9 novembre 2010

pacchetto sicurezza 2

Cari amici,

il Consiglio dei ministri di venerdi' scorso ha approvato alcuni provvedimenti di modifica della normativa sui cittadini stranieri e sui cittadini comunitari.

Non conosco ancora il testo di questi provvedimenti e devo quindi far riferimento alle notizie diffuse dalla stampa.

Mi soffermo qui su quanto e' stato anticipato in relazione all'allontanamento dei cittadini comunitari che soggiornino in Italia senza essere in possesso dei requisiti che conferiscono loro il diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi.

Ricordo che la normativa vigente (D. Lgs. 30/2007) prevede che al cittadino comunitario che sia privo di tali requisiti (o che venga a perderli) il prefetto puo' ordinare di lasciare l'Italia entro un termine non inferiore a trenta giorni. Il cittadino allontanato puo' rientrare in Italia solo dopo essersi presentato ad un qualunque consolato italiano all'estero, in modo da dimostrare di aver ottemperato all'ordine di allontanamento. Qualora sia trovato in Italia, dopo la scadenza del termine fissato per l'allontanamento e prima di aver provveduto a presentarsi al consolato, e' punito con la sanzione dell'arresto da un mese a sei mesi e dell'ammenda da 200 a 2.000 euro. Non e' invece prevista, neanche in caso di mancato allontanamento, alcuna possibilita' di accompagnamento coattivo alla frontiera (salvo, naturalmente, che l'interessato non risulti pericoloso per l'ordine o per la sicurezza pubblica): il prefetto non puo' far altro che reiterare l'ordine di allontanamento.

Queste disposizioni risultano coerenti con il dettato della Direttiva 2004/38/CE, che fissa, con gli artt. 15, 30 e 31, garanzie procedurali relative ai provvedimenti di allontanamento, prevedendo, in particolare, che la concessione di un termine piu' breve di un mese e' ammissibile solo in casi di comprovata urgenza, anche quando l'allontanamento sia basato su motivi legati alla tutela dell'ordine pubblico o della sicurezza pubblica (a fortiori, quindi, quando sia basato sulla semplice, e non pericolosa, mancanza dei requisiti).

Sembra che le modifiche volute da Maroni prevedano ora che il mancato rispetto dei termini fissati per l'allontanamento sia considerato minaccia all'ordine pubblico e, come tale, sia sanzionato con l'accompagnamento coattivo alla frontiera. Sospetto che quanto riportato dai mezzi di stampa sia impreciso: a meno che il Governo non voglia apportare piu' profonde modifiche al D. Lgs. 30/2007, la possibilita' di un accompagnamento coattivo alla frontiera e' previsto solo quando vi siano motivi di sicurezza dello Stato o "motivi imperativi di pubblica sicurezza".

Quale che sia l'esatta formulazione delle disposizioni proposte dal Governo, mi sembrano rilevanti le tre osservazioni che seguono.


1) La Direttiva 2004/38/CE non menziona mai la possibilita' che il cittadino comunitario o il suo familiare possano essere sottoposti ad accompagnamento coattivo alla frontiera. Prevede solo, come detto, che in casi di comprovata urgenza il termine assegnato all'interessato per lasciare lo Stato membro ospitante possa essere inferiore a un mese.

La Commissione dell'Unione europea ha chiarito, nella Comunicazione al Parlamento e al Consiglio sulle linee guida su una miglior trasposizione della Direttiva 2004/38/CE (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/luglio/com-comm-ue-dir-38-04.pdf), che l'applicabilita' della condizione di urgenza va valutata caso per caso, con riferimento alle condizioni personali del cittadino comunitario e dei suoi familiari, e non discende automaticamente dalla gravita' dei motivi su cui si fonda l'allontanamento.

