25 maggio 2009
lettera aperta sull'allontanamento dei comunitari
sottopongo alla Vostra attenzione alcune considerazioni sulla disposizione, contenuta nel pacchetto sicurezza, che sanziona con l'arresto da uno a sei mesi e l'ammenda da 200 a 2000 euro il cittadino comunitario che non rispetti l'obbligo di consegnare al consolato italiano l'attestazione di ottemperanza all'allontanamento.
Mi sembra che una disposizione di questo genere non sia compatibile con la Direttiva 38/2004. La direttiva, infatti, stabilisce (art. 15, co. 3) che non puo' essere vietato il reingresso a seguito di un allontanamento legato alla mancanza dei requisiti previsti per il diritto di soggiorno.
Il reingresso rimane quindi regolato dalle disposizioni ordinarie e non puo' essere condizionato all'adempimento di oneri da parte del comunitario diversi da quelli imposti a qualunque altro cittadino comunitario che entri per la prima volta in Italia.
Meno che mai, allora, potra' essere gravato da un obbligo, come quello configurato dalla disposizione del pacchetto sicurezza.
Per di piu', tale obbligo, costringendo l'interessato a recarsi nel proprio paese, limiterebbe il suo diritto di recarsi direttamente in altro Stato membro e violerebbe l'art. 4, co. 1 della Direttiva 38/2004:
"1. Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, ogni cittadino dell'Unione munito di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validita' e i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e muniti di passaporto in corso di validita' hanno il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro."
E' vero che lo Stato italiano puo', in base all'art. 36 della Direttiva, determinare sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni adottate in base alla direttiva stessa. Ma valgono le due considerazioni che seguono:
1) non puo' che spettare allo Stato stesso la dimostrazione che la violazione ha avuto luogo. E la mancata ottemperanza all'obbligo di consegna dell'attestazione non puo' evidentemente essere fatta valere come prova di mancata ottemperanza all'allontanamento, a meno di non invertire illegittimamente l'onere della prova;
2) l'imposizione di un obbligo al comunitario allontanato per mancanza dei requisiti si configura di per se' come sanzione (dal momento che limita il suo diritto a circolare immediatamente e liberamente negli altri Stati membri), e tale sanzione e' di fatto irrogata senza che vi sia stata alcuna violazione delle disposizioni nazionali. La mancanza di requisiti per il soggiorno di lunga durata non costituisce infatti violazione delle disposizioni, ma solo motivo per l'adozione di un provvedimento di allontanamento.
Infine, riguardo all'efficacia della disposizione in esame, occorre tener presente un aspetto non trascurabile. E' vero che essa ostacolerebbe il cittadino comunitario che, a seguito di un allontanamento, intenda restare sul territorio. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, non risolverebbe affatto il problema di come adottare, a carico di un comunitario privo di requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi, il primo provvedimento di allontanamento. A fronte di qualunque controllo sul possesso dei requisiti, il comunitario potra' sempre affermare di essere appena entrato in Italia o, per controlli successivi al primo, di essere uscito e rientrato successivamente al controllo precedente. Spettera' all'Amministrazione provare il contrario, dato che nessun soccorso viene, in questo caso, dalla disposizione del pacchetto sicurezza. In mancanza di tale prova, il comunitario potra' far valere, con giusta alterigia, il diritto sancito dall'art. 6, co. 1 della Direttiva:
"1. I cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalita', salvo il possesso di una carta d'identita' o di un passaporto in corso di validita'."
E tale diritto vale (art. 14, co. 1 della Direttiva) finche' il cittadino comunitario non diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato. Vale quindi in tutti i casi in cui il sistema di assistenza sociale non si sia affatto attivato a beneficio dell'interessato.
Benche' sia comprensibilissima la preoccupazione di dare sostanza alla facolta' dello Stato di allontanare un cittadino comunitario che non abbia i requisiti previsti, credo si debba accettare il fatto che le disposizioni in materia di limitazione del diritto di soggiorno per ragioni diverse da ordine pubblico e sicurezza sono assolutamente inefficaci ad impedire tale soggiorno. Restano efficaci ai soli fini dell'esclusione del cittadino comunitario dal godimento di diritti correlati (ad esempio, riguardo all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente).
Si tratta allora di una battaglia irrimediabilmente persa? Credo proprio di si', sempre che abbia senso combattere di queste battaglie. La situazione e' simile a quella di un parroco che non sopporti che un mendicante chieda l'elemosina in chiesa, disturbando i fedeli intenti a pregare. Il parroco in questione non puo' fare altro che frapporsi tra il mendicante e la persona cui viene chiesta l'elemosina ogni volta che questo avviene. Ma non puo' mettere fuori dalla chiesa il mendicante. Per due ragioni. Una - che qui non rileva - di carattere sostanziale: Matteo 25, 31-46. L'altra, di carattere formale: il mendicante potrebbe dirsi contrito per aver disobbedito agli ordini del parroco ed esigere il proprio diritto di pregare per ottenere il perdono divino.
Cordiali saluti
sergio briguglio
sull'articolo di Amato e D'Alema
in un articolo apparso sul Corriere della Sera di sabato scorso, Amato e D'Alema delineano quella che ritengono una strategia adeguata a governare il fenomeno dell'immigrazione in Italia.
L'articolo puo' apparire una boccata d'ossigeno ovvero di ossido di carbonio, a seconda che se ne confrontino i contenuti con le tesi sostenute (e votate) in questi ultimi tempi dalla maggioranza di governo o, rispettivamente, con quelle che sarebbe lecito aspettarsi da due tra gli esponenti piu' intelligenti del centrosinistra.
Dopo aver rimproverato - giustamente - ai politici di centrodestra di esasperare le paure della gente, cosi' producendo un nemico (l'immigrato) ma non risolvendo alcun problema, gli autori denunciano come insufficiente a governare i flussi la logica repressiva e additano come modello di un approccio complessivo il disegno di legge Amato-Ferrero predisposto dal Governo Prodi durante la scorsa legislatura, ma morto con essa. Fin qui, nulla da obiettare.
Il seguito dell'articolo - tre quinti abbondanti - e' dedicato ad elencare i successi raggiunti, nel campo, da quel governo. E qui, seppellendo nell'oblio tutte le misure intelligenti adottate nella linea dell'approccio complessivo (es.: decreti legislativi 30/2007, 251/2007 e 25/2008 di recepimento di altrettante direttive europee, decreto-flussi bis nel 2006 con 350.000 domande giacenti recepite senza contorcimenti burocratici, direttiva Mininterno 5/8/2006 per la tutela dei diritti dello straniero nelle more del rinnovo del permesso, circolare Minsalute 19/2/2008 per l'assistenza sanitaria dei cittadini comunitari sprovvisti di copertura assicurativa, circolare Mininterno 28/3/2008 per il rinnovo del permesso ai figli ultra-18-enni e la conversione di quello dei minori non accompagnati, etc.), i nostri dedicano tutto lo sforzo di memoria... alle misure repressive. Con cio' lasciando credere al profano che la linea seguita dall'attuale maggioranza non e' radicalmente errata, ma, al piu', bisognosa di qualche correzione.
