26 ottobre 2010

sezioni unite della cassazione su art. 31, co. 3

Cari amici,


alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/sent-cass-21799-2010.pdf troverete la sentenza con cui la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, rivede la questione dei presupposto per l'applicazione dell'art. 31, co. 3 D. Lgs. 286/1998.

La sentenza cerca di mostrarsi equidistante tra i due precedenti orientamenti - quello restrittivo, finora dominante, che esigeva l'esistenza di situazioni di assoluta emergenza e bisogni di carattere temporaneo, e quello, minoritario, che si limitava a richiedere il rischio che il minore subisca un danno grave dall'allontanamento dell'adulto -, bacchettandoli entrambi.

In realta', le Sezioni Unite sposano sostanzialmente il secondo orientamento, limitandosi a criticare le corrispondenti sentenze sulla base di difetti interpretativi inesistenti.

Viene fatta giustizia, cosi', di una lettura dell'art. 31, co. 3 clamorosamente errata.

Sullo stesso tema le Sezioni Unite hanno adottato anche la sentenza n. 21803/2010. Non l'ho letta, ma immagino che sancisca lo stesso principio.



Cordiali saluti

sergio briguglio



p.s.: appendo qui sotto un mio precedente messaggio sull'argomento.


25 ottobre 2010

accordo di integrazione: una virgola e 16 punti

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/somm-accordo-integrazione.html troverete un sommario delle principali disposizioni contenute nello schema di regolamento relativo all'accordo di integrazione.

Il riferimento e' al testo comunicato dalla Presidenza del Consiglio ai Ministri competenti, alla Conferenza delle Regioni e delle Province auronome e alla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/schema-reg-acc-integraz.pdf), in parte diverso da quello a suo tempo pubblicato da diversi siti web. In particolare, e' prevista l'assegnazione di un bonus iniziale di 16 punti ed e' scomparsa la previsione di una possibile influenza dell'inadempimento parziale da parte dello straniero sulle decisioni dell'amministrazione in materia di concessione della cittadinanza.

Vi propongo qui due osservazioni - la prima seria, la seconda meno - sui contenuti dello schema di regolamento.


1) E' previsto che la risoluzione dell'accordo per inadempimento determini la revoca o il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero, salvo che lo straniero appartenga ad una delle categorie per le quali vige un divieto di espulsione.

Questa disposizione non sembra sufficientemente rispettosa del dettato della legge. L'articolo 4-bis D. Lgs. 286/1998 impone infatti che non si proceda ad allontanamento dello straniero, non solo nei casi in cui valga un esplicito divieto di espulsione, ma in tutti i casi relativi a "straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea, [od a] straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" - in tutti i casi, cioe', in cui la posizione dello straniero e' regolata dalla legge in modo conforme a specifiche direttive europee.

Non mi e' dato di comprendere i motivi di uno scostamento cosi' marcato della disposizione regolamentare da quella di rango superiore.


2) Lo schema di regolamento chiarisce che i 16 punti di bonus iniziale corrispondono, coerentemente con quanto riportato nell'Allegato B allo stesso schema, al raggiungimento del livello A1 di conoscenza della lingua italiana (10 punti) e ad una conoscenza sufficiente della cultura civica e della vita civile in Italia (6 punti). Se al momento della verifica dell'accordo si rileva come lo straniero non abbia raggiunto il livello A1 di conoscenza della lingua italiana e/o un livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, i punti corrispondenti vengono decurtati. Primo dubbio: dato che accumulazione e perdita di punti hanno effetto solo a partire dal momento in cui la verifica viene effettuata (due anni dopo la sottoscrizione dell'accordo), quale importanza puo' avere il fatto che lo Stato scommetta sul fatto che lo straniero riuscira' comunque a raggiungere quei livelli minimi di conoscenza? Puo' forse lo straniero utilizzare la dotazione iniziale di punti, in attesa che la verifica abbia luogo, per conquistare piu' facilmente l'elegante tostapane di Carrefour(*)?

Lo schema continua disponendo che, qualora invece in sede di verifica siano accertati livelli di conoscenza superiori ai minimi corrispondenti al bonus iniziale, "si provvede al riconoscimento dei crediti, aggiuntivi rispetto a quelli attribuiti all'atto della sottoscrizione, nella misura corrispondente al livello di conoscenza effettivamente accertato". Ho riportato tra virgolette il frammento perche' la punteggiatura gioca qui, a fini ermeneutici, un ruolo fondamentale.

