapporti tra straniero e Stato). Farei allora osservare che l'estinzione per adempimento richiede, si', che siano conseguiti almeno 30 punti, ma  anche che siano raggiunti il livello A2 di conoscenza dell'italiano e il livello sufficiente di conoscenza della cultura civica. Se tali livelli non vengono raggiunti, il punteggio conseguito per altri meriti non conta nulla. Se invece vengono raggiunti, il punteggio conseguito non puo' essere inferiore, per quanto detto sopra, a 36 punti(**), a prescindere, ancora una volta, da ulteriori meriti; l'indicazione del medico di base, poi, portera' certamente lo straniero ai 40 punti richiesti per ottenere le ambite facilitazioni per la partecipazione ad attivita' culturali quali la cerimonia dell'ampolla sul Po o i concerti di Apicella a Villa Certosa.

Diverso e' il caso, naturalmente, dello straniero che perda punti - mettiamo - marinando il corso di educazione civica e/o accumulando ammende di 200mila euro per evasione fiscale, condanne a quattro anni di reclusione per avere messo sotto un ciclista in una notte di pioggia o a tre mesi di arresto per qualche reato bagatellare. In tutti questi casi, l'ammissione dello straniero all'Accademia dei Lincei non sara', ai fini dell'adempimento dell'accordo, avara di benefiche conseguenze.

Cordiali saluti
sergio briguglio


(*) Il lettore che nutra dei dubbi sull'affermazione sopra riportata confronti le due seguenti situazioni:

a) straniero che consegua il livello A2 e il livello buono nella conoscenza della cultura civica, in assenza di bonus iniziale: gli spettano

        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       10 punti (livello A1) +
                6 punti (livello sufficiente) +
                10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 29 punti

b) stesso straniero, in presenza di bounus iniziale: gli spettano

        16 punti (bonus = livello A1 + livello sufficiente) +
        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       2x10 punti (livello A1) +
                2x6 punti (livello sufficiente) +
                  10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                  3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 45 punti

(**) Per il lettore laureato al Cepu: 16 punti di bonus + 20 punti aggiuntivi per il livello A2 = 36 punti.

14 novembre 2011

3 novembre 2011

conversione del permesso ai 18 anni: problemi interpretativi

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/circ-interno-10-10-2011.pdf troverete una lettera del Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell'interno al Comitato per i minori stranieri relativa all'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32 D. Lgs. 286/1998 in materia di conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore eta', recentemente modificate dalla L. 129/2011.

In un precedente messaggio, avevo scritto quanto riportato qui sotto:

"(...) sottolineo (sperando che gli uffici competenti del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro diramino le opportune istruzioni) come il comma 1-bis dell'art. 32, come modificato dalla L. 129/2011, recita, per la parte che qui interessa, come segue:

"1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 etc., etc."

E' evidente come l'adozione di un parere positivo da parte del Comitato per i minori stranieri sia condizione necessaria per il rilascio del permesso, non gia' per la presentazione dell'istanza. Ne deriva che, mentre e' legittimo richiedere, ai fini di tale presentazione, che l'interessato abbia presentato al Comitato per i minori stranieri richiesta di parere, non e' legittimo considerare irricevibile l'istanza di conversione sol perche' il parere medesimo non sia stato ancora adottato."

Che la preoccupazione non fosse infondata e' dimostrato ora dalla lettera del Ministero dell'interno. Vi si afferma, infatti, che

"Tenuto conto della formulazione della norma, il parere del Comitato dovrebbe essere esibito dall'interessato gia' dal momento del deposito dell'istanza di conversione del titolo di soggiorno; tale documento, infatti, dovrebbe essere precedentemente acquisito da parte del soggetto che ha in carico il minore."

Lascio a voi giudicare se sia corretta la mia interpretazione della disposizione o quella, parca di argomenti, del Dipartimento della Pubblica sicurezza. Faccio notare che le contrapposte interpretazioni sono funzionali a due diversi obiettivi:

a) per quanto riguarda la mia (e di tanti altri), l'obiettivo e' che il neo-maggiorenne mantenga, fino all'esito del procedimento, piena regolarita' del soggiorno e titolarita' dei diritti associati al possesso del permesso in scadenza. Perche' tutto questo sia garantito e' necessario che la domanda di rinnovo/conversione del permesso sia considerata ricevibile anche se il Comitato per i minori stranieri non ha ancora rilasciato, al momento della presentazione, il parere;

b) per quanto riguarda l'interpretazione del Dipartimento della Pubblica sicurezza, l'obiettivo sembra essere quello della riduzione dei tempi necessari per la definizione del procedimento. Lo si ricava dalla proposizione successiva della lettera:

"Tale procedimento garantirebbe il necessario scambio informativo tra il Comitato per i minori stranieri e i Soggetti coinvolti, consentendo, senza dubbio, la definizione delle pratiche di conversione dei titoli di soggiorno in tempi celeri."

Non dubito che i tempi risultino celeri agli occhi del questore che li computi dal momento in cui il Comitato per i minori stranieri e i Soggetti coinvolti hanno completato anche il lavoro che sarebbe spettato ai suoi sottoposti. Viene in mente, pero', il motto che ciascuno di noi rivolgerebbe alla memoria del nonno del proprio nonno se scoprisse un tesoro da quello sepolto in giardino: "Grazie arcavolo!"

Mi auguro che le istituzioni interessate adottino una prassi tale da proteggere il minore (anche quando diventi maggiorenne) dalle conseguenze di eventuali (comprensibili) ritardi delle amministrazioni e/o di omissioni del soggetto che lo ha in carico.

Cordiali saluti
sergio briguglio

12 ottobre 2011

circolare del mininterno sulla proroga dei permessi

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/circ-interno-8-10-2011-2.pdf troverete la circolare del Ministero dell'interno relativa alla proroga del regime di protezione temporanea per le persone sbarcate dal Nord Africa nei primi mesi dell'anno.

Si chiarisce che i titolari del permesso per motivi umanitari rilasciato in base al DPCM 5/4/2011 sono da considerare regolarmente presenti (il fatto che non si usi la parola soggiornanti mi inquieta un po') per altri sei mesi, senza che debbano provvedere alla richiesta di rinnovo del permesso.