In sintesi, Amato e D'Alema rivendicano come successi l'alto numero di accordi di riammissione firmati con i principali paesi di provenienza dei flussi migratori, le azioni di contrasto nei confronti dei trafficanti, il Trattato con la Libia con le sue disposizioni per un pattugliamento delle coste libiche mirato a contrastare la partenza di natanti verso l'Italia; perche' il lettore abbia modo di cogliere la differenza tra quesa politica e quella attuale, gli autori chiariscono, pero', che l'accordo con la Libia non prevede che siano rinviati in Libia gli immigrati soccorsi dall'Italia nelle acque internazionali.
L'articolo si conclude con l'invito a rinegoziare e rafforzare gli accordi di riammissione che si rivelino datati e con l'elencazione di alcune misure che di questi accordi devono diventare parte integrante: aiuti per lo sviluppo economico, definizione di quote concordate di ingressi per lavoro, azioni congiunte contro criminalita' e sfruttamento, rimpatrio degli overstayers (quanti, entrati legalmente, prolungano illegalmente la loro permanenza in Italia oltre i termini consentiti).
Viviamo in un paese allo sbando, governato da una maggioranza per molti aspetti indecente. E sarei felice se Berlusconi fosse rimpiazzato da un babbuino di media intelligenza o, in mancanza, da Rutelli. Non essendovi, pero', alcuna speranza, a breve, di assistere a un tale avvicendamento, mi permetto di sognare che il centrosinistra usi il tempo della sconfitta per elaborare posizioni un po' piu' solide in materia di immigrazione. Richiamo a questo scopo, nel seguito, alcuni punti di rilievo.
1) A fronte del ritmo di creazione di nuovi overstayers (verosimilmente quantificabile in cento-duecentomila persone per anno), il flusso di stranieri che, sbarcati sulle coste, non risultano meritevoli di protezione internazionale e che devono, quindi, essere rimpatriati, e' trascurabile (dieci-ventimila unita' per anno). Oggi, l'immigrato illegalmente soggiornante da cui l'elettore della Lega vorrebbe liberare l'Italia e' nella stragrande maggioranza dei casi un overstayer. Preoccuparsi degli sbarchi e' cosa legittima; ma e' priva di razionalita' se non ci si pone prima, da un punto di vista logico, il problema dell'overstaying.
2) Qual e' il motivo per cui si produce l'overstaying? Dal 1986, la legge italiana pretende, per l'ingresso di un lavoratore straniero, una chiamata a distanza (datore di lavoro residente in Italia, lavoratore straniero residente all'estero). Dato che nessuno si azzarderebbe ad assumere al buio uno straniero mai incontrato prima, l'unico modo per far si' che questa chiamata abbia luogo e' rappresentato, in pratica, da un ingresso dello straniero in cerca di lavoro. Dato che la cosa non e' consentita dalla legge, lo straniero maschera tale ricerca da soggiorno per turismo. Instaurato il rapporto di lavoro (in nero), resta sommerso in una condizione di soggiorno illegale (overstaying). Ne emerge solo a seguito di sanatorie o di un uso improprio delle chiamate nell'ambito della quota fissata dal decreto-flussi (chiamate effettuate come se lo straniero fosse ancora all'estero e seguite da rimpatrio e reingresso - questa volta, per lavoro - dello straniero stesso).
3) L'overstaying e' un male? Se guardiamo al risultato finale, nei casi (numerosi) in cui l'avventura si conclude con il rilascio di un permesso di soggiorno (a valle di sanatoria o di chiamata entro-quota), certamente no. Se consideriamo i costi del periodo trascorso nell'illegalita' (sfruttamento, compressione di diritti fondamentali, separazione tra straniero e istituzioni dello Stato, concorrenza sleale nei confronti del disoccupato italiano, etc.), certamente si'.
4) Si puo' fare a meno dell'overstaying? Con le leggi vigenti, no: non avremmo piu' immigrazione per lavoro. I lavori che gli italiani non sono piu' disposti a fare dovremmo allora farli fare ai leghisti. E voi ve lo mettereste in casa un leghista?
Si puo' pero' modificare la legge (e su questo auspico una riflessione, per il futuro, di Amato e D'Alema). Oggi, uno degli slogan piu' in voga, tra i politici desiderosi di scansare l'accusa di xenofobia, suona cosi': "l'immigrazione legale e' benvenuta". Affermazione nobile - certo -, ma, se e' vero quanto affermato nel punto 2, concretamente orba di soggetto. Si tratta, in un'ottica di riforma, di capovolgerla col coraggio dell'intelligenza: "l'immigrazione benvenuta e' legale".
5) Che cosa si intende per immigrazione benvenuta? Questo, in democrazia, puo' dirlo solo la politica (ossia l'arte di governare la societa'). Osservo pero' come tanto il Governo Prodi (DPCM 25/10/2006) quanto il Governo Berlusconi (DPCM 3/12/2008) hanno deciso di accogliere tutte le domande di assunzione presentate in eccesso rispetto alla quota fissata con i decreti di programmazione dei flussi immediatamente precedenti (nessun dubbio essendovi, per altro, che si trattasse di domande relative ad overstayers). Ne deduco che sul fatto che il lavoratore straniero che abbia trovato occupazione nel nostro paese debba essere considerato benvenuto vi sia, tra i nostri politici, un consenso bulgaro.
6) Come si puo' trasformare in legge lo slogan capovolto? In questi anni ho proposto tre vie (non necessariamente alternative):
a) la via di minimo sforzo: consentire, a legislazione invariata, la presentazione delle domande di assunzione da parte dei datori di lavoro in qualunque momento dell'anno (e non solo a partire dal clik day) e utilizzare il dato sulle domande giacenti come elemento primo per la definizione della quota da ammettere col decreto-flussi;
b) la via intermedia: consentire il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro al "turista" straniero che (avendo depositato in ingresso impronte digitali, copia del passaporto e mezzi idonei a coprire il viaggio di ritorno) dimostri di aver trovato occupazione in Italia;
c) la via strutturale: istituire la possibilita' di ingresso per ricerca di lavoro, a condizioni simili a quelle previste per l'ingresso per turismo, ma con possibilita' di dar luogo a soggiorni di durata maggiore (in presenza di mezzi di sostentamento adeguati).