Se la parola aggiuntivi non fosse preceduta da una virgola, si potrebbe interpretare il testo nel senso che - poniamo - il conseguimento di un livello A2 nella conoscenza della lingua italiana comporti l'assegnazione allo straniero di ulteriori 10 punti (tale e' la differenza di punteggio prevista tra i due livelli nell'Allegato B). Se cosi' fosse, l'assegnazione del bonus iniziale risulterebbe totalmente priva di significato. Avrebbe infatti rilievo solo il punteggio calcolato a seguito della verifica, e nelle more di questa, a meno di improbabili convenzioni con la Carrefour, lo straniero potrebbe fare dei 16 punti di bonus un uso che il decoro mi vieta di esplicitare.

La virgola pero' c'e' e impone una diversa interpretazione: il conseguimento del livello A2 (resto all'esempio di prima) comporta l'assegnazione di 20 punti oltre ai 16 inizialmente concessi allo straniero. Se e' vero che questa e' l'unica interpretazione possibile della disposizione regolamentare, ne derivano due conseguenze. La prima - positiva, sotto il profilo della tecnica normativa - e' che l'assegnazione del bonus non resta priva di significato: basta infatti conseguire livelli di conoscenza superiori a quelli minimi per incamerare, nei fatti, per due volte il punteggio previsto per gli stessi minimi(**).

La seconda conseguenza - meno positiva sotto quello stesso profilo - e' che tutta la complessa definizione dei punteggi che spettano allo straniero che venga insignito alla medaglia d'oro al valor civile, si laurei alla Normale di Pisa o faccia venti ore settimanali di volontariato alle Misericordie ha rilievo solo quando lo stesso straniero sia uno sfaticato, un formidabile evasore fiscale, un delinquente di mezza tacca e/o un pessimo automobilista. Vediamo perche'.

Qualora lo straniero abbia figli in eta' da obbligo scolastico, l'inadempimento colpevole di tale obbligo comporta l'inadempimento dell'accordo, quale che sia il punteggio conseguito. Assumiamo allora che non vi siano figli, o che, essendovene, l'obbligo scolastico sia debitamente rispettato. Assumiamo anche, per il momento, che lo straniero sia sufficientemente coscienzioso da frequentare il corso di educazione civica organizzato dallo Sportello Unico e che non commetta reati ne' illeciti amministrativi o tributari. Sotto queste ipotesi, lo straniero non puo' conseguire  un punteggio negativo. Potrebbe conseguire un punteggio pari a zero, ma solo se fallisse nel raggiungere perfino il livello minimo di conoscenza della lingua italiana e quello minimo di conoscenza della cultura civica; gli bastera' pero', in casi del genere, scegliere il medico di base per ottenere 4 punti utili a scongiurare il rischio di inadempimento dell'accordo. E' evidente come anche in questa ipotesi la dettagliata corrispondenza tra azioni e punteggi di cui all'Allegato B perda gran parte della propria importanza (fatta eccezione, naturalmente, per quanto previsto per la citata scelta del medico).

Mi si potrebbe obiettare che un peso, invece, quella classificazione lo acquisti quando si tratti di decidere se l'accordo si estingua per adempimento (e vissero tutti felici e contenti) o se piuttosto se ne debba decretare l'inadempimento parziale (con incerti strascichi nei futuri rapporti tra straniero e Stato). Farei allora osservare che l'estinzione per adempimento richiede, si', che siano conseguiti almeno 30 punti, ma  anche che siano raggiunti il livello A2 di conoscenza dell'italiano e il livello sufficiente di conoscenza della cultura civica. Se tali livelli non vengono raggiunti, il punteggio conseguito per altri meriti non conta nulla. Se invece vengono raggiunti, il punteggio conseguito non puo' essere inferiore, per quanto detto sopra, a 36 punti(***), a prescindere, ancora una volta, da ulteriori meriti; l'indicazione del medico di base, poi, portera' certamente lo straniero ai 40 punti richiesti per ottenere le ambite facilitazioni per la partecipazione ad attivita' culturali quali la cerimonia dell'ampolla sul Po, le visite guidate da Moretti e Gasparri a via Gradoli o i concerti di Apicella e Letizia a Villa Certosa.