E' quindi assai dubbio che la Commissione possa trovare conforme al dettato della Direttiva la disposizione che ora si vuole introdurre. L'accompagnamento coattivo verrebbe eseguito senza alcuna valutazione della situazione personale del destinatario, in una situazione - per di piu' - nella quale, mancando ogni elemento di effettiva pericolosita', e' arduo sostenere che vi siano i presupposti per la procedura d'urgenza.

Resta poi da chiarire se l'urgenza possa implicare, oltre che l'abbreviazione dei termini, anche un'esecuzione coattiva dell'allontanamento. Sotto questo profilio, peraltro, potrebbero incorrere nelle censure della Commissione (e, in futuro, della Corte di Giustizia) anche le disposizioni del D. Lgs. 30/2007 relative all'allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza.


2) Nella stessa Comunicazione, la Commissione richiama il significato delle nozioni di "pubblica sicurezza" e "ordine pubblico" nell'ambito del diritto comunitario. La prima e' associata all'esigenza di preservare l'integrita' del territorio dello Stato e delle istituzioni nazionali. Occorrebbero acrobazie degne del trapezista del Circo di Mosca per dimostrare che l'etilista francese che chiede l'elemosina davanti alla chiesa, accovacciato accanto al suo cane, stia minando l'integrita' del territorio dello Stato o quella delle istituzioni; quando, soprattutto, si tenga conto di quanto predichi da una ventina d'anni il partito che ha strappato l'attuale Ministro dell'interno a un sordido destino di sassofonista di mezza tacca.


La definizione di ordine pubblico, in modo meno esigente, fa riferimento alla finalita' di prevenire turbative dell'ordine sociale. Qui, le acrobazie richieste potrebbero essere alla portata dell'amazzone del Circo Zavatta, se non fosse che l'idea di un ordine sociale cosi' fragile da essere turbato dai duecentoventisette spiantati che Maroni non e' riuscito a rimpatriare da Gennaio a Settembre fa tremare: il giorno in cui dovessero marciare su Roma le orsoline, cosa farebbero i nostri prefetti? si darebbero alla fuga?


3) La condizione di assenza dei requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi puo' scattare, per definizione, solo quando vi sia la prova che il cittadino comunitario si sia trattenuto in Italia oltre questo limite temporale. Ho affrontato molte volte il punto relativo alla difficolta' di costruire una simile prova (l'ultima volta in un mio messaggio del 13/10/2010) e non voglio annoiarvi ulteriormente. Qui voglio prendere in considerazione l'altro aspetto rilevante: quando si possono dire assenti quei requisiti?





Semplificando, ai fini che qui ci interessano, la classificazione riportata dalla Direttiva, il diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi spetta al cittadino comunitario





a) che abbia un'attivita' lavorativa in corso;





ovvero





b) che abbia risorse sufficienti per se' e per i familiari per non rappresentare un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante e un'assicurazione che copra i rischi in materia sanitaria nel territorio di quello Stato.





Supponiamo allora che il cittadino comunitario (lo spiantato di prima) non rientri nella categoria a). La questione da chiarire e' se rientri o meno nella categoria di cui al punto b).





Cosa deve intendersi per risorse sufficienti? Il D. Lgs. 30/2007 fissa una soglia pari a quella prevista, con altra finalita', dalle disposizioni che regolano il ricongiungmento familiare dello straniero: un importo pari all'assegno sociale aumentato di una quantita' pari alla meta' dello stesso assegno per ogni familiare che conviva in Italia con il cittadino comunitario.





La Commissione ricorda pero, nella Comunicazione di cui si e' detto, che la Direttiva 2004/38/CE vieta di attribuire a una simile soglia un significato utilizabile in chiave negativa. In altri termini, secondo la Commissione, la sufficienza delle risorse deve considerarsi certamente dimostrata se il loro ammontare supera quella soglia. Non vale pero' il viceversa: un ammontare inferiore non puo' motivare, di per se', il rifiuto di riconoscimento del diritto di soggiorno. Una decisione di rifiuto puo' essere adottata solo se il cittadino comunitario e i suoi familiari sono diventati concretamente un carico irragionevole per l'assistenza sociale.