La proposta a) manterrebbe in piedi il fenomeno dell'overstaying, ma ne minimizzerebbe la durata e i costi.
La proposta b) corrisponde probabilmente al quadro che la gente comune immagina sia in vigore in Italia. Mi e' successo molte volte, discutendo con elettori di destra sull'argomento, di arrivare al punto in cui scoprono che la legge italiana non contempla la possibilita' di trasformare un soggiorno per turismo in uno per lavoro; ti chiedono: "ma ne sei sicuro?", con l'espressione di chi intende: "non ti sarai dato all'alcol, vero?"
La proposta c) somiglia molto alla b). E', di quella, piu' adatta ad una sperimentazione: si puo' dimensionare il flusso in ingresso sia con l'imposizione di tetti numerici, sia con la definizione di opportuni requisiti (ad esempio, in relazione alla disponibilita' di mezzi). Paradossalmente, pur essendo la soluzione piu' idonea a mantenere il controllo del fenomeno in mano allo Stato, e' quella piu' difficile da spiegare all'elettorato. Ma compito dei politici seri e' proprio quello di capire e spiegare.
7) Immaginiamo ora di aver reso inutile l'overstaying e di doverci concentrare sul residuo flusso di immigrazione illegale associato agli sbarchi. Qual e' l'atteggiamento giusto nei confronti di chi tenta di arrivare sulle nostre coste?
Non ho dubbi sul fatto che le norme del diritto della navigazione vadano rispettate, in tutte le situazioni in cui sia in pericolo la vita umana, a prescindere da chi sia il navigante. Ho dei dubbi, invece, sul fatto che vi sia una gran differenza tra l'applicazione del Trattato con la Libia alla maniera del centrodestra (riportare i migranti in Libia) e quella alla maniera del centrosinistra (pattugliare le coste libiche perche' i barconi neanche partano). Cerco di spiegare perche'.
8) La normativa italiana accorda protezione dello straniero sotto condizioni molto ampie:
- lo status di rifugiato e' riconosciuto, ai sensi della Convenzione di Ginevra, allo straniero che abbia un timore fondato di essere (personalmente) perseguitato, in patria, per motivi di razza, religione, nazionalita', appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica;
- la protezione sussidiaria e' accordata a chi, non potendo essere riconosciuto come rifugiato, rischi di subire, in patria, un "danno grave" (condanna a morte, tortura o altro trattamento inumano o degradante, pericolo grave derivante alla persona di un civile dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale);
- il diritto di asilo ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione e' riconosciuto allo straniero al quale sia impedito nel proprio paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione italiana;
- la protezione umanitaria e' accordata allo straniero che, non avendo diritto ad una delle forme precedenti, non possa tuttavia essere rimpatriato per "gravi motivi umanitari" (la cui individuazione e' lasciata alla Commissione territoriale per l'asilo e al questore).
9) Si potrebbe concludere, dal punto 8, che l'Italia si disponga ad accogliere molti milioni di stranieri: potenzialmente, tutti coloro che, nel mondo, vedono la loro vita o la loro liberta' messa in pericolo dalla mancanza di pace o, piu' semplicemente, di democrazia.
In realta', benche' alcune delle forme di protezione citate siano in vigore da diversi decenni e le piu' recenti (sia pure con nomi diversi) da quasi sette anni anni, in Italia ottengono protezione poche migliaia di persone per anno. La ragione sta nel fatto che la normativa italiana accorda protezione, nelle condizioni dette, solo allo straniero che sia gia' sul territorio dello Stato.
10) Raggiungere il territorio italiano in modo ordinario e', per lo straniero che si trovi in una delle condizioni che lo renderebbero titolare del diritto alla protezione, estremamente difficile. Prendere un aereo per l'Italia (ammesso che vi siano voli di collegamento) e' quasi impossibile se e' in atto una guerra o una guerra civile. Ma e' altrettanto difficile, anche in mancanza di una situazione di violenza generalizzata, per lo straniero che sia vittima di persecuzione o di grave compressione dei diritti. In questi casi, infatti, e' assai improbabile che lo straniero sia in possesso di un passaporto. E le compagnie aeree non ammettono a bordo una persona priva di passaporto valido. Il motivo e' che una tale persona corre un forte rischio di essere respinto alla frontiera del paese d'arrivo (in particolare, alla frontiera italiana). E la compagnia aerea subisce sanzioni per aver imbarcato uno straniero che debba essere respinto (oltre a doverlo riprendere a bordo per il volo di rimpatrio). E' vero che la legge italiana prevede che non si applichino tali sanzioni quando lo straniero chieda protezione internazionale. Ma nulla assicura, al momento dell'imbarco, che lo straniero effettivamente chiedera' protezione; nel dubbio, la compagnia aerea lascia a terra lo straniero privo di pasaporto valido.
11) In questa situazione, allo straniero in fuga dalla violenza o dalla persecuzione non resta che affidarsi ai trafficanti, per attraversare deserti e mari. I trafficanti ovviemente agiscono per interesse proprio e, quando trattano la vita delle persone come se fosse una semplice zavorra, sono dei criminali. Ma, se non fosse per questi eccessi, dovrebero essere insigniti del Premio Nansen (assegnato ogni anno dall'UNHCR), dato che, senza il loro apporto, in Europa non sapremmo neanche come sia fatto un rifugiato.
12) Effetto complessivo delle norme (generose) che definiscono il diritto alla protezione e di quelle (tirchie) che determinano la possibilita' di accedere alla richiesta di protezione e' che lo Stato italiano, rispetto ai danni che gli individui patiscono per guerre e dittature, e' stato, fino a qualche tempo fa, alla finestra: "se non riesci a fuggire o ad arrivare in prossimita' delle nostre coste, affar tuo; se pero' riesci ad arrivare, esamino con una discreta cura la tua richiesta di protezione e la accolgo con una certa larghezza di vedute". La novita' introdotta con il Trattato italo-libico modifica questo atteggiamento passivo, aggiungendo alle barriere di carattere fisico (deserti e mari) quelle, difficilmente sormontabili, costituite dal pattugliamento (centrosinistra) o dal respingimento in mare (centrodestra).
13) Se su questa linea lo Stato italiano insistera', le norme generose sulla protezione manterranno un carattere puramente simbolico, dato che l'impossibilita' di arrivare a presentare una richiesta di protezione le lascera' senza un bacino di utenza. Almeno fino a quando i potenziali richiedenti non troveranno altri percorsi efficaci per giungere in Italia.
