27 maggio 2013

accesso dello straniero al pubblico impiego

Cari amici,
e' stato assegnato alla Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato il disegno di legge 588 (Legge europea 2013).

Il disegno di legge contiene, tra l'altro, disposizioni sull'accesso dello straniero al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. Precisamente, l'art. 8 del disegno di legge recita:

1. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: «Unione europea» sono inserite le seguenti: «e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente»;
b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria».
2. All'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, dopo la parola: «rifugiato» sono inserite le seguenti: «e dello status di protezione sussidiaria».

Oggi la giurisprudenza di merito e' decisamente orientata a riconoscere il diritto di partecipazione ai concorsi pubblici allo straniero titolare di un permesso che abiliti allo svolgimento di attivita' lavorativa.

Resistono, in senso contrario, un'isolata sentenza della Corte di Cassazione (n. 24170/2006), un parere del Consiglio di Stato (n. 2592/2003) e un parere del Dipartimento della Funzione pubblica (n. 196/2004). L'orientamento della Cassazione e quello del Consiglio di Stato potrebbero, paradossalmente, restare immutati per il fatto che sulla materia decidono oggi i giudici ordinari, a seguito di azioni giudiziarie contro la discriminazione. Trattandosi di decisioni stabilmente orientate a favore dello straniero, e non impugnate dall'amministrazione pubblica, la Cassazione non e' piu' chiamata a pronunciarsi sulla materia (ne' lo e', ovviamente, il Consiglio di Stato).

La Corte Costituzionale, per parte sua, con l'Ordinanza 139/2011 ha rigettato per inammissibilita' un ricorso in materia, invitando il giudice ad adottare un'interpretazione delle norme costituzionalmente orientata, e questo invito e' stato interpretato giustamente, da successive sentenze di merito, come un implicito sostegno all'orientamento "aperto".

L'argomento forte in favore del diritto di accedere al pubblico impiego e' che la restrizione ai cittadini puo' ritenersi ancora vigente solo per i posti e le funzioni che comportino l'esercizio di pubblici poteri o che attengano alla tutela dell'interesse nazionale. Al di fuori di quest'ambito (precluso anche al cittadino UE), infatti, vi sono precise disposizioni di legge che consentono l'accesso alle seguenti categorie di stranieri (extra UE):

- familiari stranieri di cittadini UE (art. 19, co. 1 D. Lgs. 30/2007)

- rifugiati (art. 25 co. 2 D. Lgs. 251/2007)

- familiari di rifugiati (art. 22 co. 2 D. Lgs. 251/2007)

- titolari (a titolo principale o come familiari ricongiunti) di permesso CE per soggiornanti di lungo periodo (art. 9, co. 12 lettera b) D. Lgs. 286/1998)

- titolari di Carta Blu UE (art. 27-quater co. 14 D. Lgs. 286/1998)

Ora, salvo i titolari a titolo principale di permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, di tutte le altre categorie possono far parte anche stranieri appena arrivati in Italia, per i quali non si puo' neanche immaginare che sussista un rapporto di "fedelta'" particolare nei confronti dello Stato.

L'unica novita' introdotta (positivamente) dalle modifiche contenute nel disegno di legge in discussione al Senato e' la previsione esplicita del diritto di accesso al pubblico impiego per il destinatario di protezione sussidiaria. Per il resto, siamo di fronte alla mera ripetizione di cio' che la legge gia' dice (vedi riferimenti sottolineati, riportati sopra).

Il rischio, pero', e' che questa ripetizione venga interpretata come un intervento del Legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente incluse. E questo, farebbe retrocedere la situazione allo stato che si aveva prima che si affermasse l'orientamento giurisprudenziale aperto.

Naturalmente, un'interpretazione di questo genere risulterebbe non conforme all'art. 117 della Costituzione, nella parte in cui impone che le leggi dello Stato rispettino i vincoli posti dagli obblighi internazionali (in questo caso, dagli artt. 10, 12 e 14 della Convenzione OIL 143/1975). Ma sarebbe difficile spiegarlo alle amministrazioni pubbliche, e il diritto di accesso dovrebbe essere fatto valere, per molto tempo ancora, a seguito di azione giudiziaria e a titolo individuale.

Mi auguro che si prenda spunto dall'esame del disegno di legge per ottenere che l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza sia recepito da un atto del Governo (es.: un nuovo parere del Dipartimento della Funzione pubblica), o che il testo dell'art. 8 del disegno di legge sia emendato modificando nel modo seguente il comma 3-bis aggiunto:

«3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari di un permesso di soggiorno che consente lo svolgimento di attivita' lavorativa».


Cordiali saluti
sergio briguglio