La circolare prosegue dando indicazioni alle questure per l'accoglimento delle domande di rinnovo del permesso nel caso in cui alcuni degli stranieri interessati dovessero - pur non essendo tenuti a farlo - presentare richiesta in tal senso. In questi casi - si spiega - la questura provvedera' anche al rinnovo del titolo di viaggio, ove l'interessato risulti privo di documento di identita'.

La circolare va interpretata, verosimilmente, nel modo seguente: lo straniero che sia interessato a muoversi temporanemente verso altro paese dell'Area Schengen dovra' chiedere il rinnovo del permesso e, se necessario, del titolo di viaggio (la mancanza di un permesso e/o di un titolo di viaggio formalmente in corso di validita' legittimerebbe il diniego, da parte degli altri Stati Schengen, del diritto alla libera circolazione di breve durata). Lo straniero che sia interessato solo a restare in Italia puo' omettere di chiedere il rinnovo del permesso.

Cordiali saluti
sergio briguglio

10 ottobre 2011

proroga dei permessi umanitari

Cari amici,
alla pagina
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/dpcm-6-10-2011.html
troverete il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con
cui si dispone di prorogare di sei mesi la durata dei permessi per
motivi umanitari rilasciati, sulla base del DPCM 5/4/2011, alle
persone sbarcate dal Nord Africa nei primi mesi dell'anno.

Alla pagina
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/dpcm-6-10-2011-2.html,
invece, troverete il DPCM con cui si proroga lo stato di emergenza
relativo allo stesso fenomeno.

Cordiali saluti
sergio briguglio

7 ottobre 2011

quadro della normativa: versione aggiornata

Cari amici,
alla pagina
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/sinottico-normativa-28.html
del mio sito troverete la versione del quadro completo della
normativa in materia di cittadini stranieri, aggiornata a seguito
dell'entrata in vigore del D. Lgs. 150/2011 (Disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e
semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi
dell'articolo 54 della legge 18 Giugno 2009, n. 69).

Vi saro' grato se mi segnalerete eventuali errori od omissioni.

Cordiali saluti
sergio briguglio

4 ottobre 2011

conversione del permesso ai 18 anni

Cari amici,
mi segnalano, da Como, come risulti problematica l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32 D. Lgs. 286/1998, sulla conversione del permesso, per i minori non accompagnati, al compimento dei 18 anni.

Le difficolta' sarebbero relative  - se capisco bene - all'ottenimento del parere del Comitato per i minori stranieri, richiesto, ai fini della conversione del permesso, quando si tratti di minore non accompagnato per il quale siano stati disposti l'affidamento o la tutela.

In attesa di avere elementi piu' precisi, sottolineo (sperando che gli ufifci competenti del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro diramino le opportune istruzioni) come il comma 1-bis dell'art. 32, come modificato dalla L. 129/2011, recita, per la parte che qui interessa, come segue:

"1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 etc., etc."

E' evidente come l'adozione di un parere positivo da parte del Comitato per i minori stranieri sia condizione necessaria per il rilascio del permesso, non gia' per la presentazione dell'istanza. Ne deriva che, mentre e' legittimo richiedere, ai fini di tale presentazione, che l'interessato abbia presentato al Comitato per i minori stranieri richiesta di parere, non e' legittimo considerare irricevibile l'istanza di conversione sol perche' il parere medesimo non sia stato ancora adottato.

Codiali saluti
sergio briguglio

19 settembre 2011

quadro sinottico della normativa; tirocini formativi

Cari amici,

1) alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/settembre/sinottico-normativa-27.html troverete la versione del quadro della normativa in materia di cittadini stranieri e comunitari aggiornato alla data di entrata in vigore della L. 148/2011 (conversione in legge del decreto-legge 138/2011);

2) con riferimento al mio ultimo messaggio, sulla questione dei tirocini formativi, vi segnalo la circolare del Ministero del lavoro n. 24/2011 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/settembre/circ-lavoro-24-2011.pdf). Ringrazio Micaela Malena e Luca Massari, che me ne hanno dato notizia.

Nella circolare si afferma che sono esclusi dal campo di applicazione delle resrizioni appena introdotte con l'art. 11 del decreto-legge 138/2011, non solo i tirocini attivati a beneficio delle categorie svantaggiate esplicitamente menzionate in quell'articolo, ma anche

a) "i tirocini di cosiddetto reinserimento/inserimento al lavoro svolti principalmente a favore dei disoccupati"

b) "quelli promossi a favore degli immigrati, nell'ambito dei decreti-flussi, dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, nonche' quelli rivolti a ulteriori categorie di soggetti svantaggiati destinatari di specifiche iniziative di inserimento o reinserimento al lavoro promosse dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalle Regioni e dalle Province"

c) "i cosiddetti tirocini curriculari" (tirocini formativi e di orientamento inclusi nei piani di studio delle Universita' e degli istituti scolastici).

Alla pagina di Settembre 2011 del mio sito, troverete anche i vari provvedimenti citati nella stressa circolare.

Se questa interpretazione e' corretta, la portata dei problemi evidenziati nel mio messaggio e' di molto ridotta.

Cordiali saluti
sergio briguglio

9 settembre 2011

tirocini formativi

Cari amici,
il decreto-legge 138/2011 contiene, nella versione approvata dal Senato in sede di conversione in legge, due disposizioni che incidono in modo particolare sulla condizione giuridica degli stranieri.

La prima e' la disposizione che introduce un'imposta del 2% sulle rimesse effettuate dagli stranieri privi di codice fiscale o matricola INPS verso paesi non appartenenti all'Unione europea. Su questo punto ho gia' espresso il mio punto di vista nell'articolo pubblicato da http://www.lavoce.info, di cui vi ho dato notizia un paio di giorni fa. Nel testo su cui il Governo ha posto la fiducia risultano esonerati i trasferimenti effettuati da cittadini dell'Unione europea, a prescindere dal possesso di matricola INPS e dalla destinazione del trasferimento.