14) Naturalmente, l'Italia potrebbe affermare: "intendo mantenere effettivo il livello di protezione, ma voglio separare il flusso di persone meritevoli di protezione da quanti alla protezione non hanno diritto". In teoria, si puo' ottenere questo risultato consentendo ai potenziali destinatari di protezione di chiederla quando ancora si trovano lontani dal territorio italiano e provvedendo al trasporto in Italia (senza ricorso a trafficanti) dei soli che a quella protezione hanno diritto.
15) Una possibile soluzione e' che la domanda sia presentata gia' nel paese di provenienza. I potenziali richiedenti, in un paese devastato dalla guerra o dalla guerra civile o piegato dalla dittatura sarebbero pero' - questa volta si' - milioni, non essendoci piu' il filtro costituito dalle difficolta' del viaggio. A fronte di un afflusso massiccio di domande di protezione, Costituzione e leggi generose verrebbero immediatamente riformate in modo da restringere drasticamente le condizioni soggettive per il godimento del diritto alla protezione. Una cosa del genere avvenne in Germania (che aveva una costituzione particolarmente aperta in materia di asilo) a seguito della presentazione di 500.000 richieste di protezione in un solo anno durante la guerra nella ex Jugoslavia. In pochissimo tempo, la situazione attuale si ribalterebbe: norme generose sull'accesso alla richiesta, ma estremamente tirchie rispetto alla concessione della protezione.
16) L'altra soluzione e' di carattere intermedio tra quella odierna (richiesta in Italia) e quella del punto 15: lasciare che i potenziali richiedenti affrontino una parte rilevante delle avversita' selettive (per esempio, attraversando il deserto) e siano ammessi a presentare richiesta di protezione - in Libia, per esempio - prima di imbarcarsi per l'ultima tappa.
A me sembra che questa soluzione - cara a molti politici, oggi - a fronte di qualche pregio (se adottata effettivamente, ridurrebbe, per definizione, il numero di morti in mare) presenti vari difetti gravi:
a) continuerebbe ad essere importantissimo il ruolo dei trafficanti, che dovrebbero provvedere all'organizzazione del viaggio fino alla Libia (es.: attraversamento del deserto);
b) un'applicazione certa del diritto - gia' difficile in Italia - sarebbe pressoche' impossibile in Libia: chi darebbe assistenza legale al richiedente? davanti a quale giudice potrebbe presentare ricorso contro una decisione (amministrativa) di diniego della protezione?
c) non ci sarebbe modo, in pratica, di ottenere dalla Libia garanzie in relazione al rispetto dei diritti di coloro ai quali la protezione dovesse essere negata.
Lo Stato italiano potrebbe obiettare che il punto c) non e' di sua competenza, non spettandogli l'onere di tutelare persone che non hanno alcun titolo per essere ammessi sul proprio territorio. Ma, allora, il punto b) diventerebbe un punto essenziale: uno screening superficiale delle richieste di protezione farebbe passare, in modo casuale, da una tutela dei diriti degna della migliore tradizione europea a una violazione degli stessi diritti degna del Colonnello Gheddafi.
17) Cosa fare, in definitiva, rispetto agli sbarchi? Finche' le cifre restano quelle attuali (poche decine di migliaia di persone sbarcate, di cui quasi meta' riconosciute meritevoli di protezione), forse conviene accettarli come fisiologici e lasciare invariato il sistema di accesso alla procedura: richieste presentate in Italia, senza che siano introdotti sbarramenti ulteriori, oltre a quelli oggettivamente esistenti, sulla strada dei profughi.
Quanto a coloro ai quali la protezione deve essere negata, si potrebbero utilizzare forme di incentivo al rimpatrio o, meglio ancora, inserirli in percorsi di soggiorno legale. Un esempio: dal 2006 vengono ammessi in Italia 10.000 stranieri all'anno per partecipare a corsi di formazione professionale o a tirocini di orientamento; non sarebbe impensabile incanalare la porzione che oggi si cerca di respingere in corsi di questo genere, finalizzati ad un successivo inserimento legale nel mercato del lavoro.
Si puo' obiettare: ma cosi' si premia l'illegalita' e si incentivano le partenze dai paesi dell'Africa subsahariana. Risposta: e' vero, ma forse rimandare indietro gente che ha saputo affrontare difficolta' a fronte delle quali ciascuno di noi soccomberebbe in pochissimo tempo e' - oltre che una crudelta' - uno spreco enorme di risorse umane.
Cordiali saluti
sergio briguglio
18 maggio 2009
All'attenzione della Commissione
appendo qui sotto il testo di una messaggio che ho inviato alla Commissione UE, segnalando la possibile incompatibilita' col diritto comunitario delle disposizioni, contenute nel ddl sicurezza, che impediscono allo straniero irregolarmente soggiornante la celebrazione del matrimonio in Italia.
Vi saro' grato se mi farete avere osservazioni.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Desidero portare all'attenzione della Commissione due disposizioni del disegno di legge in materia di sicurezza pubblica appena approvato dalla Camera dei deputati (A.C. 2180) e trasmesso al Senato per l'approvazione defintiva (A.S. 733-B, in allegato).
Le due disposizioni (art. 1, comma 15, e art. 1, comma 22, lettera g) sono entrambe idonee ad impedire la celebrazione in Italia del matrimonio nei casi in cui almeno uno dei nubendi sia uno straniero in condizioni di soggiorno irregolare.
La prima recita:
"15. All'articolo 116, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»."
Il testo dell'art. 116, comma 1, del Codice civile risulta, allora, cosi' modificato:
"Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.
..."
La seconda recita:
22. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
...
g) all'articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «, per quelli inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;
...
L'art. 6, co. 2 del Testo unico sull'immigrazione (D. Lgs. 286/1998), che oggi e' nella forma
"2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati."
diventerebbe
"2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati."
Risulterebbe quindi condizionato alla esibizione del titolo di soggiorno valido il perfezionamento degli atti di stato civile, tra i quali gli atti di matrimonio.
A mio parere, queste disposizioni, impedendo allo straniero irregolarmente soggiornante di sposarsi in territorio italiano, sono in conflitto con il diritto comunitario quando l'altro nubendo sia un cittadino dell'Unione europea che eserciti il diritto alla libera circolazione o uno straniero che abbia ottenuto protezione internazionale. Il fatto che il nubendo, straniero in condizioni di soggiorno irregolare, possa subire per questa semplice condizione (in assenza, quindi, di minacce per l'ordine o la sicurezza), un provvedimento di espulsione viola infatti, in modo indiretto ma grave, le disposizioni relative al diritto di soggiorno del familiare straniero del cittadino dell'Unione europea (interpretate alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia) e quelle relative alla tutela dell'unita' familiare dello straniero destinatario di protezione internazionale.
