Cari amici,
vi mando, per conoscenza, un messaggio che ho inviato al Sen. Massimo Livi Bacci.
Contiene alcune osservazioni sulle proposte avanzate dal Sen. Livi Bacci "Per una nuova regolazione dell'ingresso degli immigrati" (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/livi-bacci-flussi.html).
Vi saro' grato se mi farete avere le vostre.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Caro Massimo,
ho letto con interesse le tue proposte "Per una nuova regolazione dell'ingresso degli immigrati".
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Il tuo documento ha certamente il pregio della chiarezza. Questo rende facile, a chi legge, individuare i punti di dissenso (spesso, solo parziale). Provo cosi' a proporti alcune osservazioni critiche, sorvolando sulle molte cose che invece mi trovano d'accordo.
Faccio riferimento ad alcuni dei punti riportati nei paragrafi 6 e 7 della tua nota. Per comodita' di chi legge, li riscrivo in corsivo.
Livi Bacci, Paragrafo 6:
2) Restituire spazio alla programmazione dei flussi, con una seria analisi tecnica della potenziale domanda del mercato del lavoro, della sua possibile articolazione, delle capacità di accoglienza, delle risorse disponibili per le politiche di formazione e integrazione. Tale programmazione dovrebbe essere affidata ad un'agenzia indipendente (Agenzia di Programmazione dell'Immigrazione,) le cui proposte sono presentate al Parlamento e sottoposte al Governo per l'adozione (cfr. & 10) Tale Agenzia deve assumere il massimo possibile di autorevolezza: basti pensare che è dai nuovi immigrati che proviene una parte considerevole dei nuovi cittadini del paese. E' giusto perciò che l'origine prima di questo processo di rinnovo - l'immigrazione legale - sia posta nelle mani di un organo alto ed autorevole e non lasciata totalmente alle deliberazioni (inevitabilmente guidate dalle contingenze) dell'esecutivo e dell'amministrazione.
Mie osservazioni: Non sono affatto convinto che ci sia bisogno di una Agenzia che si interponga tra datori di lavoro e lavoratori per decidere su basi forzatamente astratte quale natura e quali dimensioni abbia il fabbisogno del mercato del lavoro. A quale informazione l'Agenzia potrebbe attingere, infatti, che non sia gia' nel patrimonio di informazioni di cui dispongono i datori di lavoro?
Se pensiamo a settori a bassa qualificazione (es.: gli importantissimi servizi di cura), per conoscere con approssimazione molto migliore il fabbisogno di manodopera basterebbe sostituire il famigerato click-day con un censimento costante delle domande presentate da datori di lavoro e/o delle comunicazioni di assunzione e di cessazione del rapporto inviate all'INPS.
Su questo punto osservo come, anche a normativa sull'immigrazione invariata (con tutte le ipocrisie in essa contenute; prima fra tutte quella della regolarizzazione mascherata da ingresso nell'ambito della quota fissata col decreto-flussi), si avrebbe una formidabile razionalizzazione della materia permettendo di presentare le domande di assunzione in qualunque momento dell'anno: il Governo, al momento di adottare il decreto-flussi, piuttosto che passare attraverso comiche consultazioni di Regioni, sindacati, imprenditori e commissioni parlamentari, potrebbe limitarsi a leggere il numero di domande giacenti, decidendo di dare risposta positiva a tutte o a una frazione di esse. Nulla impedirebbe poi, sempre a normativa invariata, l'adozione di un decreto-flussi al mese.
Se pensiamo invece a settori ad alta qualificazione, dovrebbe essere un'Agenzia di dubbia competenza a spiegare alla Micron, oggi, di che tipo di fisico dello stato solido ha bisogno e al Santa Lucia, domani, di che tipo di fisioterapista della riabilitazione?
Un organismo indipendente (ma molto snello; un po' come e' oggi, in altro campo, l'UNAR) potrebbe invece essere utile se avesse il comnpito di suggerire all'amministrazione e al legislatore le semplificazioni necessarie a rendere piu' agevole l'ingresso degli immigrati di fatto richiesti, in liberta', dal mercato italiano.