Diverso e' il caso, naturalmente, dello straniero che perda punti - mettiamo - marinando il corso di educazione civica e/o accumulando ammende di 200mila euro per evasione fiscale, condanne a quattro anni di reclusione per avere messo sotto un ciclista in una notte di pioggia o a tre mesi di arresto per qualche reato bagatellare. In tutti questi casi, l'ammissione dello straniero all'Accademia dei Lincei non sara', ai fini dell'adempimento dell'accordo, avara di benefiche conseguenze.

Cordiali saluti
sergio briguglio


(*) B. Landucci, Aforismi, Adelphi.

(**)Il lettore che nutra dei dubbi sull'affermazione sopra riportata confronti le due seguenti situazioni:

a) straniero che consegua il livello A2 e il livello buono nella conoscenza della cultura civica, in assenza di bonus iniziale: gli spettano

        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       10 punti (livello A1) +
                6 punti (livello sufficiente) +
                10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 29 punti

b) stesso straniero, in presenza di bounus iniziale: gli spettano

        16 punti (bonus = livello A1 + livello sufficiente) +
        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       2x10 punti (livello A1) +
                2x6 punti (livello sufficiente) +
                  10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                  3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 45 punti

(***) Per il lettore laureato al Cepu: 16 punti di bonus + 20 punti aggiuntivi per il livello A2 = 36 punti.

22 ottobre 2010

sentenza corte costituzionale n. 299/2010

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/sent-corte-cost-299-2010.html, troverete una interessante sentenza della Corte Costituzionale (n. 299/2010), con la quale la Corte accoglie in minima parte il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio contro molte disposizioni contenute nella Legge Regione Puglia 32/2009 ("Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli immigrati in Puglia"), e lo respinge in misura preponderante.

Le disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime sono quelle che garantiscono

a) il diritto di difesa dello straniero soggiornante a qualunque titolo (si tratta di materia di competenza statale);

b) l'applicazione dei principi della Convenzione ONU 18/12/1990 sui diritti dei migranti e delle loro famiglie (la Convenzione non e' stata ratificata dall'Italia e le Regioni non possono dare esecuzione ad accordi internazionali indipendentemente dalle leggi di ratifica).

Viene invece dichiarata infondata la questione di legittimita' di diverse altre disposizioni. Di particolare interesse e' il giudizio relativo alle disposizioni in materia di assistenza sanitaria.

La Legge Regione Puglia 32/2009 prevede che gli stranieri assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base (cosa non prevista dalle disposizioni nazionali). La Corte dichiara legittima questa disposizione, dato che non altera le restrizioni sul tipo di cure cui lo straniero irregolarmente soggiornante ha diritto (cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo).

La Legge in questione prevede anche che "ai cittadini comunitari presenti sul territorio regionale che non risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi dei requisiti per l'iscrizione al SSR e che versino in condizioni di indigenza, sono garantite le cure urgenti, essenziali e continuative attraverso l'attribuzione del codice ENI (europeo non in regola). Le modalità per l'attribuzione del codice ENI e per l'accesso alle prestazioni, sono le medesime innanzi individuate per gli STP". La Corte, dichiara legittima anche questa disposizione, osservando come essa sia coerente con l'interpretazione delle disposizioni del D. Lgs. 30/2007 offerta dalla Circ. Minsalute 19/2/2008.

La cosa e' rilevante perche' quella circolare indicava come il fondamento del rilascio del codice ENI fosse proprio nel principio costituzionale della tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.). Ora, e' la stessa Corte Costituzionale a benedire quella tesi, mettendo al riparo la circolare dai tagli di Tremonti.

Vi chiederete: cosa c'entra Tremonti? C'entra. Fu lui a far modificare, con la L. 133/2008, l'art. 1, co. 2 D. Lgs. 286/1998, che, nella vecchia formulazione, garantiva l'applicazione al cittadino comunitario delle disposizioni previste per lo straniero, quando queste risultassero a ui piu' favorevoli. L'intento della modifica (la formulazione che ne deriva (*) e' insulsa come un pensiero di Cota) era proprio quello di evitare che il cittadino comunitario non iscritto in anagrafe potesse fruire di assistenza sanitaria gratuita, al pari dello straniero irregolarmente presente. La circolare citata, non agganciandosi alla formulazione originale dell'art. 1, co. 2, ma - come detto - all'art. 32 Cost., era sopravvissuta alla modifica voluta da Tremonti, ma restava appesa a un filo. Ora, quel filo diventa un cavo d'acciaio.