La seconda disposizione e' quella che introduce restrizioni alla possibilita' di attivare tirocini formativi. Tale disposizione e' contenuta nell'articolo 11, che riporto qui sotto (evidenzio in grassetto il punto rilevante):

Art. 11.
(Livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini)
        1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all'espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio.
        2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e il relativo regolamento di attuazione.

Con il fine (apprezzabile) di rendere piu' arduo l'abuso di questo istituto, l'istituto stesso viene - per quanto riguarda gli stranieri - massacrato.

Salvo che per le categorie svantaggiate esplicitamente esonerate, infatti, viene vietato l'accesso al tirocinio a quanti non abbiano conseguito un diploma o a quanti si siano diplomati (o laureati) da oltre un anno.

In questo modo viene resa sostanzialmente inutile la previsione di ingresso per tirocinio formativo (disciplinata da art. 39-bis D. Lgs. 286/1998 e art. 40 DPR 394/1999) nell'ambito di quote determinate annualmente dal Ministro del lavoro. Sara' infatti estremamente difficile completare tutti gli adempimenti burocratici necessari per l'ingresso nel breve termine di dodici mesi dal conseguimento in patria del diploma o della laurea.

Vengono anche escluse, in massima parte, categorie quali i titolari di protezione internazionale, per le quali il tirocinio formativo poteva costituire un buon canale di accesso al mercato del lavoro: la scelta di fuggire dal proprio paese difficilmente viene fatta prima o immediatamente dopo il conseguimento del titolo di studi.

Osservo, riguardo al problema posto rispetto all'ingresso per tirocinio, come l'art. 39-bis D. Lgs. 286/1998 sia stato introdotto dal D. Lgs. 154/2007, in recepimento della Direttiva 2004/114/CE. All'atto del recepimento, l'Italia ha optato per l'applicazione della Direttiva, oltre che all'ingresso degli studenti, all'ingresso di tirocinanti. Tale Direttiva, all'art. 10, fissa i requisiti che possono essere imposti al tirocinante che chieda di fare ingresso in uno Stato membro. Riguardo alla formazione pregressa, la lettera c di questo articolo include tra i requisiti solo il seguente:

c) se richiesto dallo Stato membro, beneficiare di una formazione linguistica di base, così da possedere le nozioni necessarie per lo svolgimento del tirocinio

Non si fa menzione del possesso di un diploma o di una laurea. Mi sembra - ma posso sbagliare - che la disposizione contenuta nel decreto possa configurare una violazione del dettato della Direttiva.

Immagino che, nell'ambito del Consiglio dei ministri, questa materia sia di competenza esclusiva del Ministro del lavoro. Mi chiedo allora a cosa pensasse il ministro medesimo quando ha adottato il decreto 11/7/2011 per autorizzare l'ingresso di 5.000 stranieri per lo svolgimento di tirocini formativi finalizzati - badate - al completamento di un percorso di formazione professionale (presumibilmente avviato, quindi, dopo il conseguimento del titolo di studio). Forse, in sede di adozione del decreto ministeriale, o in quella di definizione del decreto-legge, non se l'e' sentita di dire di no. A differenza della suora.

Cordiali saluti
sergio briguglio




7 settembre 2011

articolo sulla tassazione delle rimesse

Cari amici,
alla pagina http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002539.html del sito www.lavoce.info troverete un mio articolo sull'emendamento che introduce un'imposta di bollo del 2% sulle rimesse effettuate, verso paesi non appartenenti all'Unione europea, da parte di persone prive di matricola INPS o codice fiscale.

Cordiali saluti
sergio briguglio

1 settembre 2011

osservazioni sulle proposte del sen. livi bacci

Cari amici,
vi mando, per conoscenza, un messaggio che ho inviato al Sen. Massimo Livi Bacci.

Contiene alcune osservazioni sulle proposte avanzate dal Sen. Livi Bacci "Per una nuova regolazione dell'ingresso degli immigrati" (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/livi-bacci-flussi.html).

Vi saro' grato se mi farete avere le vostre.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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Caro Massimo,
ho letto con interesse le tue proposte "Per una nuova regolazione dell'ingresso degli immigrati".

(...)

Il tuo documento ha certamente il pregio della chiarezza. Questo rende facile, a chi legge, individuare i punti di dissenso (spesso, solo parziale). Provo cosi' a proporti alcune osservazioni critiche, sorvolando sulle molte cose che invece mi trovano d'accordo.

Faccio riferimento ad alcuni dei punti riportati nei paragrafi 6 e 7 della tua nota. Per comodita' di chi legge, li riscrivo in corsivo.

Livi Bacci, Paragrafo 6:

2) Restituire spazio alla programmazione dei flussi, con una seria analisi tecnica della potenziale domanda del mercato del lavoro, della sua possibile articolazione, delle capacità di accoglienza, delle risorse disponibili per le politiche di formazione e integrazione. Tale programmazione dovrebbe essere affidata ad un'agenzia indipendente (Agenzia di Programmazione dell'Immigrazione,) le cui proposte sono presentate al Parlamento e sottoposte al Governo per l'adozione (cfr. & 10)Š Tale Agenzia deve assumere il massimo possibile di autorevolezza: basti pensare che è dai nuovi immigrati che proviene una parte considerevole dei nuovi cittadini del paese. E' giusto perciò che l'origine prima di questo processo di rinnovo - l'immigrazione legale - sia posta nelle mani di un organo alto ed autorevole e non lasciata totalmente alle deliberazioni (inevitabilmente guidate dalle contingenze) dell'esecutivo e dell'amministrazione.

Mie osservazioni: Non sono affatto convinto che ci sia bisogno di una Agenzia che si interponga tra datori di lavoro e lavoratori per decidere su basi forzatamente astratte quale natura e quali dimensioni abbia il fabbisogno del mercato del lavoro. A quale informazione l'Agenzia potrebbe attingere, infatti, che non sia gia' nel patrimonio di informazioni di cui dispongono i datori di lavoro?