Si potrebbe obiettare che, essendo impossibile la celebrazione del matrimonio e, quindi, la costituzione del legame familiare, non sussiste in radice la possibilita' di violare diritti relativi a familiari di tali soggetti. Mi sembra che questa tesi possa essere confutata con il ragionamento che segue.
Immaginiamo che la normativa oggi vigente in Italia venisse modificata, diversamente da come si propone col Disegno di legge in questione, condizionando il diritto di soggiorno del coniuge di cittadino dell'Unione europea e la tutela dell'unita' familiare dello straniero destinatario di protezione internazionale al fatto che il matrimonio tra tali soggetti e il rispettivo coniuge straniero sia stato celebrato prima dell'ingresso in Italia o, se in Italia, in una situazione di soggiorno regolare del coniuge straniero. Una tale modifica sarebbe senz'altro meno vessatoria, nei confronti del nubendo comunitario o destinatario di protezione, di quella contenuta nel Disegno di legge; permetterebbe, infatti, la celebrazione del matrimonio, lasciando invece inalterata la condizione di espellibilita' del coniuge straniero.
Una tale modifica verrebbe tuttavia giudicata incompatibile col diritto comunitario alla luce di Sent. Corte Giust. C-127/08 (*) e Ord. Corte Giust. C-155/07 (**) (se il coniuge e' cittadino dell'Unione europea titolare di diritto di soggiorno) o di art. 23, co. 1 Direttiva 2004/83/CE (se il coniuge e' straniero titolare del diritto alla protezione internazionale).
Se, allora, una disposizione che consenta al cittadino dell'Unione europea o al destinatario di protezione internazionale di celebrare il matrimonio in Italia con straniero illegalmente soggiornante e' in contrasto con il diritto comunitario, non garantendo a tale straniero il diritto o la possibilita' di soggiornare in Italia, a maggior ragione lo sara' una disposizione che, piu' radicalmente, impedisca la celebrazione stessa del matrimonio. A meno di non voler considerare il diritto comunitario come un insieme di disposizioni di carattere meramente formale, che possono essere eluse dagli Stati membri con escamotages legislativi: nella fattispecie, la normativa italiana derivante dall'approvazione del Disegno di legge, riconoscerebbe il diritto (o la facolta') di soggiorno al coniuge straniero del cittadino comunitario o del destinatario di protezione, precludendo pero' al nubendo irregolarmente soggiornante la possibilita' di costituire la condizione soggettiva (il matrimonio) che da' luogo a tale riconoscimento.
Resto a disposizione per ulteriori approfondimenti.
Cordiali saluti
sergio briguglio
(*) Sent. C-127/08:
1) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, osta alla normativa di uno Stato membro la quale impone al cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell'Unione che soggiorna in questo Stato membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, per poter beneficiare delle disposizioni della detta direttiva.
2) L'art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dev'essere interpretato nel senso che il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell'Unione che soggiorna in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino dell'Unione, gode delle disposizioni della detta direttiva, a prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante.
(**) Ord. C-155/07:
1) Gli artt. 3, n. 1, 6, n. 2, e 7, nn. 1, lett. d), e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, devono essere interpretati nel senso che comprendono anche i familiari che siano giunti nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino dell'Unione e abbiano acquisito la qualità di suoi familiari ovvero abbiano intrapreso con tale cittadino una comunione di vita soltanto dopo il loro ingresso in detto Stato. È irrilevante, a tale riguardo, che al momento dell'acquisizione della qualità di familiare ovvero della costituzione della comunione di vita un tale familiare soggiorni provvisoriamente nello Stato membro ospitante in base alla legislazione di tale Stato in materia di asilo.
...
(***) Art. 23, co. 1 Direttiva 2004/83/CE
1. Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l'unità del nucleo familiare.
15 maggio 2009
sul reato di ingresso e soggiorno illegale
vi propongo una breve considerazione sulle conseguenze
dell'introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale in
Italia. E' in gran parte frutto di osservazioni di Simona Moscarelli,
che ringrazio.
Il nuovo art. 10-bis introdotto nel D. Lgs. 286/1998 da art. 1, co.
16 A.C. 2180 (nel testo approvato dalla Camera) prevede che si
proceda anche contro lo straniero che deve essere respinto, ai sensi
di art. 10, co. 2 dello stesso D. Lgs. 286/1998, per aver fatto
ingresso in elusione dei controlli di frontiera ed essere stato
fermato in prossimita' di tale ingresso.
Ovviamente, competente per l'accertamento del reato e' l'autorita'
giudiziaria del luogo in cui viene commesso.
Nel caso in cui, a dispetto degli auspici del Governo e dei
provvedimenti di "respingimento in mare" da esso adottati, dovessero
proseguire a un ritmo intenso gli sbarchi a Lampedusa, il
procedimento penale dovrebbe essere aperto - credo - dalla Procura
di Agrigento.
Il fatto che venga avviato il procedimento penale non blocca il
provvedimento amministrativo di respingimento. Anzi, qualora il
questore riesca ad adottarlo, da' comunicazione al giudice (di pace)
competente per il procedimento penale avviato, e questi pronuncia
sentenza di non luogo a procedere.
Il procedimento penale va invece avanti nel caso in cui non si riesca
a respingere effettivamente lo straniero, ma lo si debba trattenere
in CIE, in attesa di effettuarne l'allontanamento. Va avanti,
altresi', nel caso in cui lo straniero debba essere dimesso dal CIE
per scadenza dei termini (o non possa esservi trattenuto per mancanza
di posto): l'ordine del questore di allontanarsi entro 5 giorni - in
altri termini - non e' assimilabile all'esecuzione del respingimento.
Non ho cognizione esatta della percentuale di stranieri sbarcati a
Lampedusa per i quali il respingimento sia stato eseguito in tempi
brevi, ne' di quella degli stranieri per i quali il questore abbia
emanato l'ordine di allontanamento entro 5 giorni. Immagino, pero',
che quest'ultima sia molto piu' alta della prima, che', altrimenti,
non si vedrebbe la necessita' di adottare i respingimenti in mare (i
non meritevoli di protezione risulterebbero respinti senza
difficolta').
Se questa e' la situazione, e se gli sbarchi proseguiranno in
quantita' rilevante, la Procura di Agrigento sara' travolta da un
carico di lavoro enorme. Il carico di lavoro sarebbe comunque grande
(per il semplice avvio del procedimento) anche se i procedimenti
penali fossero tutti interrotti da sentenza di non luogo a procedere
per avvenuto respingimento (sempre che gli sbarchi proseguano).
