23 luglio 2010

sentenze corte costituzionale (ronde; legge Toscana); registro dei senza fissa dimora

Cari amici,
alla pagina di Luglio 2010 del mio sito (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/) potrete trovare, tra gli altri documenti,

1) la sentenza della corte Costituzionale n. 226/2010, con la quale si dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 40, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (quello sulle ronde), nella parte in cui consente di segnalare situazioni di disagio sociale. Chiedo venia per non essermi accorto per tempo della pubblicazione di questa sentenza;

2) la sentenza della corte Costituzionale n. 274/2010, che censura, entro gli stessi limiti, il decreto del Ministro dell'interno 8/8/2009 (quello che disciplina le ronde (*));

3) la sentenza della corte Costituzionale n. 269/2010, con la quale si respinge il ricorso del Presidente del Consiglio contro alcune disposizioni contenute nella legge della Regione Toscana 9 giugno 2009, n. 29 (Norme per l'accoglienza, l'integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana);

4) il decreto del Ministro dell'interno 6/7/2010, che disciplina il funzionamento del registro delle persone senza fissa dimora.

Cordiali saluti
sergio briguglio


(*) Appendo qui sotto, a mo' di lettura da ombrellone, una parte del messaggio che vi avevo mandato all'indomani della pubblicazione del decreto in questione.


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Cari amici,
sabato scorso e' entrata in vigore la L. 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica).

Il Ministero dell'interno e' intervenuto, in questi giorni, con un decreto che disciplina gli ambiti operativi delle associazioni di
osservatori volontari (le cosiddette ronde) e la loro iscrizione in apposito elenco presso la prefettura. Potrete trovare il decreto alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/agosto del mio sito.

Il quadro che emerge dalla lettura del decreto e' assai intrigante.

Ricordo che, in base all'art. 3, co. 40-44 L. 94/2009, il sindaco puo' avvalersi di tali associazioni per la segnalazione agli organi competenti di eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale.

Le associazioni di osservatori non possono essere emanazione di partiti o movimenti politici, ne' di organizzazioni sindacali (art. 1, co. 2, lettera b del decreto in questione) o tifoserie (art. 1, co. 2, lettera c). Ne' possono ricevere da tali soggetti risorse economiche (art. 1, co. 2, lettera e).

Gli osservatori operano in nuclei formati da non piu' di tre elementi, non troppo giovani (almeno diciotto anni; art. 5, co. 1, lettera b) ne', verosimilmente, troppo vecchi (richiesta buona salute fisica e mentale; art. 5, co. 1, lettera b). Indossano casacconi giallo-fluorescente (art. 2, co. 3), con la scritta "osservatore volontario" (che li distingue da tutti coloro che casacconi simili indossano per semplice buon gusto).

Per evitare che gli osservatori, equivocando, si segnalino a vicenda alle forze dell'ordine quali fomiti di insicurezza urbana, il decreto, dopo averli vestiti da fari antinebbia, esclude dal ruolo i daltonici (art. 5, co. 1, lettera b).

Sempre per evitare che l'attivita' di segnalazione si sviluppi solo in chiave endoassociativa, sono esclusi coloro che fanno uso di stupefacenti, delinquenti incalliti e quanti presentino o abbiano presentato in passato sintomi di malattia mentale (art. 5, co. 1, lettere c e d).

Gli ossevatori non potranno usare cani ne' altri animali (art. 2, co. 2). Per compensare la limitazione che ne deriva, si richiede loro di avere integre capacita' olfattive e uditive (art. 5, co. 1, lettera b).

Quanto alla capacita' visiva, invece, non e' richiesta. Si esige pero' una adeguata capacita' di espressione visiva (art. 5, co. 1, lettera b), indispensabile - suppongo - per un coordinamento tra osservatori fatto piu' di maschi ammiccamenti che di faticose locuzioni.

Quando sia necessario effettuare una segnalazione (ad esempio, in presenza di persona colta da malore nel piazzale antistante la stazione), gli osservatori devono fare uso di cellulare o, se autorizzati preventivamente, di radio rice-trasmittenti (art. 2, co. 4). Sembra escluso che, in mancanza di quest'ultima dotazione e di campo o credito per il cellulare, gli osservatori siano legittimati a usare il telefono a gettoni del bar della stazione. In compenso, il sindaco che voglia impiegare gli osservatori deve curare che, almeno alle chiamate fatte col cellulare o con la rice-trasmittente, i viglili urbani rispondano (art. 2, co. 5).

Mi resta un solo dubbio.

Supponiamo che un gruppo di tifosi della curva Di Maio dello stadio di Treviso decida, per ingannare l'attesa del mercoledi' di coppa, di dedicare tutti i martedi' sera ad una perlustrazione del quartiere. Il gruppo e' formato da ventitre diciassettenni. Sette di loro hanno perso quasi completamente l'olfatto per via di un uso di cocaina da villa in Sardegna. Gli stessi, forse per difendersi da possibili rivendicazioni del pusher di fiducia, non si separano mai dal proprio pitbull. Tutti indossano la gloriosa maglia biancoceleste trevigiana, impreziosita da una piccola svastica nera.

E' evidente che mai, per quanto disposto dal decreto in questione, il sindaco di Treviso potra' affidare loro, in convenzione, i compiti di segnalazione degli eventi potenzialmente dannosi per la sicurezza urbana e delle situazioni di disagio sociale.