Se pensiamo a settori a bassa qualificazione (es.: gli importantissimi servizi di cura), per conoscere con approssimazione molto migliore il fabbisogno di manodopera basterebbe sostituire il famigerato click-day con un censimento costante delle domande presentate da datori di lavoro e/o delle comunicazioni di assunzione e di cessazione del rapporto inviate all'INPS.

Su questo punto osservo come, anche a normativa sull'immigrazione invariata (con tutte le ipocrisie in essa contenute; prima fra tutte quella della regolarizzazione mascherata da ingresso nell'ambito della quota fissata col decreto-flussi), si avrebbe una formidabile razionalizzazione della materia permettendo di presentare le domande di assunzione in qualunque momento dell'anno: il Governo, al momento di adottare il decreto-flussi, piuttosto che passare attraverso comiche consultazioni di Regioni, sindacati, imprenditori e commissioni parlamentari, potrebbe limitarsi a leggere il numero di domande giacenti, decidendo di dare risposta positiva a tutte o a una frazione di esse. Nulla impedirebbe poi, sempre a normativa invariata, l'adozione di un decreto-flussi al mese.

Se pensiamo invece a settori ad alta qualificazione, dovrebbe essere un'Agenzia di dubbia competenza a spiegare alla Micron, oggi, di che tipo di fisico dello stato solido ha bisogno e al Santa Lucia, domani, di che tipo di fisioterapista della riabilitazione?

Un organismo indipendente (ma molto snello; un po' come e' oggi, in altro campo, l'UNAR) potrebbe invece essere utile se avesse il comnpito di suggerire all'amministrazione e al legislatore le semplificazioni necessarie a rendere piu' agevole l'ingresso degli immigrati di fatto richiesti, in liberta', dal mercato italiano.

Naturalmente, se anche si arrivasse alla semplificazione massima, nessuno garantirebbe alle nostre imprese un flusso di lavoratori ad alta qualificazione. Per conquistarli, le imprese dovrebbero offrire salari competitivi. Fino ad oggi non sembra che si siano mosse con troppo vigore in questa direzione: il rapporto della Fondazione Moressa (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/fond-moressa-salari.pdf) riporta, per il quarto trimestre del 2010, i seguenti valori delle retribuzioni mensili medie (in euro) degli stranieri in funzione del titolo di studio (in parentesi, la differenza, in percentuale, rispetto ai lavoratori italiani):
- nessun titolo, 934 (+2,5%);
- licenza elementare, 963 (-5,7%);
- licenza media, 949 (-15,2%);
- diploma superiore, 980 (-23,1%);
- laurea, 1.123 (-29,6%)

Si vede come il gap retributivo tra lavoratori italiani e stranieri sia tanto piu' profondo (a vantaggio dei primi) quanto piu' alto e' il livello del titolo di studio del lavoratore. Chiedo (retoricamente): ci aspettiamo che gli ingegneri informatici indiani o cinesi facciano a botte per venire in Italia e conquistare l'onore di una retribuzione inferiore del trenta per cento a quella dei pari-titolo italiani?


Livi Bacci, Paragrafo 6:

4) Sostituire al criterio - oggi prevalente - della "casualità" ("click day") della scelta, quello della scelta "ragionata", basata sulla valutazione dei "profili" individuali ritenuti più adatti a sostenere lo sviluppo ed a preservare la coesione sociale della collettività. La determinazione dei profili, specie per alcune fasce di immigrati, deve tener conto anche di "qualità" personali non necessariamente legate alla immediata capacità di lavoro: l'immigrato è - anzitutto - una persona. Tali profili sono determinati dall'Agenzia, che propone i criteri di valutazione e sintesi. La previsione di una qualificazione più  specifica per queste fasce di immigrati potrà  affiancarsi, anche in via sperimentale,  agli ingressi ordinari per chiamata nominativa da parte del datore: ad esempio, negli ingressi per ricerca di lavoro, un'alta qualificazione può costituire un'indiretta garanzia del risultato dell'incontro tra domanda e offerta.

Mie osservazioni: Se si accetta l'idea (per me e' il punto piu' importante di una riforma; ma mi sembra che lo sia anche dal tuo punto di vista) che la chiamata "dall'estero" deve essere quanto meno affiancata da possibilita' ampie (non meramente residuali, cioe') di ingresso per ricerca di lavoro, l'individuazione dei profili utili all'economia italiana (e la dimostrazione, da parte dell'aspirante immigrato, di possedere le caratteristiche corrispondenti) e' cosa utile se offre una scorciatoia per la conquista di un visto di ingresso per ricerca di lavoro.

Cosi', in un quadro (da costruire) in cui l'ingresso per ricerca di lavoro di un lavoratore privo di qualifiche o di caratteristiche particolarmente appetibili per l'economia italiana sia condizionato alla dimostrazione di una adeguata capacita' di mantenimento (sia nella forma della sponsorizzazione da parte di terzi, sia in quella, assai piu' realistica, della autosufficienza), il vincolo potra' essere allentato, per un lavoratore in possesso del profilo utile, stante la prevedibile facilita' di inserimento nel tessuto economico italiano.

Troverei invece riduttivo limitare ai soli profili utili la possibilita' di ingresso per ricerca di lavoro.


Livi Bacci, Paragrafo 6:

5) La politica degli ingressi deve basarsi sul principio della "utilità" della migrazione per lo sviluppo economico, sociale e culturale del paese e per la sua buona coesione. Per questa ragione i criteri di ammissione debbono essere "ragionati" e "selettivi" e non casuali. Il Paese deve, nel contempo, rafforzare la sua capacità di accoglienza per persone richiedenti asilo e protezione, in linea con i principi della Costituzione. La finalità e l'azione umanitaria non sono il territorio della politica migratoria, ma bensì delle politiche dell'asilo, oggi in discussione in Italia ed in Europa. La politica migratoria "deve" essere ragionata e selettiva; la politica dell'asilo è, invece, per sua natura, non selettiva.

