22 novembre 2007

comunitari: onere della prova

Cari Ministri, cari Sottosegretari,
desidero esporvi una mia perplessita' relativa alla questione dell'onere della prova di ingresso recente in Italia per il cittadino comunitario.


Il Relatore del disegno di legge di conversione del decreto-legge 181/2007, stando al resoconto della seduta di ieri in Commissione Affari costituzionali, ha affermato che "sarebbe preferibile prevedere una dichiarazione facoltativa all'ingresso nel territorio nazionale per tutti i cittadini comunitari e, in mancanza di questa, l'onere della prova in senso contrario alla presunzione di ingresso nel territorio anteriore ai tre mesi".


Capisco l'obiettivo di una disposizione di questo genere, ma ho l'impressione che si rischi di pretendere una "prova diabolica". Provare di non essere stato sul territorio italiano prima di un certo giorno e' veramente arduo, a meno di non voler imporre l'onere, a ciascun comunitario, di portare con se', quando viene in Italia, prove concrete del suo soggiorno in altro Stato membro.


Immaginate che l'Austria introduca disposizioni simili. Immaginate poi che un cittadino di Udine decida, all'ultimo momento, di partire in macchina per una gita a Salisburgo. Invece di badare a mettere in valigia l'occorrente per la toilette, dovra' preoccuparsi di portare con se' l'ultimo scontrino del panettiere sotto casa per non rischiare che un solerte poliziotto austriaco lo rispedisca indietro (col carico aggiuntivo, se l'Austria decide di copiarci in tutto e per tutto, di presentarsi poi al consolato austriaco - il piu' vicino e' a Milano - per dimostrare di avere ottemperato all'obbligo di allontanamento).


Mi si puo' obiettare: il Relatore contempla, in alternativa, la possibilita' di dichiarazione facoltativa al momento dell'ingresso. Mi sembra pero' che, stante l'improponibilita' dell'onere di munirsi degli scontrini del panettiere, questo introduca surrettiziamente un onere amministrativo per tutti i soggiornanti di breve periodo, incompatibile con la Direttiva 38/2004. Restando all'esempio austriaco: il cittadino di Udine dovra' spendere meta' del fine settimana a far la coda al commissariato di polizia di Salisburgo?


Ne' la cosa appare risolta da quanto affermato dal Sottosegretario Scotti, secondo il quale "la dichiarazione di ingresso rappresenterebbe per il cittadino comunitario un onere riferibile al periodo di soggiorno ulteriore rispetto ai primi tre mesi e percio' sarebbe compatibile con le prescrizioni comunitarie che escludono condizioni o formalita' riferibili al soggiorno minimo di tre mesi". Delle due l'una, infatti: o alla dichiarazione son tenuti tutti, a prescindere dalla durata del soggiorno, e questo viola la Direttiva; o sono tenuti solo quelli che hanno in animo di fermarsi per piu' di tre mesi, e allora la mancata dichiarazione puo' essere giustificata dal cittadino comunitario sottoposto a controlli col semplice fatto che l'ingresso e' avvenuto... da un paio di giorni, e per un soggiorno breve.


Confido che vogliate evitare al nostro Paese l'onta di una censura da parte della Corte di Giustizia, dopo quella che ci e' indirettamente caduta addosso a seguito delle bizzarre esternazioni del povero Frattini.


Coridali saluti
sergio briguglio

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