Provate allora a rispondere a questo quiz: quale dei seguenti
organismi ha interesse a che gli sbarchi proseguano numerosi e si
adoperera' con ogni mezzo perche' questo avvenga?
a) la Premiata Forneria Marconi;
b) le Giovani Marmotte di Conegliano Veneto;
c) la Stidda.
Se avete risposto a) o b), datevi da fare: le elezioni europee sono
alle porte e voi siete stati candidati dalla Lega.
Cordiali saluti
sergio briguglio
14 maggio 2009
a.c. 2180: odg
Cari amici,
come certamente sapete, la Camera ha approvato ieri i tre maxi-emendamenti del Governo. Il ddl sicurezza verra' approvato oggi dall'Assemblea e sara' trasmesso al Senato per la seconda lettura.
Nella seduta di ieri, il Governo ha anche formulato il parere sugli ordini del giorno presentati. Riporto qui sotto alcuni di quelli di carattere positivo accettati (a condizione di riformulazione, anch'essa riportata).
Di particolare interesse, l'ordine del giorno 60, relativo a registrazione della nascita e riconoscimento del figlio naturale. Il Governo lo accetta a condizione che il dispositivo assuma la seguente forma (notate che articoli e commi sono stati rinumerati):
"impegna il Governo ad applicare la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), nel senso che essa non fa alcun riferimento alla dichiarazione di nascita del figlio o al riconoscimento dello stesso".
Se alla posizione del Governo seguiranno circolari coerenti, sara' in parte attenuato uno dei pericoli derivanti da questo sciagurato ddl.
Certo, varare una disposizione per poi spiegare che il suo significato non e' quello corrispondente al testo approvato e' cosa che richiede una dose di imbecillita' straordinaria. Ma non sembra che questa maggioranza abbia problemi di approvvigionamento.
Cordiali saluti
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La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
è necessario altresì rilevare che a causa dell'introduzione della fattispecie relativa al reato di immigrazione clandestina - di cui all'articolo 1, comma 16 del provvedimento in esame - in virtù del combinato disposto di cui all'articolo 362 del c.p., ciascun incaricato di pubblico servizio ha l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui ha avuto notizia nell'esercizio a causa delle sue funzioni;
pertanto gli operatori della scuola, in quanto incaricati di pubblico servizio, rischierebbero di incorrere nelle sanzioni di cui all'articolo 362 c.p. qualora omettessero di denunciare la presenza nella scuola di minori immigrati privi di documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
il combinato disposto delle nuove norme introdotte dal provvedimento con le disposizioni già vigenti è fortemente lesivo dell'esercizio del diritto allo studio, costituzionalmente sancito, poiché indurrebbe gli stranieri privi di permesso di soggiorno a non iscrivere i minori - irresponsabili della propria condizione - alla scuola pubblica al fine di non correre il rischio di essere denunciati e conseguentemente rimpatriati nel proprio Paese d'origine,
impegna il Governo
a garantire effettivamente con al massima urgenza e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche il diritto allo studio a tutti i minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori, e altresì a mettere gli operatori della scuola nelle condizioni di svolgere la propria missione educativa senza il rischio di incorrere in sanzioni.
9/2180/7.Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Blasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
Il Governo accetta l'ordine del giorno n. 9/2180-A/7, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a garantire effettivamente, prima delle prossime iscrizioni scolastiche, il diritto allo studio ai minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori».
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La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
la modifica apportata, tuttavia, esclude di fatto le scuole d'infanzia e la scuola secondaria di secondo grado, in quanto non rientranti nelle prestazioni scolastiche obbligatorie;
il diritto all'istruzione, sancito dalla Carta dell'Onu del 1989 e ratificato dall'Italia nel 1991, è un diritto precedente la cittadinanza, riguarda il singolo essere umano, ovvero la persona, il soggetto e il minore in particolare,
impegna il Governo
ad adottare con la massima urgenza, e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative normative al fine di far sì che che la norma citata in premessa includa tutti i percorsi scolastici di ogni ordine e grado.
9/2180/8.Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Coscia n. 9/2180-A/8 a condizione che sia riformulato come segue: nella parte narrativa si elimina il secondo e il terzo capoverso; la parte dispositiva è così riformulata: «impegna il Governo ad adottare, prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative per far sì che la norma citata in premessa includa i percorsi scolastici di ogni ordine e grado».
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La Camera,
premesso che:
la norma che subordina il rilascio del permesso di soggiorno CE al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, deve essere considerata, ad avviso dei presentatori, negativamente; si ritiene quantomeno opportuno fornire agli immigrati strumenti che facilitino l'apprendimento e quindi il superamento dei test,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative volte a reperire risorse necessarie a finanziare in tutto il territorio nazionale corsi di lingua italiana al fine di consentire agli immigrati il superamento dei test necessario al rilascio del permesso di soggiorno.
9/2180/9.Sarubbi, De Torre, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais
Il Governo accetta l'ordine del giorno Sarubbi n. 9/2180-A/9 a condizione che sia riformulato come segue: nella parte narrativa va precisato che il permesso di soggiorno CE riguarda i soggiornanti di lungo periodo; nella parte dispositiva sostituire le parole: «ad adottare le opportune iniziative normative volte a reperire» con le seguenti: «a valutare le opportune iniziative volte a reperire...».
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La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 22, lettera f), del disegno di legge in esame, modificando l'articolo 6 del testo unico sull'immigrazione, impedisce di compiere atti dello stato civile e di accedere ai servizi pubblici agli stranieri che non siano in possesso del titolo di soggiorno. La norma, che tra le sue conseguenze impedisce la registrazione della nascita, si configura come una misura che ostacola la protezione del minore e della maternità. Peraltro la possibilità della donna in gravidanza di ottenere un permesso per cure mediche per il tempo attestato dal certificato sanitario non riconosce espressamente il diritto al riconoscimento e si presta a dubbi interpretativi. In ogni caso, per poter ottenere il permesso, la madre dovrebbe autodenunziarsi al questore del reato di ingresso illegale nello Stato, introdotto dall'articolo 1, comma 16, del disegno di legge in esame. Inoltre, verrebbe poi privato del diritto al riconoscimento del figlio il padre naturale. Ciò nonostante
una simile norma comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (articolo 31, secondo comma, Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (articolo 30, primo comma, Cost.);
la stessa legge «Bossi-Fini» obbliga la Repubblica italiana a garantire allo straniero i diritti fondamentali della persona ed il rispetto delle Convenzioni internazionali;
la norma è invece in contrasto con
il rischio di questa grave violazione dei diritti della persona e del minore è stata evidenziata durante le audizioni da molte associazioni e da documenti dell'associazione nazionale dei magistrati minorili e della famiglia, dall'associazione studi giuridici sull'immigrazione, da «Save the children» e da moltissime associazioni cattoliche come le Acli e la Comunità di S. Egidio, eccetera;
la norma è altresì in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che garantisce il diritto a formare una famiglia come diritto inviolabile di ogni persona;
tale norma non trova corrispondenza in nessuna politica di altri Paesi europei impegnati nella gestione dei flussi migratori, come ad esempio Germania, Francia, Inghilterra e Spagna;
le conseguenze di tale modifica normativa potrebbero essere gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano dichiarati dai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono e così avviati alle procedure di adottabilità; per evitare questo rischio è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino, consegnando i bambini ed i loro genitori alla clandestinità, con conseguente rafforzamento delle organizzazione criminali,
impegna il Governo
ad attivarsi affinché la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), sia interpretata nel senso indicato dal sottosegretario Mantovano il 28 aprile nel corso della seduta congiunta delle Commissioni I e II in sede referente, cioè che la «disposizione in esame ha unicamente lo scopo di evitare che gli stranieri privi del permesso di soggiorno possano ottenere licenze commerciali e atti similari, mentre tutte le altre ipotesi prospettate dall'opposizione sono al di fuori della norma.», a tal fine adottando circolari interpretative da diramare a tutti gli uffici di stato civile in cui si esonera dall'esibizione del permesso di soggiorno per tutti gli atti relativi all'iscrizione della nascita e per la dichiarazione di riconoscimento del figlio, in attuazione dei principi di cui agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.