Mie osservazioni: Il principio dell'utilita' ha un suo valore. Non andrebbe dimenticato, pero', il criterio dell'utilita' degli altri. Non so se si tratti di ecumenismo cattolico (se lo fosse - detto tra noi - non me ne vergognerei particolarmente) o di pragmatismo, ma chiedo se non sia il caso - per esempio - che la decrepita Unione Europea "adotti" i paesi del Nord Africa, aprendo in modo significativo i canali di immigrazione, in modo da garantire un flusso di rimesse verso quei paesi, allentarne le tensioni sociali, porre fine alla tragedia delle morti in mare e dare il segno di una alleanza vera (non in stile NATO). Naturalmente, si tratterebbe di non pretendere troppo in termini di utilita' diretta di ciascun ingresso, se non in chiave di riequilibrio demografico. Molta dell'utilita' verrebbe incamerata dai paesi di emigrazione. Ma ridonderebbe in utilita' dell'intero sistema (si veda in proposito l'esperienza della riunificazione delle due Germanie).

Un'altra piccola osservazione (un po' fuori tema): non e' vero che la politica dell'asilo non sia selettiva. Oggi, la politica dell'asilo della UE (cui la nostra si adegua) e' molto generosa nei confronti di chi mette piede sul suolo di uno Stato membro dell'Unione: la protezione internazionale e' accordata, infatti, non solo a chi sia perseguitato personalmente (il rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra), ma anche al civile che corra rischi per la propria vita a causa di situazioni di guerra o guerra civile. Il bacino dei potenziali destinatari di tale protezione e' sterminato, dato il numero di conflitti permanentemente in corso. Il sistema di protezione si regge, a dispetto di questa generosita', solo perche' l'accesso alla procedura di richiesta di protezione e' estremamente arduo: la richiesta puo' essere presentata solo sul posto, chi fugge e' tipicamente privo, per ovvi motivi, di passaporto con visto, e nessun vettore di linea lo prendera' mai a bordo, date le sanzioni che colpiscono le compagnie aeree o navali che trasportano soggetti in queste condizioni (a rischio di respingimento). Cosi', per chiedere asilo, bisogna prima attraversare un deserto o un mare, avvalendosi dei servizi dei trafficanti. E' una politica di asilo che seleziona i suoi beneficiari sulla base della resistenza fisica e della fortuna.


Livi Bacci, Paragrafo 7

3) Ingresso con permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, subordinato alla prestazione di adeguata garanzia individuale. Le domande d'ingresso dovrebbero essere sottoposte a valutazione comparativa secondo i criteri prioritari stabiliti dall'Agenzia;

Mie osservazioni: E' utile sottolineare un punto, in proposito. Da quando esiste una legge sull'immigrazione in Italia (1986) - da quando, cioe', il legislatore ha pensato, con scarso realismo, che l'ingresso di un lavoratore dovesse essere subordinato a una chiamata da parte di un datore di lavoro, il flusso di immigrazione per lavoro ha avuto di fatto la natura di un flusso per ricerca di lavoro coperta dalla capacita' di autosostentamento dei lavoratori in condizioni di overstaying. Questi non hanno dovuto prestare alcuna garanzia, per il semplice fatto che lo Stato ha fatto finta di non accorgersi della loro permanenza irregolare.

A me sembra che al nostro paese sia andata molto bene:

a) si e' costruita una rete di servizi di cura a costi moderati, capace di supplire alle carenze del sistema sanitario e assistenziale pubblico;

b) abbiamo una popolazione non italiana proveniente per il 62% da paesi ad alto indice di sviluppo umano, per il 36% da paesi a medio indice di sviluppo umano, e solo per il 2% da paesi a basso indice di sviluppo umano; con eta' mediana di 32.5 anni, contro un'eta' mediana degli autoctoni pari a 44.3 anni (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/eurostat-popolazione.pdf);

c) a fronte di un tasso di lavoratori italiani "sovraistruiti" rispetto alla mansione in cui sono occupati del 19%, il tasso di sovraistruiti tra i lavoratori non italiani e' del 42.3% (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/maggio/rapporto-istat-2011.pdf).

Una riforma dovrebbe semplicemente assecondare un meccanismo dimostratosi assai generoso nei confronti di un paese - il nostro - che si e' ostinato a considerare illegale cio' che era fisiologico (e che in molte migliaia di casi l'ha sanzionato con detenzione ed espulsioni). Dovrebbe, cioe', consentire l'ingresso legale di lavoratori sponsorizzati (o "autosponsorizzati") in cerca di lavoro. Cosa potrebbe dire di utile un'Agenzia in proposito? Dal momento che chi sta rischiando e' il lavoratore straniero (che dimostra preventivamente di non essere destinato a trasformarsi in un onere per il welfare), l'Agenzia - secondo me - non dovrebbe essere legittimata a contrapporre veti alle richieste di ingresso; dovrebbe al piu' fornire un orientamento agli aspiranti immigrati perche' non scommettano su un'avventura con scarse chances di successo. Nota pero' che un compito di orientamento simile dovrebbero gia' averlo, oggi, i Centri per l'impiego: sanno assolverlo? Se si', bene: usiamoli anche per orientare gli aspiranti immigrati. Se no, facciamo in modo che imparino a fare il loro dovere.

Fino ad oggi, i Centri per l'impiego non hanno dato grandi segni di vita, se e' vero quanto riportato dal Rapporto Censis su immigrazione e lavoro dell'anno scorso (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/agosto/rapp-censis-lav-imm.pdf) in relazione ai canali di reperimento di un posto di lavoro per i lavoratori stranieri:
- familiari, amici, conoscenti: 73.3%
- associazioni, Chiese/centri di culto: 6.1%
- sindacati, patronato: 2.9%
- agenzie/intermediari privati: 9.0%
- inserzioni sul giornale/internet: 3.5%
-  Centri per l'impiego: 1.9%
- altro: 1.7%
- senza intermediari: 1.6%

E' vero pero' che una parte rilevante dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro ha avuto luogo mentre il lavoratore straniero era in condizioni di soggiorno irregolare e, quindi, fuori dal campo di azione delle istituzioni pubbliche. Le cose potrebbero migliorare in caso di lavoratori in cerca di lavoro legalmente soggiornanti fin dall'inizio.


