Cari amici,
il Ministro Maroni, per non lasciare l'esclusiva delle corbellerie a Veltroni, e' intervenuto ieri sulla questione dei rumeni, della minaccia da essi rappresentata e delle misure adottabili per il loro allontanamento.
In particolare, Maroni ha dichiarato che
a) l'ingresso della Romania nel sistema Schengen puo' dar luogo a nuovi imponenti flussi di cittadini rumeni verso il nostro paese;
b) oggi, in base alla normativa europea, e' possibile allontanare i cittadini comunitari dall'Italia solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza;
c) a chi invece resti in Italia per piu' di tre mesi, pur non avendo i requisiti previsti per il soggiorno prolungato, non sono applicabili sanzioni.
Maroni ha anche sostanziato le sue affermazioni, ricordando che, nei primi nove mesi del 2010, ''sono stati rintracciati 1.412 romeni in posizione irregolare: 327 sono stati rimpatriati coattivamente, 858 hanno lasciato volontariamente l'Italia e 227 non sono stati allontanati" (il mancato allontanamento di questi ultimi essendo dovuto appunto, a parere di Maroni, alle carenze della normativa).
Osservo, sotto un profilo puramente tecnico, quanto segue.
1) Gia' oggi, in quanto cittadini dell'Unione europea, i rumeni possono viaggiare negli Stati membri a condizione che siano provvisti di carta d'identita' valida per l'espatrio. Gia' oggi, per i rumeni che preoccupano Maroni (gli "spiantati", che un biglietto aereo non possono permetterselo), alla frontiera (terrestre) italiana non ha luogo alcun controllo, trattandosi di una frontiera interna all'Area Schengen. Controlli dei documenti, da parte delle autorita' italiane, sono possibili sul territorio, e il rumeno (ma anche il francese) che venga trovato privo di quella carta d'identita' (o di passaporto) puo' essere allontanato; e questo proprio in virtu' della normativa europea sulla libera circolazione, come interpretata dalla Corte di Giustizia europea (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2005/aprile/sent-corte-giust-c-215-03.pdf).
L'ingresso della Romania nel sistema Schengen lascera' sostanzialmente inalterato questo quadro: verranno meno anche i controlli alle attuali frontiere esterne (es.: la frontiera tra Romania e Ungheria), ma i rumeni che dovessero attraversarle privi del documento di identita' potranno essere allontanati, una volta arrivati in Italia, come lo sono oggi.
2) I cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea sono allontanabili, gia' oggi, sia quando rappresentino una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o la sicurezza pubblica, sia quando non soddisfino i requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi. Quest'ultima forma di allontanamento e' disciplinata, in Italia, dall'art. 21 D. Lgs. 30/2007.
3) L'art. 21 appena citato stabilisce che alla persona da allontanare per mancanza dei requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi sia assegnato un termine per lasciare l'Italia. Lo stesso articolo punisce con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a 2.000 euro la persona intimata che sia ritrovata in Italia, dopo la scadenza del termine, a meno che non abbia provveduto a presentarsi ad un consolato italiano all'estero (il che dimostrerebbe che l'allontanamento ha avuto luogo). Non e' vero quindi che non siano previste sanzioni per chi non rispetti l'ordine di allontanamento.
4) Maroni puo' obiettare che questa procedura non prevede, per il comunitario privo dei requisiti per il soggiorno, possibilita' di rimpatrio coattivo, ne' divieto di reingresso. In questo ha ragione; ma e' il principio di libera circolazione intra-europea a imporre queste limitazioni. E questo principio e' uno dei cardini dell'Unione europea. Ad esso, la nostra normativa nazionale deve uniformarsi in base all'art. 117 della Costituzione.
5) Se le persone che Maroni non riesce ad allontanare fossero pericolose per la sicurezza pubblica, potrebbero essere adottate misure coercitive. Se non sono pericolose, non si vede perche' il Ministro dell'interno consideri la presenza di duecentoventisette poveracci non pericolosi argomento di interesse prioritario.
6) La ratio della disposizione che prevede che i cittadini comunitari, per poter soggiornare per piu' di tre mesi consecutivi in uno Stato membro diverso da quello d'appartenenza, debbano soddisfare certi requisiti di natura economica sta nell'esigenza di evitare che la presenza di persone prive di sufficiente forza economica gravino in modo eccessivo sulle strutture assistenziali pubbliche. In una sotuazione, come la nostra, in cui tipicamente persone in queste condizioni non ricevono alcun tipo di assistenza, quell'esigenza e' sensibilmente indebolita. In altri termini: se lascio che si arrangino per campare (in modo lecito), senza occuparmi di soccorrerli, perche' mi agito tanto per rimandarli in patria? Mi da' fastidio che campino?
7) La difficolta' nell'allontanare cittadini comunitari per il semplice fatto che non soddisfino i requisiti per il soggiorno prolungato e' rappresentata, piu' che dalle modalita' di attuazione del provvedimento (coercitive o meno), dall'onere della prova del fatto che il soggiorno del cittadino abbia superato la durata di tre mesi. Ogni nuova uscita dal territorio italiano, con successivo reingresso, fa scattare una nuova franchigia di tre mesi.
Il Governo Prodi, sull'onda delle pressioni veltroniane di cui dicevo nell'ultimo messaggio, aveva tentato, in modo piuttosto maldestro, di risolvere la questione aggiungendo il comma 5-bis all'articolo 5 D. Lgs. 30/2007:
"In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare puo' presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi."
Se non che, il decreto del Ministro dell'interno che avrebbe dovuto disciplinare le modalita' di dichiarazione della presenza non e' mai stato adottato (neanche da Maroni, che e' in carica da oltre due anni). La cosa non e' frutto di dimenticanza, ma del fatto che quel decreto averebbe dovuto concedere un lasso di tempo utile al cittadino comunitario per effettuare la dichiarazione (il turista straniero ha otto giorni di tempo per provvedere, e non si puo' trattare un cittadino comunitario peggio di uno straniero: a tutto c'e' un limite...).
Immaginate, allora, che il decreto sia stato adottato e che conceda, appunto, otto giorni di tempo dall'ingresso per l'adempimento relativo alla dichiarazione. Immaginate anche che un poliziotto si imbatta in un comunitario spiantato e che gli chieda se abbia effettuato la dichiarazione di presenza. Il comunitario spiantato biascichera' (se anche alcolizzato) che no, non l'ha effettuata. Il poliziotto, forte del comma 5-bis, gli contestera' allora di aver sforato il termine dei tre mesi, aggiungendo che, ove abbia invece prove che non sia cosi', e' quello il momento di produrle, che' altrimenti scattera' l'allontanamento. Il comunitario spiantato, che e' alcolizzato, ma non idiota, ribattera' che no, non ha alcuna prova di essere entrato solo tre giorni fa; ma che, essendo entrato proprio tre giorni fa, non e' ancora scaduto il termine per presentare la dichiarazione e l'onere della prova non grava ancora sulle sue deboli spalle. Aggiungera' che intende proprio recarsi al commissariato di zona in mattinata, per provvedere con congruo anticipo rispetto alla scadenza del termine; e cosi' fara', se il signor poliziotto sara' cosi' gentile da smetterla di fargli perdere ulteriormente tempo ed energie preziose.
Poco potra' fare il poliziotto, se non chiedere al questore di predisporre, per i successivi tre mesi, tre turni giornalieri di otto ore ciascuna, per provare che il comunitario spiantato non abbia mai lasciato l'Italia. La risposta del questore la lascio alla vostra immaginazione.
Cordiali saluti
sergio briguglio
1 commento:
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