E' altrettanto evidente che nessuno potra' impedire al gruppo di svolgere l'attivita' di perlustrazione, di per se' lecita. Almeno fino a quando non venga adottato a carico dei componenti un provvedimento restrittivo per qualcuna delle altre attivita' da loro intraprese.

Mi chiedo: quando gli ultras dovessero imbattersi in una minaccia alla sicurezza urbana o in una situazione di disagio sociale (altre - beninteso - da quelle da loro stessi rappresentate) e dovessero telefonare, a gettoni, alla polizia minicipale, i vigili terranno conto della chiamata o eccepiranno la mancata iscrizione del gruppo nell'albo prefettizio?

Per dirla garbatamente, non e' che tutta questa storia delle ronde e della loro regolamentazione sia un'ulteriore solennissima minchiata?

Cordiali saluti
sergio briguglio

9 luglio 2010

sentenze della Corte Costituzionale

Cari amici,
alla pagina
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/luglio/index.html
troverete alcune sentenze di rilievo della Corte Costituzionale.

Nella prima di queste (n. 249/2010) viene dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 61, n. 11-bis c.p. (l'aggravante costituita
dalla condizione di soggiorno illegale dello straniero).
Conseguentemente decadono anche l'art. 1, co. 1 L. 94/2009 e l'art.
656, co. 9, lettera a) c.p.p., limitatamente alle parole "e per i
delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma,
numero 11-bis), del medesimo codice,".

La Corte ha ritenuto irragionevole la discriminazione posta
dall'aggravante in questione nei confronti dello straniero.
Paradossalmente, hanno giocato a sfavore della disposizione censurata
due novita' introdotte dalla L. 94/2009: l'esonero dall'aggravante
per il cittadino comunitario che soggiorni illegalmente (ad esempio,
per non aver ottemperato ad un ordine di allontanamento) e
l'introduzione del reato di soggiorno illegale. Il primo renderebbe
evidente - a parere della Corte - come l'aggravante non intenda
colpire la violazione delle norme su ingresso e soggiorno dei non
cittadini, ma piuttosto la condizione stessa di straniero. La seconda
darebbe luogo a un rischio di violazione del principio "ne bis in
idem", traducendosi in una doppia punizione per la medesima
infrazione.

Nelle altre tre sentenze viene presa in esame la legittimita'
costituzionale delle disposizioni che definiscono il reato di
ingresso e/o soggiorno illegale (art. 10 bis D. Lgs. 286/1998). La
Corte respinge, per infondatezza o per inammissibilita', tutte le
censure esaminate.

La piu' interessante di queste sentenze - la sentenza n. 250/2010 -
dichiara infondata la questione, dal momento che

a) la penalizzazione di una condotta e' scelta del Legislatore, non
censurabile dalla Corte Costituzionale, a meno che si tratti di
scelta manifestamente irragionevole o arbitraria;

b) non viene punito, in questo caso, un semplice modo di essere della
persona, ma una condotta attiva (l'ingresso) o omissiva (il mancato
allontanamento);

c) la norma tutela un bene giuridico: l'interesse dello Stato al
controllo dei flussi migratori, con conseguente tutela della
collettivita' e di coloro che hanno rispettato le norme in materia;

d) la norma non presume nulla sulla pericolosita' del soggetto
incriminato, ma si limita a reprimere un comportamento antigiuridico;

e) data la competenza del giudice di pace, resta applicabile, nei
casi opportuni (es.: lo straniero che diventa overstayer solo per
aver perso l'aereo), l'istituto dell'esclusione della procedibilita'
per particolare tenuita' del fatto (art. 34 D. Lgs. 274/2000).
Nell'applicazione di questo istituto si fa riferimento all'esiguita'
dell'offesa all'interesse tutelato, all'occasionalita' della
violazione, al ridotto grado di colpevolezza e al pregiudizio recato
dal procedimento penale alle esigenze di lavoro, di studio, di
famiglia o di salute dell'imputato;

f) la Corte Costituzionale non e' legittimata a sindacare la norma
sotto il profilo del rapporto costi/benefici o dell'efficacia;

g) l'assenza dell'esimente esplicita relativa all'occorrenza di un
"giustificato motivo" per l'ingresso e/o il soggiorno illegale non
preclude l'applicazione delle scriminanti comuni (in particolare, di
quella dello stato di necessita' di cui all'art. 54 c.p.) e delle
cause di esclusione della colpevolezza (compresa l'ignoranza
inevitabile della legge penale di cui all'art. 5 c.p., alla luce
della sent. Corte Cost. n. 364/1988). Si applica inoltre il principio
"ad impossibilia nemo tenetur" (es.: straniero privo, per cause
indipendenti dalla sua volonta', dei documenti necessari per lasciare
l'Italia).

La questione e' dichiarata poi inammissibile con riferimento al
rischio di autodenuncia per lo straniero illegalmente soggiornante
responsabile dell'adempimento dell'obbligo scolastico per il figlio
minore. Il problema, in questo caso, deriverebbe dalla mancata
previsione di un divieto di segnalazione del tipo previsto nel caso
del ricorso alle prestazioni sanitarie, e non quindi, di per se',
dalla disposizione in esame.


Cordiali saluti
sergio briguglio