Livi Bacci, Paragrafo 7:

Tutte le modalità d'ingresso hanno specifici tetti numerici indicati nei decreti flussi annuali.  Per tutte le modalità d'ingresso di cui ai punti 1, 2, 3 e 4) è previsto un contributo da parte del datore di lavoro ad un Fondo  nazionale per l'inserimento e l'integrazione dei migranti (FoNIM).

Mie osservazioni: Il primo anno in cui e' stato imposto un tetto agli ingressi per lavoro non stagionale e' stato il 1997. Da allora, il tetto complessivo (sull'intero periodo) e' stato approssimativamente di 650.000 ingressi. A questo tetto vanno sommati 500.000 ingressi autorizzati ex post (una volta rilevato l'eccesso delle domande presentate dai datori di lavoro rispetto alle quote autorizzate) e oltre un milione di lavoratori regolarizzati in una delle tre sanatorie che si sono avute da allora (1999, 2002, 2009).

In altri termini: dopo aver a lungo riflettuto, il governo stabilisce che il numero massimo di lavoratori ammissibili e' pari a 650 mila; poi, travolto dalla realta', riconosce che il numero piu' appropriato era di circa due milioni e 150 mila unita'. Quale utilita' ha avuto l'imposizione di un tetto destinato ad essere spazzato via dalla realta'?

Credo che, invece di porre tetti numerici fondati su stime (clamorosamente errate) del fabbisogno di manodopera straniera, lo Stato dovrebbe limitarsi a vietare gli ingressi quando ci siano ragioni serie per farlo (eventualmente messe in evidenza dalle Regioni). Nota pero' che un divieto poi negato da una sanatoria dimostra semplicemente la propria natura di divieto stupido.

Quanto all'imposizione di un contributo speciale a carico del datore di lavoro che voglia assumere uno straniero, mi sembra che possa essere una buona misura solo in caso di chiamata di un lavoratore dall'estero. Non c'e' alcuna ragione invece di introdurre un cuneo che renda piu' ardua la stipulazione di un rapporto di lavoro per lavoratori stranieri che siano stati gia' ammessi sul territorio nazionale per cercare lavoro. In questi casi, infatti, lo Stato ha tutto l'interesse che la ricerca di lavoro vada a buon fine, e nessun interesse a mettere il bastone tra le ruote del potenziale datore di lavoro.

Inoltre, il contributo speciale dovrebbe essere finalizzato a rendere piu' stabili i rapporti di lavoro, non piu' costosi. In altri termini, dovrebbe essere nella forma di tassa sul licenziamento, che gravi solo sul datore che assuma un lavoratore (residente all'estero) con contratto a termine di durata inferiore a un certo limite (salvo rinnovo del contratto alla scadenza) o che receda (salvo il caso di giusta causa) da un rapporto a tempo indeterminato prima che sia trascorso quel limite: una sorta di Tobin tax sui rapporti di lavoro.


Un'ultima considerazione (mia): E' possibile ottenere risultati simili a quelli ottenibili con una selezione ex ante del flusso migratorio favorendo l'inserimento degli stranieri in posizioni lavorative corrispondenti al capitale umano da essi accumulato, stimolando la loro integrazione e premiandola.

Che il Mercato non faccia molto in favore di un tale inserimento e' dimostrato dai dati gia' riportati sulla sovraistruzione dei lavoratori stranieri in Italia e sui (corrispondenti) gap retributivi tra loro e gli italiani. Lo Stato ci mette il carico da undici con il caos che domina la disciplina del riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali. Chi voglia averne un'idea legga la Circolare MIUR 20/4/2011 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/maggio/circ-miur-20-4-2011.pdf), ed apprezzi il disordine mentale che la ispira.

Se si vuole incidere in modo significativo su questa situazione, occorre, da parte dello Stato,

a) rendere piu' spedita la procedura del riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali;

b) consentire l'accesso al lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. La legge conserva qualche ambiguita' sul punto, cui le amministrazioni si aggrappano per continuare a impedire la partecipazione degli stranieri ai concorsi pubblici. La giurisprudenza e' ormai orientata nel considerare illegittima questa preclusione, e la Corte Costituzionale sembra a un passo dal censurarla definitivamente (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/aprile/ord-corte-cost-139-2011.html);

c) capovolgere la filosofia alla base dell'Accordo di integrazione e del test di italiano per il rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo: piuttosto che penalizzare la badante che, oltre a fare il lavoro duro per cui e' pagata, non abbia provveduto a maturare una conoscenza della lingua italiana superiore a quella del proprio datore di lavoro, premiare chi dimostri di avere competenze linguistiche superiori a una certa soglia con il rilascio di un permesso a tempo indeterminato o, addirittura, con la concessione facilitata della cittadinanza;

d) stabilizzare la condizione di soggiorno, quanto meno col rilascio di un permesso a tempo indeterminato, dei ragazzi della seconda generazione che frequentino con profitto cicli scolastici e dei loro familiari.


Spero che queste mie osservazioni possano risultare utili per calibrare con cura ancora maggiore le tue proposte.

Cordiali saluti
sergio

31 agosto 2011

versione aggiornata del manuale; alcune considerazioni sulla L. 129/2011

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/agosto/manuale-normativa-18.html troverete la versione del manuale sulla normativa aggiornata al 6/8/2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione, L. 129/2011, del decreto-legge su libera circolazione e rimpatri).

(Alla pagina di agosto 2011 del mio sito e' presente, per completezza, anche un aggiornamento immediatamente precedente tale entrata in vigore: manuale-normativa-17.html).

Data la portata della riforma appena varata, suppongo di aver commesso molti errori e omissioni nell'ultimo aggiornamento. Vi saro' quindi grato se vorrete segnalarmene.


Propongo poi, qui sotto, alcune considerazioni sulla riforma.

1) In sede di conversione in legge il decreto-legge ha perso una norma di rilievo, anche a causa di un goffo intervento di alcuni deputati di opposizione.