9/2180/60.Capano, Zampa, De Biasi, Ferranti, Rossomando, Codurelli, Lenzi, Schirru, Concia.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Capano n. 9/2180-A/60, a condizione che, eliminando tutto il resto, venga riformulato sostituendo il dispositivo come segue: impegna il Governo ad applicare la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), nel senso che essa non fa alcun riferimento alla dichiarazione di nascita del figlio o al riconoscimento dello stesso.
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La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
le soluzioni proposte dal disegno di legge in esame appaiono inoltre del tutto inefficaci ed anzi controproducenti, rispetto alla necessità di governare il fenomeno dell'immigrazione, per sua natura estremamente complesso, poiché si tratta unicamente di misure «manifesto», di contenuto prettamente vessatorio, volte unicamente ad impedire ed ostacolare l'inclusione e l'integrazione dello straniero;
in particolare il disegno di legge introduce un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato, il cosiddetto «reato di clandestinità» che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza mai aver disobbedito ad un provvedimento di espulsione;
una volta accomunate tutte le situazioni di soggiorno irregolare, diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differente la badante che lavora onestamente nelle nostre famiglie da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini;
l'introduzione del «reato di clandestinità» produrrà, al contrario, nuova insicurezza per i cittadini: inoltre, lo Stato sarà costretto a celebrare con inutile spesa decine di migliaia di processi che si concluderanno, in caso di condanna, con una sostanziosa pena pecuniaria di fatto inesigibile a carico di persone non abbienti che non di rado sono giunte nel nostro Paese sospinte da necessità gravi, spesso anche a rischio della loro stessa vita;
l'introduzione del reato di soggiorno illegale rende obbligatoria la denuncia da parte di ogni pubblico ufficiale (articolo 361 c.p.) o incaricato di pubblico servizio (articolo 362 c.p.) che venga a conoscenza del reato: avremo dunque intere categorie di «spie» loro malgrado;
l'introduzione del reato di immigrazione clandestina certifica il fallimento del Governo in materia di immigrazione: la cooperazione con i Paesi di provenienza per ridurre in loco i problemi che spingono le persone ad emigrare, una delle soluzioni serie che dovrebbe essere adottata, è resa di fatto impossibile, poiché l' l'Italia ha ridotto i fondi per questa finalità e di fatto non si adopera per la cooperazione,
impegna il Governo
a riferire al Parlamento, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge in esame, sul numero delle denunce effettuate da parte di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, con riferimento anche al personale sanitario e scolastico, in relazione all'introduzione del nuovo reato di immigrazione clandestina, nonché sull'impatto delle suddette norme sull'organizzazione giudiziaria e sull'aumento delle pendenze presso i giudici di pace.
9/2180/65.Rossomando, Ferranti.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rossomando n. 9/2180-A/65, a condizione che venga riformulato modificando integralmente la parte motiva e sostituendo il dispositivo come segue: «impegna il Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, a riferire compiutamente in Parlamento su tutti gli effetti conseguenti all'introduzione nell'ordinamento del reato di ingresso clandestino».
7 maggio 2009
Lettera aperta ai deputati sui maxi-emendamenti al DDL sicurezza
vi giro il testo di una lettera aperta che ho mandato ad un gruppo di deputati.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Egregi Onorevoli,
in attesa di conoscere il testo dei maxi-emendamenti al ddl sicurezza (A.C. 2180) sui quali il Governo intende porre la fiducia, richiamo alcuni punti su cui occorre una riflessione adeguata:
1) La modifica attualmente apportata da art. 45, co. 1, lettera f) A.C. 2180 rende obbligatoria la dimostrazione della regolarita' del soggiorno per il perfezionamento degli atti di stato civile.
Sotto questo profilo, si tenga presente che la registrazione della nascita da parte della madre resterebbe preclusa in tutti i casi in cui questa sia non solo irregolare, ma anche priva di passaporto in corso di validita'. Si noti come, in queste condizioni, l'unica chance della donna per ottenere un permesso di soggiorno (temporaneo) e registrare la nascita del figlio consisterebbe nella presentazione di una (infondata) domanda di asilo (il permesso, in questo caso, le sarebbe rilasciato anche in mancanza di un passaporto valido). Chiedo: e' quello che si vuole?
Riguardo poi al riconoscimento del figlio naturale, questo sarebbe irrimediabilmente precluso allo straniero irregolare. Immaginate che la madre muoia di parto: il padre naturale del neonato non avra' modo di riconoscerlo, a meno, ancora una volta, che non chieda strumentalmente asilo. Chiedo ancora: e' quello che si vuole?
Considerazioni simili potrebbero essere svolte con riferimento ad altri atti di stato civile (matrimonio - vedi anche punto successivo - e registrazione della morte).
Si noti come tutti gli atti di stato civile sono effettuati anche nell'interesse della collettivita' (tant'e' che gli individui sono tenuti, nelle opportune situazioni, ad effettuarli). Se non e' reale intenzione del Governo ostacolare o rendere impossibile il perfezionamento di tali atti nei casi in cui sia coinvolto uno straniero irregolarmente soggiornante, si ripristini l'esonero dalla dimostrazione di regolarita' del soggiorno ai fini di tale perfezionamento (cosi' come e' attualmente previsto da art. 6, co. 1 D. Lgs. 286/1998).
