Cari amici,
ricevo da Dino Frisullo e diffondo il messaggio riportato qui sotto.
Alla pagina http://www.meltingpot.org/articolo592.html, troverete una nota del Mininterno, del 16 marzo scorso, sulla regolarizzazione di figli minori di stranieri regolarizzati.
Ringrazio Milena, del Progetto Meltingpot, che me l'ha segnalata.
Infine, alla pagina di Aprile 2003 del mio sito (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio) troverete l'edizione rivista degli appunti di un corso sulla normativa su immigrazione, asilo e cittadinanza vigente al termine della scorsa legislatura (prima, cioe', dell'entrata in vigore della Bossi-Fini e degli altri provvedimenti approvati nell'ultimo anno). Conto di allineare gli appunti alla normativa attualmente vigente nelle prossime settimane.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Alla rete informatica di Azad ed ai Coordinamenti di solidarietà con il popolo kurdo
Alle Ong impegnate in Iraq e al loro Tavolo di coordinamento
A tutto il movimento contro la guerra (e il dopoguerra armato)
Mi permetto di diffondere il mio articolo di oggi sul Manifesto sulla drammatica situazione del campo di Mahmoura (o Mexmur, o Mekhmour), sul 36.mo parallelo nell'area di Mosul. La proposta è che qualcuno raggiunga il campo per monitorare la situazione, e intanto si avvii con urgenza, nel quadro del Tavolo di coordinamento, un progetto per rifornire di medicinali e generi di prima necessità il Centro donne (incluso l'asilo infantile e la sartoria, che potrebbe alimentare un flusso di artigianato per il commercio solidale) e soprattutto l'infermeria, che avrebbe bisogno anche della presenza di medici volontari. Sarebbe utile anche avviare una vasta sottoscrizione.
Per ulteriori informazioni: E-mail
Dino Frisullo
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I FANTASMI DIMENTICATI DI MAHMOURA (d.f., Il manifesto 20/4 pag.4)
Oltre ottomila fantasmi, di cui mille bambini e quattromila minori. Sono i profughi kurdi del campo di Mahmoura, al centro del triangolo fra Erbil, Musul e Kirkuk, nel pieno del pietroso deserto infestato dagli scorpioni a cavallo del 36.mo parallelo. Le ultime a visitarli furono, nello scorso settembre, sei donne della Free Women's Foundation olandese. Già pendeva la guerra, e il messaggio che riportarono al mondo dalle donne kurde, due terzi della popolazione del campo, fu "Non dimenticateci!". Il 25 marzo le stesse donne riuscirono a collegarsi con il campo. Scoppi di artiglierie, e la conferma delle peggiori previsioni. Alla prima intimazione Usa i pochi funzionari e medici dell'Onu avevano abbandonato il campo senza preavviso lasciandolo privo di tutela e delle forniture Unhcr di cibo e medicinali, esposto alla guerra, alla carestia e alle epidemie. Da allora, silenzio. Un telefono satellitare inviato dall'Europa s'è arenato in Giordania. Il 6 aprile un allarmato appello da Bruxelles di Ali Yigit, ex deputato ad Ankara e vicepresidente del Congresso nazionale kurdo in esilio, informava che era diretta al campo la colonna di americani e peshmerga del Pdk mitragliata per errore da un aereo Usa, e una settimana dopo denunciava un minaccioso blocco degli ingressi e chiedeva con urgenza una tutela dell'Onu e delle ong straniere. Informazioni comunque di seconda mano. Il campo tace.