Naturalmente, se anche si arrivasse alla semplificazione massima, nessuno garantirebbe alle nostre imprese un flusso di lavoratori ad alta qualificazione. Per conquistarli, le imprese dovrebbero offrire salari competitivi. Fino ad oggi non sembra che si siano mosse con troppo vigore in questa direzione: il rapporto della Fondazione Moressa (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/fond-moressa-salari.pdf) riporta, per il quarto trimestre del 2010, i seguenti valori delle retribuzioni mensili medie (in euro) degli stranieri in funzione del titolo di studio (in parentesi, la differenza, in percentuale, rispetto ai lavoratori italiani):
- nessun titolo, 934 (+2,5%);
- licenza elementare, 963 (-5,7%);
- licenza media, 949 (-15,2%);
- diploma superiore, 980 (-23,1%);
- laurea, 1.123 (-29,6%)
Si vede come il gap retributivo tra lavoratori italiani e stranieri sia tanto piu' profondo (a vantaggio dei primi) quanto piu' alto e' il livello del titolo di studio del lavoratore. Chiedo (retoricamente): ci aspettiamo che gli ingegneri informatici indiani o cinesi facciano a botte per venire in Italia e conquistare l'onore di una retribuzione inferiore del trenta per cento a quella dei pari-titolo italiani?
Livi Bacci, Paragrafo 6:
4) Sostituire al criterio - oggi prevalente - della "casualità" ("click day") della scelta, quello della scelta "ragionata", basata sulla valutazione dei "profili" individuali ritenuti più adatti a sostenere lo sviluppo ed a preservare la coesione sociale della collettività. La determinazione dei profili, specie per alcune fasce di immigrati, deve tener conto anche di "qualità" personali non necessariamente legate alla immediata capacità di lavoro: l'immigrato è - anzitutto - una persona. Tali profili sono determinati dall'Agenzia, che propone i criteri di valutazione e sintesi. La previsione di una qualificazione più specifica per queste fasce di immigrati potrà affiancarsi, anche in via sperimentale, agli ingressi ordinari per chiamata nominativa da parte del datore: ad esempio, negli ingressi per ricerca di lavoro, un'alta qualificazione può costituire un'indiretta garanzia del risultato dell'incontro tra domanda e offerta.
Mie osservazioni: Se si accetta l'idea (per me e' il punto piu' importante di una riforma; ma mi sembra che lo sia anche dal tuo punto di vista) che la chiamata "dall'estero" deve essere quanto meno affiancata da possibilita' ampie (non meramente residuali, cioe') di ingresso per ricerca di lavoro, l'individuazione dei profili utili all'economia italiana (e la dimostrazione, da parte dell'aspirante immigrato, di possedere le caratteristiche corrispondenti) e' cosa utile se offre una scorciatoia per la conquista di un visto di ingresso per ricerca di lavoro.
Cosi', in un quadro (da costruire) in cui l'ingresso per ricerca di lavoro di un lavoratore privo di qualifiche o di caratteristiche particolarmente appetibili per l'economia italiana sia condizionato alla dimostrazione di una adeguata capacita' di mantenimento (sia nella forma della sponsorizzazione da parte di terzi, sia in quella, assai piu' realistica, della autosufficienza), il vincolo potra' essere allentato, per un lavoratore in possesso del profilo utile, stante la prevedibile facilita' di inserimento nel tessuto economico italiano.
Troverei invece riduttivo limitare ai soli profili utili la possibilita' di ingresso per ricerca di lavoro.