Anzi, l'operazione stessa di modifica dell'art. 1, co. 2 D. Lgs. 286/1998 viene vanificata (rispetto alla finalita' di limitazione degli interventi assistenziali) da un ulteriore giudizio della Corte Costituzionale: quello relativo alla disposizione della Legge Regione Puglia che, riecheggiando la vecchia formulazione del medesimo art. 1, co. 2, stabilisce che le disposizioni della legge regionale "si applicano, qualora piu' favorevoli, anche ai cittadini neocomunitari"(**). Il Presidente del Consiglio solleva la questione di legittimita' costituzionale di questa disposizione proprio sulla scorta della modifica apportata all'art. 1, co. 2 dalla L. 133/2008. La Corte respinge la censura, dichiarando che "i criteri relativi al diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione europea ... devono essere armonizzati con le norme dell'ordinamento costituzionale italiano che garantiscono la tutela della salute, assicurano cure gratuite agli indigenti, l'esercizio del diritto all'istruzione, ed attengono a prestazioni concernenti la tutela di diritti fondamentali, spettanti ai cittadini neocomunitari in base all'art. 18 del TFUE (gia' art. 12 del Trattato CE), che impone sia garantita, ai cittadini comunitari che si trovino in una situazione disciplinata dal diritto dell'Unione europea, la parita' di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro".

Ne deriva, secondo la Corte, quanto gia' affermato nella sentenza n. 269/2010: sono legittime le disposizioni regionali che intendano assicurare anche ai cittadini comunitari "quelle prestazioni ad essi dovute nell'osservanza di obblighi comunitari e riguardanti settori di propria competenza, concorrente o residuale, riconducibili al settore sanitario, dell'istruzione, dell'accesso al lavoro ed all'edilizia abitativa e della formazione professionale".

L'infondatezza delle censure concernenti questa disposizione della Legge Regione Puglia comporta il difetto di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale di art. 1, co. 2 D. Lgs. 286/1998, nel testo modificato da L. 133/2008. Tale questione era stata proposta in linea subordinata dalla Regione Puglia, in riferimento all'art. 3 Cost. Peccato: se esaminata, sarebbe stata probabilmente respinta (i pensieri di Cota, benche' insulsi, sono in genere costituzionalmente legittimi); ma la Corte avrebbe potuto chiarire se una clausola di salvaguardia come quella cassata da Tremonti debba essere considerata implicitamente vigente nel nostro ordinamento. Sara' per la prossima volta...

Cordiali saluti
sergio briguglio



(*) "Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, salvo quanto previsto dalle norme di attuazione dell'ordinamento comunitario."

(**) Il riferimento ai "neocomunitari", anziche' ai "comunitari" o, meglio ancora, ai "cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea" e' frutto dell'analfabetismo della nostra classe politica - inclusa quella pugliese.




21 ottobre 2010

versiona aggiornata del manuale

Cari amici,
alla pagina
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/manuale-normativa-11.html
potrete trovare una versione del mio manuale sulla normativa in
materia di immigrazione e asilo, aggiornata al 30 settembre 2010.

Segnalazioni di lacune o errori sono sempre gradite.

Cordiali saluti
sergio briguglio

13 ottobre 2010

maroni, rumeni, numeri

Cari amici,
il Ministro Maroni, per non lasciare l'esclusiva delle corbellerie a Veltroni, e' intervenuto ieri sulla questione dei rumeni, della minaccia da essi rappresentata e delle misure adottabili per il loro allontanamento.

In particolare, Maroni ha dichiarato che

a) l'ingresso della Romania nel sistema Schengen puo' dar luogo a nuovi imponenti flussi di cittadini rumeni verso il nostro paese;

b) oggi, in base alla normativa europea, e' possibile allontanare i cittadini comunitari dall'Italia solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza;

c) a chi invece resti in Italia per piu' di tre mesi, pur non avendo i requisiti previsti per il soggiorno prolungato, non sono applicabili sanzioni.