Sembra sia destino dei profughi di Mahmura incontrare la guerra. A differenza dei kurdi scacciati che ora tornano a Kirkuk e Mosul, questi hanno i ponti tagliati alle spalle. Fuggirono in diciassettemila dalle province turche di Hakkari, Sirnak e Yuksekova, dai villaggi rasi al suolo dai proiettili all'uranio e bruciati dal napalm. In quel rigido marzo del '94 morirono in trecento e seicento rimasero feriti o invalidi scavalcando a piedi sulle mine i crinali montani. Era la pulizia etnica: prosciugare il mare per prendere la guerriglia. Oltre confine l'Onu concesse una precaria tutela, revocata quando le loro tende, in quella ridente valle di Atrush da cui si vorrebbero provenienti gli Etruschi, furono assediate per mesi dalle truppe turche e dalle milizie allora alleate del Pdk. Morirono di stenti quaranta bambini e molti anziani. Appena la stretta s'allentò i profughi avviarono un lungo esodo verso sud, lontano dal confine turco, fermandosi a Ninowa, l'antica Ninive, e infine uscendo dalla no-fly zone e accampandosi a Mahmura. Meglio la padella irakena che la brace turca. Ci vollero tre giorni d'assedio per passare il confine. Da Baghdad non venne poi che un po' di materiale da costruzione, usato dai profughi per trasformare la tendopoli in una piccola Khan Younis. Riuscirono anche a canalizzare le acque, comunque contaminate, del fiume Zap.
Nel '99 chiesero invano alle autorità turche di ritornare. Ad alcune condizioni: garanzie internazionali, ricostruzione, amnistia, fine dell'emergenza, insegnamento in kurdo. La più irrinunciabile, dicono con orgoglio, era l'ultima. Prima delle abitazioni si sono costruite infatti le scuole. Tre elementari, due secondarie, una superiore in cui s'insegna il kurdo ma anche il turco e l'inglese, e poi scienze naturali, sociologia, musica e sport. Con una matita e mezzo quaderno a testa in media, e vecchi libri riprodotti a mano. Dall'anno scorso i loro attestati erano riconosciuti dall'Unhcr. Questo ha fatto di Mahmura un simbolo per tutta la diaspora kurda. Dimezzati dalle traversie, i superstiti si sono organizzati. Il consiglio di campo comprende trentasei eletti di cui sedici donne: una novità per la cultura tradizionale, assieme alla scolarizzazione delle bambine. E le donne, quasi tutte analfabete e reduci in molte da violenze taciute nelle caserme turche, hanno autocostruito e gestiscono un centro in cui, oltre all'alfabetizzazione e ad un asilo, praticano il self-help ginecologico (molte sono morte per il costo delle cure esterne, negate peraltro alle nubili) ed hanno avviato una sartoria con velleità di artigianato e "commercio solidale". Autogestito, specie dopo la fuga dell'Onu, è anche l'ambulatorio retto da tre medici e decine d'infermieri volontari, in cui già in settembre le donne olandesi trovarono analgesici e pronto soccorso ma nessuno strumento chirurgico per i feriti da mine né farmaci per le patologie gravi, a partire dalle numerose leucemie forse da fall-out di guerra. Nel '96 gli esuli kurdi in Germania inviarono un'ambulanza, una seconda proveniente dalla Francia s'è bloccata ad Amman.
Immensa dignità, ma una situazione disperata. Tanto più ora che Save the Children denuncia il divieto di portare forniture mediche verso Mosul. Sarebbe bello se una delle spedizioni di aiuti del Tavolo delle Ong riuscisse a raggiungere i fantasmi di Mahmura, vittime di tutte le guerre.
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ALLEGATI DELLA 'FREE WOMEN' FOUNDATION', DI 'AZAD' E DI 'SAVE THE CHILDREN'
(scusandomi per messaggi eventualmente già ricevuti)
Centinaia di donne e bambini nel campo profughi di Makhmur nel Nord dell'Iraq sono intrappolati nel turbine della guerra.
Nazl‡ Çiftçi della International Free Women's Foundations:
"Il campo di Makhmur, che ospita circa 10.000 rifugiati curdi dalla Turchia, è situato all'interno del triangolo Mosul-Kirkuk-Irbil, proprio dove in questo momento sono in corso pesanti combattimenti.