Livi Bacci, Paragrafo 6:
5) La politica degli ingressi deve basarsi sul principio della "utilità" della migrazione per lo sviluppo economico, sociale e culturale del paese e per la sua buona coesione. Per questa ragione i criteri di ammissione debbono essere "ragionati" e "selettivi" e non casuali. Il Paese deve, nel contempo, rafforzare la sua capacità di accoglienza per persone richiedenti asilo e protezione, in linea con i principi della Costituzione. La finalità e l'azione umanitaria non sono il territorio della politica migratoria, ma bensì delle politiche dell'asilo, oggi in discussione in Italia ed in Europa. La politica migratoria "deve" essere ragionata e selettiva; la politica dell'asilo è, invece, per sua natura, non selettiva.
Mie osservazioni: Il principio dell'utilita' ha un suo valore. Non andrebbe dimenticato, pero', il criterio dell'utilita' degli altri. Non so se si tratti di ecumenismo cattolico (se lo fosse - detto tra noi - non me ne vergognerei particolarmente) o di pragmatismo, ma chiedo se non sia il caso - per esempio - che la decrepita Unione Europea "adotti" i paesi del Nord Africa, aprendo in modo significativo i canali di immigrazione, in modo da garantire un flusso di rimesse verso quei paesi, allentarne le tensioni sociali, porre fine alla tragedia delle morti in mare e dare il segno di una alleanza vera (non in stile NATO). Naturalmente, si tratterebbe di non pretendere troppo in termini di utilita' diretta di ciascun ingresso, se non in chiave di riequilibrio demografico. Molta dell'utilita' verrebbe incamerata dai paesi di emigrazione. Ma ridonderebbe in utilita' dell'intero sistema (si veda in proposito l'esperienza della riunificazione delle due Germanie).
Un'altra piccola osservazione (un po' fuori tema): non e' vero che la politica dell'asilo non sia selettiva. Oggi, la politica dell'asilo della UE (cui la nostra si adegua) e' molto generosa nei confronti di chi mette piede sul suolo di uno Stato membro dell'Unione: la protezione internazionale e' accordata, infatti, non solo a chi sia perseguitato personalmente (il rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra), ma anche al civile che corra rischi per la propria vita a causa di situazioni di guerra o guerra civile. Il bacino dei potenziali destinatari di tale protezione e' sterminato, dato il numero di conflitti permanentemente in corso. Il sistema di protezione si regge, a dispetto di questa generosita', solo perche' l'accesso alla procedura di richiesta di protezione e' estremamente arduo: la richiesta puo' essere presentata solo sul posto, chi fugge e' tipicamente privo, per ovvi motivi, di passaporto con visto, e nessun vettore di linea lo prendera' mai a bordo, date le sanzioni che colpiscono le compagnie aeree o navali che trasportano soggetti in queste condizioni (a rischio di respingimento). Cosi', per chiedere asilo, bisogna prima attraversare un deserto o un mare, avvalendosi dei servizi dei trafficanti. E' una politica di asilo che seleziona i suoi beneficiari sulla base della resistenza fisica e della fortuna.
Livi Bacci, Paragrafo 7
3) Ingresso con permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, subordinato alla prestazione di adeguata garanzia individuale. Le domande d'ingresso dovrebbero essere sottoposte a valutazione comparativa secondo i criteri prioritari stabiliti dall'Agenzia;
Mie osservazioni: E' utile sottolineare un punto, in proposito. Da quando esiste una legge sull'immigrazione in Italia (1986) - da quando, cioe', il legislatore ha pensato, con scarso realismo, che l'ingresso di un lavoratore dovesse essere subordinato a una chiamata da parte di un datore di lavoro, il flusso di immigrazione per lavoro ha avuto di fatto la natura di un flusso per ricerca di lavoro coperta dalla capacita' di autosostentamento dei lavoratori in condizioni di overstaying. Questi non hanno dovuto prestare alcuna garanzia, per il semplice fatto che lo Stato ha fatto finta di non accorgersi della loro permanenza irregolare.