Maroni ha anche sostanziato le sue affermazioni, ricordando che, nei primi nove mesi del 2010, ''sono stati rintracciati 1.412 romeni in posizione irregolare: 327 sono stati rimpatriati coattivamente, 858 hanno lasciato volontariamente l'Italia e 227 non sono stati allontanati" (il mancato allontanamento di questi ultimi essendo dovuto appunto, a parere di Maroni, alle carenze della normativa).

Osservo, sotto un profilo puramente tecnico, quanto segue.

1) Gia' oggi, in quanto cittadini dell'Unione europea, i rumeni possono viaggiare negli Stati membri a condizione che siano provvisti di carta d'identita' valida per l'espatrio. Gia' oggi, per i rumeni che preoccupano Maroni (gli "spiantati", che un biglietto aereo non possono permetterselo), alla frontiera (terrestre) italiana non ha luogo alcun controllo, trattandosi di una frontiera interna all'Area Schengen. Controlli dei documenti, da parte delle autorita' italiane, sono possibili sul territorio, e il rumeno (ma anche il francese) che venga trovato privo di quella carta d'identita' (o di passaporto) puo' essere allontanato; e questo proprio in virtu' della normativa europea sulla libera circolazione, come interpretata dalla Corte di Giustizia europea (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2005/aprile/sent-corte-giust-c-215-03.pdf).

L'ingresso della Romania nel sistema Schengen lascera' sostanzialmente inalterato questo quadro: verranno meno anche i controlli alle attuali frontiere esterne (es.: la frontiera tra Romania e Ungheria), ma i rumeni che dovessero attraversarle privi del documento di identita' potranno essere allontanati, una volta arrivati in Italia, come lo sono oggi.

2) I cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea sono allontanabili, gia' oggi, sia quando rappresentino una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o la sicurezza pubblica, sia quando non soddisfino i requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi. Quest'ultima forma di allontanamento e' disciplinata, in Italia, dall'art. 21 D. Lgs. 30/2007.

3) L'art. 21 appena citato stabilisce che alla persona da allontanare per mancanza dei requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi sia assegnato un termine per lasciare l'Italia. Lo stesso articolo punisce con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a 2.000 euro la persona intimata che sia ritrovata in Italia, dopo la scadenza del termine, a meno che non abbia provveduto a presentarsi ad un consolato italiano all'estero (il che dimostrerebbe che l'allontanamento ha avuto luogo). Non e' vero quindi che non siano previste sanzioni per chi non rispetti l'ordine di allontanamento.

4) Maroni puo' obiettare che questa procedura non prevede, per il comunitario privo dei requisiti per il soggiorno, possibilita' di rimpatrio coattivo, ne' divieto di reingresso. In questo ha ragione; ma e' il principio di libera circolazione intra-europea a imporre queste limitazioni. E questo principio e' uno dei cardini dell'Unione europea. Ad esso, la nostra normativa nazionale deve uniformarsi in base all'art. 117 della Costituzione.

5) Se le persone che Maroni non riesce ad allontanare fossero pericolose per la sicurezza pubblica, potrebbero essere adottate misure coercitive. Se non sono pericolose, non si vede perche' il Ministro dell'interno consideri la presenza di duecentoventisette poveracci non pericolosi argomento di interesse prioritario.

6) La ratio della disposizione che prevede che i cittadini comunitari, per poter soggiornare per piu' di tre mesi consecutivi in uno Stato membro diverso da quello d'appartenenza, debbano soddisfare certi requisiti di natura economica sta nell'esigenza di evitare che la presenza di persone prive di sufficiente forza economica gravino in modo eccessivo sulle strutture assistenziali pubbliche. In una sotuazione, come la nostra, in cui tipicamente persone in queste condizioni non ricevono alcun tipo di assistenza, quell'esigenza e' sensibilmente indebolita. In altri termini: se lascio che si arrangino per campare (in modo lecito), senza occuparmi di soccorrerli, perche' mi agito tanto per rimandarli in patria? Mi da' fastidio che campino?

7) La difficolta' nell'allontanare cittadini comunitari per il semplice fatto che non soddisfino i requisiti per il soggiorno prolungato e' rappresentata, piu' che dalle modalita' di attuazione del provvedimento (coercitive o meno), dall'onere della prova del fatto che il soggiorno del cittadino abbia superato la durata di tre mesi. Ogni nuova uscita dal territorio italiano, con successivo reingresso, fa scattare una nuova franchigia di tre mesi.