Nella mattina del 25 marzo del 2003 abbiamo stabilito un contatto telefonico con un rappresentante dell'amministrazione interna dei rifugiati. Questi ci raccontava come dal luogo del campo fosse chiaramente percepibili il rumore delle esplosioni e come essi siano intrappolati proprio in un'area dove nei prossimi giorni ci si aspetta che avrà luogo uno dei più duri scontri armati.
La maggior parte degli abitanti del campo sono donne e bambini che hanno perso la propria casa nella campagna di distruzione degli insediamenti curdi che i turchi hanno portato avanti negli anni novanta.
Immediatamente prima dello scoppio della guerra, ufficiali americani hanno emesso un documento in cui invitavano i lavoratori delle organizzazioni umanitarie e il personale delle istituzioni internazionali a lasciare il paese.
I funzionari delle Nazioni Unite che si trovavano a Makhmur hanno improvvisamente abbandonato il campo senza avvertire la popolazione. Prima dello scoppio della guerra, la popolazione del campo aveva indirizzato numerose petizioni alle autorità delle Nazioni Unite in cui chiedevano che la propria sicurezza fosse garantita, ma non ricevettero nessuna risposta.
Il campo adesso è completamente isolato dal mondo esterno. Gli abitanti non possono allontanarsi dal campo, e nessuno dall'esterno può entrare a visitare il campo. Non c'è nessuna persona o istituzione a cui i profughi -condannati a vivere in uno stato di incertezza e senza nessuna garanzia di sicurezza - possano far sentire la propria voce.
Mentre prima dello scoppio della guerra l'ACNUR era solito provvedere all'approvvigionamento di scorte alimentari in maniera regolare, le scorte di cibo e i servizi medici sono stati bruscamente interrotti nel momento in cui i funzionari delle Nazioni Unite hanno lasciato il campo, e con loro anche i medici inviati dall'ACNUR.
Qualora i combattimenti si dovessero protrarre, gli abitanti del campo si troveranno a dover fronteggiare una drammatica carestia di cibo.
Il portavoce dei profughi, che abbiamo contattato questa mattina, ha sottolineato il fatto che la popolazione del campo dovrà essere soccorsa con cibo e medicinali se la guerra dovesse prolungarsi e ha fatto notare che le Nazioni Unite avrebbero avuto l'obbligo di farsi dare garanzia da tutte le parti in conflitto che nessuna offesa sarebbe stata portata ai civili indifesi del campo.
Il portavoce ha poi spiegato che in questa situazione essi hanno solamente due opzioni: potrebbero tornare in Turchia - il paese da cui erano fuggiti in origine -, qualora il governo turco rendesse chiara la sua posizione sul ritorno dei rifugiati e sulla soluzione del problema curdo. La seconda possibilità è che essi sopportino l'atmosfera dello stato di guerra in corso nel luogo in cui attualmente si trovano, laddove l'incolumità e le necessità alimentari della popolazione del campo vengano assicurate. Il rappresentante ha aggiunto che, nell'eventualità che i combattimenti si spingano fino al luogo del campo, loro non avrebbero né la possibilità di difendersi da soli, né di affidarsi ad una forza di protezione.
Pertanto in questa situazione è imperativo che le Nazioni Unite e/o ogni altra organizzazione umanitaria agiscano immediatamente per portare sostengo materiale e morale di cui hanno bisogno i rifugiati, intrappolati nel turbine della guerra in un paese che è loro alieno.