La norma in questione era relativa all'inclusione della categoria dei partner con unione stabile nel novero dei familiari in senso lato del cittadino comunitario, che, benche' privi di un vero e proprio diritto di soggiorno, vengono facilitati dallo Stato italiano riguardo alla possibilita' di seguire o raggiungere in Italia il cittadino comunitario stesso.

Piu' precisamente, la disposizione del decreto-legge modificava quella vigente, stabilendo che rientra in tale categoria il partner con relazione stabile ufficialmente attestata.

La modifica era di peso notevole, dal momento che veniva a cadere il riferimento originariamente contenuto nel D. Lgs. 30/2007 ad un'unione attestata dallo Stato membro di appartenenza del cittadino comunitario. Si apriva cosi', stante l'applicabilita' delle disposizioni del D. Lgs. 30/2007 anche ai familiari di cittadino italiano, la possibilita' di ingresso e soggiorno al partner stabile di tale cittadino; il partner in questione, in presenza del riferimento originario allo Stato di appartenenza del cittadino comunitario (l'Italia, nel caso considerato), non avrebbe potuto ottenere alcuna facilitazione ai fini di ingresso e soggiorno, dal momento che lo Stato italiano non e' disposto, attualmente, a rilasciare alcuna attestazione riguardo all'unione stabile di carattere non matrimoniale.

L'improvvida convergenza tra un emendamento dell'Opposizione (che contestava l'uso, nella nuova formulazione, della locuzione relazione ufficialmente attestata al posto di quella pre-esistente e piu' corretta di relazione debitamente attestata) e della miopia della Maggioranza ha fatto si' che la modifica venisse cancellata in sede di conversione del decreto-legge (con 530 voti favorevoli contro uno contrario!). Risultato: al partner di cittadino italiano basterebbe esibire una debita attestazione dell'unione stabile, piuttosto che una attestazione ufficiale; peccato che lo Stato italiano gli neghi l'una e l'altra...

Il meglio, talvolta, e' nemico del bene. E l'unanimita' si ottiene solo su opzioni veramente stupide...


2) La modifica apportata alle disposizioni sulla conversione del permesso, per i minori non accompagnati, al compimento dei diciotto anni prevede - come detto in altri messaggi - che i minori che, dopo il loro arrivo in Italia, siano stati affidati o sottoposti a tutela possono ottenere un permesso per lavoro, studio, etc., a condizione che il Comitato per i minori stranieri abbia espresso parere positivo in merito.

E' importante che nell'applicazione di questa disposizione

a) si attribuisca correttamente al questore l'onere di acquisire il parere al Comitato (e' il rilascio del permesso ad essere condizionato all'acquisizione del parere positivo, non la sua richiesta, la cui ricevibilita' non deve quindi dipendere dal fatto che il Comitato si sia gia' pronunciato)

e che,

b) nelle more della decisione sull'istanza del neo-maggiorenne, questi goda provvisoriamente di tutti i diritti connessi con il possesso del permesso in scadenza, nello spirito della Direttiva del Mininstro dell'interno 5/8/2006 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2006/agosto/direttiva-interno-5-8-2006.html). Non vi e' infatti differenza, sotto il profilo giuridico, tra l'istituto del rinnovo del permesso e quello del rilascio del permesso al 18-enne, di cui all'art. 32 D. Lgs. 286/1998. In proposito, segnalo la recente sentenza del TAR Puglia (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/maggio/tar-puglia-licenza-amb.pdf), secondo la quale, ancora piu' drasticamente, il giovane straniero dovrebbe godere dei diritti connessi con la titolarita' del permesso richiesto (salva la possibilita' di revoca dei provvedimenti conseguenti, in caso di esito negativo della richiesta).

Queste due condizioni sono - mi sembra - necessarie perche' l'eventuale ingolfamento dell'amministrazione non venga pagato dagli incolpevoli diciottenni.


3) Come e' noto, e' stato mantenuto nell'ordinamento il reato di ingresso e/o soggiorno illegale (sia pure con l'esclusione della perseguibilita' dello straniero la cui condizione di soggiorno illegale venga rilevata quando lo straniero si presenti, in uscita dal territorio dello Stato, ai controlli di frontiera).

Benche' sia stabilito (art. 13, co. 4 T.U.) che l'espulsione debba essere eseguita con accompagnamento coattivo alla frontiera nei casi previsti dall'art. 16 T.U., e l'espulsione con cui il giudice di pace puo' sostituire la sanzione dell'ammenda sia prevista proprio dall'art. 16, tenderei ad escludere che il Legislatore abbia voluto deliberatamente aggirare le disposizioni della Direttiva 2008/115/CE, svuotando di fatto tutta la costruzione relativa alla concessione del termine per il rimpatrio volontario. Se cosi' fosse, infatti, non avrebbe senso disporre che la questura, acquisita la prova dell'avvenuto rimpatrio volontario dello straniero, avvisi il giudice di pace competente per l'accertamento del reato di soggiorno illegale, perche' questi possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere (art. 13, co. 5).

Al di la' delle intenzioni del Legislatore, pero', mi sembra che sia stato combinato un pasticcio. Mi spiego.

Prima della riforma, la possibilita' che il giudice di pace sostituisse la pena dell'ammenda con quella dell'espulsione era puramente teorica. Per procedere alla sostituzione, infatti, il giudice avrebbe dovuto accertarsi della immediata eseguibilita' dell'accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera. In pratica, pero', il fatto stesso che il giudice fosse arrivato a pronunciare la sentenza di condanna era indice dell'esistenza di fattori atti a impedire l'accompagnamento. In mancanza di tali fattori, infatti, il questore avrebbe avuto modo di disporre l'accompagnamento, dandone notizia al giudice, con conseguente sentenza di non luogo a procedere.