A me sembra che al nostro paese sia andata molto bene:
a) si e' costruita una rete di servizi di cura a costi moderati, capace di supplire alle carenze del sistema sanitario e assistenziale pubblico;
b) abbiamo una popolazione non italiana proveniente per il 62% da paesi ad alto indice di sviluppo umano, per il 36% da paesi a medio indice di sviluppo umano, e solo per il 2% da paesi a basso indice di sviluppo umano; con eta' mediana di 32.5 anni, contro un'eta' mediana degli autoctoni pari a 44.3 anni (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/luglio/eurostat-popolazione.pdf);
c) a fronte di un tasso di lavoratori italiani "sovraistruiti" rispetto alla mansione in cui sono occupati del 19%, il tasso di sovraistruiti tra i lavoratori non italiani e' del 42.3% (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/maggio/rapporto-istat-2011.pdf).
Una riforma dovrebbe semplicemente assecondare un meccanismo dimostratosi assai generoso nei confronti di un paese - il nostro - che si e' ostinato a considerare illegale cio' che era fisiologico (e che in molte migliaia di casi l'ha sanzionato con detenzione ed espulsioni). Dovrebbe, cioe', consentire l'ingresso legale di lavoratori sponsorizzati (o "autosponsorizzati") in cerca di lavoro. Cosa potrebbe dire di utile un'Agenzia in proposito? Dal momento che chi sta rischiando e' il lavoratore straniero (che dimostra preventivamente di non essere destinato a trasformarsi in un onere per il welfare), l'Agenzia - secondo me - non dovrebbe essere legittimata a contrapporre veti alle richieste di ingresso; dovrebbe al piu' fornire un orientamento agli aspiranti immigrati perche' non scommettano su un'avventura con scarse chances di successo. Nota pero' che un compito di orientamento simile dovrebbero gia' averlo, oggi, i Centri per l'impiego: sanno assolverlo? Se si', bene: usiamoli anche per orientare gli aspiranti immigrati. Se no, facciamo in modo che imparino a fare il loro dovere.
Fino ad oggi, i Centri per l'impiego non hanno dato grandi segni di vita, se e' vero quanto riportato dal Rapporto Censis su immigrazione e lavoro dell'anno scorso (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/agosto/rapp-censis-lav-imm.pdf) in relazione ai canali di reperimento di un posto di lavoro per i lavoratori stranieri:
- familiari, amici, conoscenti: 73.3%
- associazioni, Chiese/centri di culto: 6.1%
- sindacati, patronato: 2.9%
- agenzie/intermediari privati: 9.0%
- inserzioni sul giornale/internet: 3.5%
- Centri per l'impiego: 1.9%
- altro: 1.7%
- senza intermediari: 1.6%
E' vero pero' che una parte rilevante dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro ha avuto luogo mentre il lavoratore straniero era in condizioni di soggiorno irregolare e, quindi, fuori dal campo di azione delle istituzioni pubbliche. Le cose potrebbero migliorare in caso di lavoratori in cerca di lavoro legalmente soggiornanti fin dall'inizio.
Livi Bacci, Paragrafo 7:
Tutte le modalità d'ingresso hanno specifici tetti numerici indicati nei decreti flussi annuali. Per tutte le modalità d'ingresso di cui ai punti 1, 2, 3 e 4) è previsto un contributo da parte del datore di lavoro ad un Fondo nazionale per l'inserimento e l'integrazione dei migranti (FoNIM).
Mie osservazioni: Il primo anno in cui e' stato imposto un tetto agli ingressi per lavoro non stagionale e' stato il 1997. Da allora, il tetto complessivo (sull'intero periodo) e' stato approssimativamente di 650.000 ingressi. A questo tetto vanno sommati 500.000 ingressi autorizzati ex post (una volta rilevato l'eccesso delle domande presentate dai datori di lavoro rispetto alle quote autorizzate) e oltre un milione di lavoratori regolarizzati in una delle tre sanatorie che si sono avute da allora (1999, 2002, 2009).
In altri termini: dopo aver a lungo riflettuto, il governo stabilisce che il numero massimo di lavoratori ammissibili e' pari a 650 mila; poi, travolto dalla realta', riconosce che il numero piu' appropriato era di circa due milioni e 150 mila unita'. Quale utilita' ha avuto l'imposizione di un tetto destinato ad essere spazzato via dalla realta'?