Il Governo Prodi, sull'onda delle pressioni veltroniane di cui dicevo nell'ultimo messaggio, aveva tentato, in modo piuttosto maldestro, di risolvere la questione aggiungendo il comma 5-bis all'articolo 5 D. Lgs. 30/2007:

"In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare puo' presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi."

Se non che, il decreto del Ministro dell'interno che avrebbe dovuto disciplinare le modalita' di dichiarazione della presenza non e' mai stato adottato (neanche da Maroni, che e' in carica da oltre due anni). La cosa non e' frutto di dimenticanza, ma del fatto che quel decreto averebbe dovuto concedere un lasso di tempo utile al cittadino comunitario per effettuare la dichiarazione (il turista straniero ha otto giorni di tempo per provvedere, e non si puo' trattare un cittadino comunitario peggio di uno straniero: a tutto c'e' un limite...).

Immaginate, allora, che il decreto sia stato adottato e che conceda, appunto, otto giorni di tempo dall'ingresso per l'adempimento relativo alla dichiarazione. Immaginate anche che un poliziotto si imbatta in un comunitario spiantato e che gli chieda se abbia effettuato la dichiarazione di presenza. Il comunitario spiantato biascichera' (se anche alcolizzato) che no, non l'ha effettuata. Il poliziotto, forte del comma 5-bis, gli contestera' allora di aver sforato il termine dei tre mesi, aggiungendo che, ove abbia invece prove che non sia cosi', e' quello il momento di produrle, che' altrimenti scattera' l'allontanamento. Il comunitario spiantato, che e' alcolizzato, ma non idiota, ribattera' che no, non ha alcuna prova di essere entrato solo tre giorni fa; ma che, essendo entrato proprio tre giorni fa, non e' ancora scaduto il termine per presentare la dichiarazione e l'onere della prova non grava ancora sulle sue deboli spalle. Aggiungera' che intende proprio recarsi al commissariato di zona in mattinata, per provvedere con congruo anticipo rispetto alla scadenza del termine; e cosi' fara', se il signor poliziotto sara' cosi' gentile da smetterla di fargli perdere ulteriormente tempo ed energie preziose.

Poco potra' fare il poliziotto, se non chiedere al questore di predisporre, per i successivi tre mesi, tre turni giornalieri di otto ore ciascuna, per provare che il comunitario spiantato non abbia mai lasciato l'Italia. La risposta del questore la lascio alla vostra immaginazione.

Cordiali saluti
sergio briguglio

11 ottobre 2010

veltroni: ammissione a punti

Cari amici,
nell'ambito dell'assemblea nazionale del PD sono state presentate proposte relative a una riforma della politica di immigrazione.

Una di queste mi preoccupa, almeno per come e' stata presentata dalla stampa. Il Corriere della Sera di sabato l'ha attribuita a Veltroni. Prendo per buona questa attribuzione, anche se non escludo che sia un po' imprecisa.

Riporto qui due brevi stralci della proposta:

"Vogliamo assicurare attraverso l'introduzione di un sistema d'ammissione a punti che avremo gli immigrati di cui la nostra economia ha bisogno, ma non di piu'. Con il ritorno della crescita vogliamo vedere crescenti livelli di occupazione e salari crescenti, ma non crescente immigrazione."

"Eta', sesso, stato civile, istruzione, specializzazione, conoscenza della lingua, della cultura, dell'ordinamento del paese, si combinano in un punteggio, o valutazione, dell'ammissibilita' dei candidati all'immigrazione."

Veltroni - sia detto per inciso - in passato si e' distinto per interventi improvvidi in materia di immigrazione. Penso a quando, da sindaco di Roma, all'indomani dell'omicidio Reggiani, pretese dal Governo l'adozione immediata di un decreto-legge che facilitasse l'espulsione dei rumeni. Il decreto-legge (181/2007) decadde senza essere convertito in legge; fu sdoppiato in due provvedimenti: un nuovo decreto-legge (249/2007), anch'esso lasciato decadere, e un decreto legislativo, varato poi con opportune modifiche. Veltroni stesso, presentatosi, a conclusione di quel periodo, come candidato premier e segretario del PD, decadde. Ora ci propone nuovi frutti del suo pensiero.