Con la L. 129/2011 le cose sono cambiate. Consideriamo il caso dello straniero illegalmente soggiornante che ottenga dal prefetto la concessione di un termine di trenta giorni per lasciare l'Italia volontariamente. Supponiamo che il giudice di pace  arrivi a condannare lo stesso straniero per soggiorno illegale, e che chieda al questore se esistono impedimenti all'accompagnamento immediato alla frontiera. Cosa mai potra' fare il povero questore se non rispondere negativamente? Lo straniero, infatti, avendo superato il test previsto dall'art. 13 co. 4-bis in relazione al rischio di fuga, e' certamente rintracciabile e in possesso di documento di viaggio in corso di validita'. Acquisita la risposta negativa del questore, il giudice di pace potra' sostituire la pena dell'ammenda con quella dell'espulsione coattiva (art. 16 co. 1), appesantita, per di piu', da un divieto di reingresso non inferiore a cinque anni (art. 16 co. 2).

C'e' il rischio di una doppia violazione, in senso restrittivo, della Direttiva: l'annullamento del vantaggio della concessione del termine e l'imposizione di un divieto di reingresso non inferiore al massimo consentito in assenza di pericolosita' (cinque anni, appunto), senza che sia stata tenuta in alcuna considerazione la situazione specifica dello straniero.

E' vero che la sostituzione dell'ammenda con l'espulsione non e' obbligatoria, ma se anche il giudice dovesse decidere, per evitare una severita' incompatibile con la Direttiva, di irrogare la pena dell'ammenda il pasticco non sarebbe risolto. Supponiamo anche che il giudice opti per il minimo della sanzione: ammenda di 5.000 euro. Escluso che lo straniero sia in grado di pagarla, il giudice, in base ad art. 55 D. Lgs. 274/2000, potra' sostituirla con sei mesi di lavoro sostitutivo o quarantacinque giorni di permanenza domiciliare. Entrambe le soluzioni, traducendosi in un rallentamento della procedura di rimpatrio dello straniero, sono in contrasto, per eccessivo lassismo, con la Direttiva, stando almeno a quanto ha affermato la Corte di Giustizia dell'Unione europea nella famosa sentenza C-61/11 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2006/agosto/sent-corte-giust-c-61-11.html). Notate come queste osservazioni non siano mie, ma di Lorenzo Miazzi, giudice di Rovigo, che ha rinviato la questione al giudizio della stessa Corte di Giustizia (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/ord-trib-ro-art10bis-rinv.html).

Non sarebbe stato piu' dignitoso ammettere, da parte del Governo, di aver fatto una corbelleria formidabile con l'introduzione del reato di soggiorno illegale, e approfittare di questa riforma per cancellarne le tracce?


4) Una delle modifiche apportate dalla riforma al regime delle espulsioni e' quella relativa ai presupposti del provvedimento di espulsione per soggiorno illegale. E' stato inserito, all'art. 13, co. 2 lettera b), il caso in cui lo straniero abbia subito il rifiuto del permesso di soggiorno.

Fino ad oggi, in un caso del genere, si procedeva, in base all'art. 12 co. 2 DPR 394/1999, con la concessione allo stranero, da parte del questore, di un termine non superiore a quindici giorni per lasciare volontariamente il territorio dello Stato (senza ulteriori sanzioni). Il mancato rispetto del termine costituiva presupposto per un provvedimento di espulsione. La legge non stabiliva esplicitamente se l'espulsione dovesse essere eseguita con l'accompagnamento coattivo alla frontiera o, piuttosto, con l'intimazione a lasciare l'Italia entro ulteriori quindici giorni, benche' esistessero valide ragioni per ritenere piu' appropriata questa seconda modalita' (da ricercare, in particolare - lo dico per i cultori della materia -, nella formulazione appena andata in soffitta dell'art. 14 co. 5-ter).

Come va interpretata la nuova disposizione? A mio parere, l'unica interpretazione accettabile e' la seguente: resta pienamente in vigore l'art. 12 co. 2 DPR 394/1999; solo in caso di mancato rispetto del termine concesso dal questore (termine non superiore a quindici giorni), si procede ad espulsione dello straniero, con le modalita' che saranno ritenute opportune (concessione di un termine compreso tra sette e trenta giorni per il rimpatrio volontario, o accompagnamento coattivo alla frontiera). Fa eccezione il caso in cui la richiesta di permesso di soggiorno sia stata respinta perche' manifestamente infondata o fraudolenta; in questa ipotesi, l'art. 13 co. 4 modificato impone l'espulsione con accompagnamento immediato e coattivo alla frontiera.

Mi si puo' obiettare: non sarebbe piu' sensato prevedere che anche il rifiuto ordinario del permesso (quando non vi sia, cioe', frode ne' manifesta infondatezza della richiesta) dia luogo immediatamente al provvedimento di espulsione, e che, semplicemente, questo sia eseguito con la concessione da parte del prefetto di un termine da sette a trenta giorni per lasciare l'Italia? In altri termini, quando non si debba procedere all'accompagnamento immediato alla frontiera, non e' irragionevole dar luogo all'eventuale fissazione successiva di due diversi termini per la partenza volontaria, il primo da parte del questore, il secondo da parte del prefetto?

Non avrei difficolta' a dare risposta positiva a queste due domande, se i commi 13 e 14 dell'art. 13 non prevedessero, in corrispondenza ad ogni espulsione, un divieto di reingresso di almeno tre anni, applicabile a tutta l'Area Schengen; si noti: a prescindere dal fatto che allo straniero venga o meno concesso dal prefetto il termine per il rimpatrio volontario. Con un tale divieto, se il provvedimento di espulsione accompagnasse automaticamente il rifiuto del permesso, ci troveremmo davanti a questa situazione paradossale: lo straniero chiede allo Stato italiano il permesso di soggiornare sul suo territorio per il prossimo anno (per esempio, per studio). L'amministrazione italiana esamina la richiesta (non manifestamente infondata, ne' fraudolenta), e decide, anche avvalendosi del potere discrezionale che la legge le accorda, di negare tale permesso. Come conseguenza, allo straniero viene automaticamente vietato di fare ingresso - perfino per turismo - in qualunque altro Stato Schengen.

Non si puo' non richiamare, in proposito, il brocardo seguente (attribuito a un turista, a Beverly Hills, bisognoso di un'indicazione stradale):

"Se la chiedo a Sharon Stone, puo' legittimamente rifiutarmela; ma non puo' vietare a Cindy Crawford di darmela".


Cordiali saluti
sergio briguglio