Credo che, invece di porre tetti numerici fondati su stime (clamorosamente errate) del fabbisogno di manodopera straniera, lo Stato dovrebbe limitarsi a vietare gli ingressi quando ci siano ragioni serie per farlo (eventualmente messe in evidenza dalle Regioni). Nota pero' che un divieto poi negato da una sanatoria dimostra semplicemente la propria natura di divieto stupido.
Quanto all'imposizione di un contributo speciale a carico del datore di lavoro che voglia assumere uno straniero, mi sembra che possa essere una buona misura solo in caso di chiamata di un lavoratore dall'estero. Non c'e' alcuna ragione invece di introdurre un cuneo che renda piu' ardua la stipulazione di un rapporto di lavoro per lavoratori stranieri che siano stati gia' ammessi sul territorio nazionale per cercare lavoro. In questi casi, infatti, lo Stato ha tutto l'interesse che la ricerca di lavoro vada a buon fine, e nessun interesse a mettere il bastone tra le ruote del potenziale datore di lavoro.
Inoltre, il contributo speciale dovrebbe essere finalizzato a rendere piu' stabili i rapporti di lavoro, non piu' costosi. In altri termini, dovrebbe essere nella forma di tassa sul licenziamento, che gravi solo sul datore che assuma un lavoratore (residente all'estero) con contratto a termine di durata inferiore a un certo limite (salvo rinnovo del contratto alla scadenza) o che receda (salvo il caso di giusta causa) da un rapporto a tempo indeterminato prima che sia trascorso quel limite: una sorta di Tobin tax sui rapporti di lavoro.
Un'ultima considerazione (mia): E' possibile ottenere risultati simili a quelli ottenibili con una selezione ex ante del flusso migratorio favorendo l'inserimento degli stranieri in posizioni lavorative corrispondenti al capitale umano da essi accumulato, stimolando la loro integrazione e premiandola.
Che il Mercato non faccia molto in favore di un tale inserimento e' dimostrato dai dati gia' riportati sulla sovraistruzione dei lavoratori stranieri in Italia e sui (corrispondenti) gap retributivi tra loro e gli italiani. Lo Stato ci mette il carico da undici con il caos che domina la disciplina del riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali. Chi voglia averne un'idea legga la Circolare MIUR 20/4/2011 (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/maggio/circ-miur-20-4-2011.pdf), ed apprezzi il disordine mentale che la ispira.
Se si vuole incidere in modo significativo su questa situazione, occorre, da parte dello Stato,
a) rendere piu' spedita la procedura del riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali;
b) consentire l'accesso al lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. La legge conserva qualche ambiguita' sul punto, cui le amministrazioni si aggrappano per continuare a impedire la partecipazione degli stranieri ai concorsi pubblici. La giurisprudenza e' ormai orientata nel considerare illegittima questa preclusione, e la Corte Costituzionale sembra a un passo dal censurarla definitivamente (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/aprile/ord-corte-cost-139-2011.html);
c) capovolgere la filosofia alla base dell'Accordo di integrazione e del test di italiano per il rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo: piuttosto che penalizzare la badante che, oltre a fare il lavoro duro per cui e' pagata, non abbia provveduto a maturare una conoscenza della lingua italiana superiore a quella del proprio datore di lavoro, premiare chi dimostri di avere competenze linguistiche superiori a una certa soglia con il rilascio di un permesso a tempo indeterminato o, addirittura, con la concessione facilitata della cittadinanza;
d) stabilizzare la condizione di soggiorno, quanto meno col rilascio di un permesso a tempo indeterminato, dei ragazzi della seconda generazione che frequentino con profitto cicli scolastici e dei loro familiari.
Spero che queste mie osservazioni possano risultare utili per calibrare con cura ancora maggiore le tue proposte.
Cordiali saluti
sergio