Perche' questa condizione sia verificata e' necessario che a favore degli interessati siano state effettivamente erogate prestazioni assistenziali, in misura cospicua e sproporzionata rispetto alla eventuale pregressa partecipazione degli stessi interessati al finanziamento, con tasse e contributi previdenziali, del sistema di assistenza sociale. Anche in queste condizioni, poi, lo Stato dovra' trattenersi dall'adottare un provvedimento di allontanamento qualora sia pronosticabile una rapida uscita delle persone assistite dalla condizione di dipendenza economica dai sussidi.





Consideriamo allora il comunitario spiantato che, grazie anche alla sua grande disponibilita' di tempo, ci accompagna da tempo in queste riflessioni. La domanda che il prefetto dovra' porsi prima di adottare un provvedimento di allontanamento a suo carico (se non vuole che il provvedimento sia censurato dal giudice in sede di ricorso) e' la seguente: a quanto ammontano i sussidi erogati dalle amministrazioni pubbliche a vantaggio del cittadino comunitario? E ancora: si tratta di un carico irragionevole per il sistema di assistenza sociale? Qualora, per avventura, la risposta alla prima domanda dovesse essere "neanche un centesimo, giacche' finora lo spiantato si e' mantenuto con attivita' (lecita) di accattonaggio non molesto o grazie a mensa e dormitorio offerti dai francescani o dalla Caritas", la risposta alla seconda domanda non potrebbe che essere negativa.





Quanto al fatto che il cittadino sia titolare di un'assicurazione e' un dato oggettivo e l'accertamento del corrispondente requisito non richiede sforzi interpretativi particolari. Nessun giudice pero' potrebbe mai dare torto allo spiantato che, fatto oggetto di un provvedimento di allontanamento per la semplice mancanza di un'assicurazione, chieda di rivedere il provvedimento alla luce del fatto che, dando fondo ai risparmi accumulati con l'accattonaggio o fruendo della generosita' di un filantropo, ha prontamente provveduto a stipulare tale assicurazione. E' evidente, infatti come, anche in questo caso, il dato rilevante e' che lo Stato membro non deve aver gia' sostenuto ne' deve trovarsi costretto a sostenere un onere eccessivo per il soccorso di quel cittadino. Quando condizioni di questo genere non si siano ancora verificate ne', grazie alla sopravvenuta stipulazione dell'assicurazione, possano verificarsi in modo incontrollabile in futuro, i presupposti per l'allontanamento vengono a cadere.









In definitiva, credo che, se le misure che il Governo propone di introdurre corrispondono a quelle annunciate dalla stampa, si aprira' un contenzioso con la Commissione. Si puo' obiettare che il punto di vista della Commissione (e - non dimentichiamolo - della Corte di Giustizia) e' ancorato a principi che poco hanno a che fare con i problemi del mondo reale che un ministro dell'interno o un sindaco devono gestire. Non escludo che la critica abbia un fondamento; e' altrettanto fondato pero' il seguente argomento contrapposto: caro ministro, caro sindaco, spendete parte del vostro tempo e delle risorse a vostra disposizione per soccorrere gli spiantati? Se si', avete diritto a invocare un argine alla loro liberta' di circolazione. Se no - se, cioe', il fatto che ci sia gente che vive in condizioni marginali non vi scuote ne' punto ne' poco -, be'... allora lasciate che quella gente viva dove vuole, finche', ovviamente, non dia luogo a comportamenti pericolosi per la sicurezza delle persone.





In altri termini: lasciate agli spiantati il diritto di essere spiantati dove e' meno duro esserlo. In fondo, anche voi avete applicato un criterio simile: sapevate fare poco o nulla e avete scelto il settore lavorativo in cui il saper fare poco o nulla e' remunerato con maggior generosita'.





Cordiali saluti

sergio briguglio

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