2) La modifica apportata da art. 6, co. 1 A.C. 2180 all'art. 116 c.c. rende impossibile la celebrazione in Italia del matrimonio con uno straniero irregolarmente soggiornante. Questa disposizione viola non tanto il diritto dello straniero stesso (almeno nel caso generale), quanto il diritto del cittadino italiano di sposare, nel proprio Paese, persona che potrebbe legititmamente sposare all'estero. Sarebbe singolare che il cittadino italiano dovesse ricorrere all'ospitalita' di altro paese per veder tutelato un proprio diritto fondamentale!
Puo' altresi' risultare violato il diritto al matrimonio dello straniero rifugiato: qualora intendesse sposare un connazionale irregolarmente presente in Italia, non potrebbe neanche optare per la celebrazione del matrimonio in patria, dal momento che incorrerebbe nella persecuzione da cui lo Stato italiano stesso lo sta proteggendo!
Come nei casi precedenti, la disposizione potrebbe essere aggirata mediante una richiesta strumentale di asilo da parte dello straniero irregolarmente soggiornante. E' questo quello che si vuole ottenere?
Se non e' questo, si modifichi la disposizione in esame, esonerando dalla dimostrazione di regolarita' del soggiorno almeno i casi in cui uno dei coniugi sia cittadino italiano o cittadino straniero destinatario di protezione internazionale.
3) L'introduzione del reato di soggiorno illegale (art. 21 A.C: 2180) ha come unico obiettivo la possibilita' di ricorrere a quanto stabilito da art. 2, co. 2 della Direttiva 2008/115/CE (sui rimpatri). Tale disposizione consente di non applicare la Direttiva stessa agli stranieri per i quali il rimpatrio sia sanzione penale o conseguenza di una sanzione penale. Con l'introduzione, nell'ordinamento italiano, del reato di soggiorno illegale si fa conseguire l'espulsione alla condanna; in questo modo, si potra' prescindere, per ogni straniero espulso, dall'applicazione delle disposizioni della Direttiva che privilegiano, di norma, il rimpatrio volontario e senza ricorso alla detenzione.
Lo stesso risultato potrebbe pero' essere raggiunto, senza bisogno di assimilare a reato il soggiorno illegale, in base alla disposizione, assai generale, di cui all'art. 15, co. 1 lettera a) della stessa Direttiva, che consente di dar luogo a detenzione e a rimpatrio coattivo in tutti i casi in cui vi sia rischio di fuga dello straniero - rischio che, ovviamente, puo' sempre essere legittimamente ravvisato dall'Amministrazione.
Per contro, l'introduzione del reato espone lo straniero irregolarmente soggiornante ad un continuo rischio di denuncia (obbligatoria, se a rilevare la condizione di soggiorno illegale e' un qualsiasi incaricato di pubblico servizio o un pubblico ufficiale). Per effetto di questa situazione, l'immigrato irregolare sara' indotto a vivere piu' lontano possibile dal circuito della legalita' e sara', comunque, continuamente ricattabile.
Se l'immigrazione irregolare fosse una anomalia nel nostro paese, questa forma di separazione tra la societa' normale e lo straniero irregolare potrebbe anche apparire sensata. Dal momento, pero', che - come tutti sanno - una fase di soggiorno irregolare ha caratterizzato l'esperienza migratoria di oltre il novanta per cento degli stranieri oggi legalmente soggiornanti, un effetto di questo genere finisce per rendere irreversibilmente patologico un percorso che, fino ad oggi, e' risultato nei fatti fisiologico.
Un'ultima osservazione: la disposizione di cui all'art. 45, co. 1, lettera t), che sopprimeva art. 35, co. 5 D. Lgs. 286/1998, destinata ora ad essere rimossa, era nata - stando alle dichiarazioni del Ministro Maroni - per dare agli operatori sanitari una maggior liberta' nel segnalare, col referto, situazioni legate alla commissione di delitti. Si noti come l'introduzione del reato di soggiorno illegale tratterra' i medici dal presentare referto anche quando - poniamo - si trovino di fronte ad una straniera irregolare vittima di stupro. L'art. 365 c.p., infatti, stabilisce che non vi e' obbligo di referto quando possa conseguirne un procedimento penale a carico dell'assistito. E in un caso come quello ipotizzato, paradossalmente, si aprirebbero due procedimenti penali: uno, per stupro, a carico di ignoti; l'altro, per soggiorno illegale, a carico della vittima di stupro!
E' questo che si vuole? Se la risposta e' negativa, si sopprima l'art. 21 A.C. 2180.
Cordiali saluti
sergio briguglio
5 maggio 2009
a.c. 2180: altre notizie
Cari amici,
terminata la riunione del Comitato dei 18 (le commissioni in gioco sono due), il quadro sembra essere - se capisco bene - il seguente:
a) verrebbe soppressa la disposizione di cui all'art.
b) verrebbe modificato art. 45, co. 1, lettera f) A.C.
Resterebbero intatte le disposizioni assolutamente negative, vecchie e nuove, di questo disegno di legge:
1) preclusione, per l'irregolare, della celebrazione del matrimonio;
2) preclusione del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita e riconoscimento del figlio naturale, in primo luogo);
3) reato di ingresso e/o soggiorno illegale;
4) contratto di integrazione (permesso a punti);
5) tassa su rilascio e rinnovo del permesso;
6) obbligo di certificazione dell'idoneita' abitativa dell'alloggio ai fini del ricongiungimento;
7) condizionamento del rilascio della carta di soggiorno al superamento di un test di lingua italiana;
8) condizionamento della conversione del permesso dei minori non accompagnati alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale;
9) prolungamento del periodo necessario per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio e (forse) declassamento di tale acquisto a "concessione";
10) prolungamento dei termini per la detenzione in CIE;
11) limitazione al caso di convivenza con parenti entro il secondo grado dell'inespellibilita' del familiare straniero di cittadino italiano;
12) introduzione delle ronde.
Notate come, permanendo l'introduzione del reato di soggiorno illegale, il problema della denuncia da parte degli operatori della struttura sanitaria o scolastica e' solo attenuato. Gli artt. 361 e 362 c.p. continuerebbero ad obbligare tali operatori, se pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, a denunciare lo straniero della cui condizione di irregolarita' vengano a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni.
Il ministro Maroni conferma questo punto (vedi, sul mio sito, un articolo del Corriere), dopo aver impiegato l'intera mattinata per capire che i presidi della lettera di Fini erano sdruccioli.
Resta molto alto il rischio che il Governo ponga la fiducia su maxi-emendamenti, in modo tale da blindare il testo e da non lasciare spazio a votazioni a scrutinio segreto.
Cordiali saluti