Spiego perche' non sono d'accordo con la proposta.

1) La selezione per competenza linguistica e per conoscenza della cultura italiana. L'Italia ha un problema grave di riequilibrio demografico. Per risolverlo, se le famiglie italiane non la smettono di perdere tempo davanti alla TV, ha bisogno di un flusso di immigrazione non certo inferiore a quello (di 100-200 mila ingressi per anno) attuale. Pensare che un flusso di queste dimensioni possa essere costituito, in misura preponderante, da persone altamente qualificate e' pura utopia. Ma, se si tratta invece di persone di qualificazione per lo piu' medio-bassa, esigere una conoscenza preventiva dilingua e cultura italiana non e' realistico: dove, queste persone, dovrebbero acquisire queste competenze? Quanto al fatto che altri paesi europei adottino criteri del genere, si veda come lo studio commissionato da Parlamento europeo e OIM a una commissione di esperti (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/febbraio/parl-ue-comp-leg-imm.pdf) censuri la cosa.

2) La selezione per eta'. L'eta' media degli italiani e' di circa 44 anni; quella degli immigrati stranieri in Italia e' di 32 anni (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/settembre/eurostat-stranieri-in-ue.pdf). La selezione per eta' avviene gia' in modo naturale. Perche' il legislatore o il governo dovrebbero imporre qualcosa che gia' si verifica? Per sentire che finalmente qualcosa nel mondo obbedisce alla loro volonta'? Ma perche' allora non introdurre anche, con la Legge Veltroni, un criterio per la partecipazione a Miss Italia che privilegi le diciottenni rispetto alle settantenni?

3) La selezione per stato civile. Come li vuole Veltroni? Sposati e con molti figli? Celibi? Ma insomma: solo i governatori del PD e i premier del PDL hanno diritto ad amministrare la loro vita privata secondo i propri gusti?

4) La selezione per specializzazione. Chi la certifica? Il solerte funzionario del consolato italiano a Casablanca, dopo aver verificato la congruita' dei percorsi scolastico-formativi? E in quanto tempo? In Italia, per valutare una richiesta di naturalizzazione lo Stato impiega due anni; e si tratta di una valutazione non molto diversa da quella, dei "meriti", che Veltroni propone ai fini dell'ingresso. I lavoratori finirebbero per entrare alle soglie del pensionamento... E se poi, a selezione avvenuta, ho bisogno di un badante, e mi ritrovo solo informatici indiani e ingegneri nucleari cinesi, chi mi accompagna al bagno se ne ho bisogno? Forse Veltroni, con la sua laurea honoris causa in public services?

5) In Italia, da ventiquattro anni a questa parte, i criteri per entrare sono molto rigidi (un posto di lavoro pronto). In teoria, significa che l'ingresso ha luogo solo a seguito di una selezione effettuata dal soggetto piu' interessato (il datore di lavoro). In pratica, significa che il flusso scorre per conto suo, e la sua condizione di legalita' viene sancita ex post. Non mi e' dato di capire perche', se lo Stato si interponesse tra datore di lavoro e lavoratore, pretendendo di selezionare il lavoratore a nome del datore, si dovrebbe ottenere un'immigrazione piu' rispondente alle necessita' della nostra societa'. Sul piano teorico, le cose potrebbero solo peggiorare. Su quello pratico, resterebbero invariate.

6) Diversa e' la questione se si usa l'approccio "a punti" non in un'ottica di restrizione, ma in un'ottica premiale. Ai fini dell'ingresso, potrebbe essere adoperata per costruire un canale di immigrazione altamentre qualificata (blue card), complementare a quello principale a qualificazione medio-bassa. Ma non si tratterebbe di far giudicare lo scienziato straniero da qualche ottuso burocrate nostrano; quanto, piuttosto, di convincere quello scienziato a venire da noi nonostante il burocrate nostrano. Ai fini del soggiorno, e piu' significativamente, potrebbe essere usata per stimolare percorsi di integrazione: chi, gia' soggiornante in Italia, matura un punteggio alto ottiene un permesso a tempo indeterminato (o la cittadinanza) in anticipo e in deroga agli altri requisiti.

Avanzo timidamente una mia proposta: se aiutassimo Veltroni a casa sua?

Cordiali saluti
sergio briguglio