RICHIESTE URGENTI:
· Le Nazioni Unite devono urgentemente farsi dare garanzia dalle parti in guerra che la sicurezza degli abitanti del campo sarà rispettata e che il luogo sarà messo sotto protezione
· Se le ostilità non dovessero concludersi rapidamente, le Nazioni Unite e l'IRCR dovranno provvedere al cibo e alle cure mediche necessarie per la popolazione del campo
· Al più presto possibile deve essere garantito almeno un medico per far fronte ai casi più urgenti
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NORD IRAQ: ALLARME PER IL CAMPO PROFUGHI DI MAHMURA
La colonna di militari americani e peshmerga del Pdk tragicamente bombardata ieri da "fuoco amico" si trovava nell'area di Mekhmour, in kurdo Mahmura, a pochi chilometri dall'omonimo campo profughi che è ormai sulla linea del fronte. Sulla sorte dei quasi diecimila profughi kurdi che vi risiedono, per oltre metà minori, lancia un allarme Dino Frisullo, portavoce dell'associazione Azad.
Si tratta infatti di famiglie fuggite oltre confine nel '93 dopo la distruzione dei loro villaggi nel Kurdistan turco, e sospinte sempre più a sud, fino a dover passare le linee irakene, dalle continue incursioni turche e dall'inimicizia delle milizie kurde allora vicine alla Turchia. Oggi il patto tripartito fra Usa, Turchia e kurdi non dà maggior fiducia ai profughi, che chiedono la protezione dell'Onu.
Nella serata di ieri è giunto da Bruxelles il preoccupato appello di Ali Yigit, già deputato ad Ankara e ora vicepresidente del Congresso nazionale kurdo (KNK) in esilio: "I nostri compatrioti sono laggiù per amore di libertà e per sfuggire alla repressione. Chiediamo all'Onu di tutelarli ed a tutto il popolo kurdo di vigilare su di loro".
I pochi funzionari e medici delle Nazioni unite in effetti, secondo il responsabile del campo e la Mezzaluna Rossa kurda, avevano abbandonato il campo di Mahmura subito dopo l'ordine di evacuazione degli Usa senza neppure avvertire la popolazione, e sospendendo le forniture di medicinali e derrate alimentari senza le quali si rischia carestia ed epidemie. L'associazione Azad chiede, in questo senso, anche l'intervento del Tavolo delle Ong e dei loro operatori sul campo.
Roma, 7.4.03
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La guerra è finita? La lotta per la sopravvivenza dei rifugiati continua
Comunicato Stampa dalla Free Women Foundation di Amsterdam
Sul campo di Makmura nel sud Kurdistan/nord Iraq.
Nel loro comunicato stampa di ieri gli alleati annunciavano la fine della guerra in Iraq con la caduta di Baghdad. Ma non bisogna dimenticare che i pericoli per la popolazione civile non sono terminati, soprattutto per i rifugiati nel nord Iraq. Dopo il ritiro del personale delle Nazioni Unite dall'Iraq all'inizio della guerra, ora le agenzie umanitarie internazionali come la Croce Rossa e Medici Senza Frontiere hanno sospeso il loro lavoro per il momento a causa di problemi di sicurezza e l'accesso alle aree di crisi rimane invalicabile alle altre agenzie umanitarie.
Abbiamo ricevuto notizie molto preoccupanti dal campo di rifugiati nei pressi della cittadina di Makmura nel triangolo tra Mosul, Kirkuk e Arbil, dove oltre 10.000 profughi provenienti dalla Turchia hanno trovato rifugio scappando dalla repressione e dalla dispersione forzata. Ci è stato riferitoche i prolungati combattimenti nella regione si sono avvicinati pericolosamente al campo, principalmente abitato da donne e bambini. Il campo è circondato dai peshmerga del KPD e dalle forze alleate. Bombardieri sorvolano il campo. Visti i precedenti attacchi ai civili, dobbiamo dedurre che per il campo di rifugiati la minaccia è seria. Dopo il ritiro del personale UNHCR già da tre settimane, il cibo e le medicine non raggiungono più il campo.Il che significa che i rifugiati sono completamente tagliati fuori dal mondo, intrappolati tra due fronti , senza alcuna garanzia di sicurezza, e come se non bastasse a rischio di carestia e epidemie.
Per scongiurare ulteriori massacri e perdite di vite umane, noi chiediamo con urgenza che le Nazioni Unite si assumano le loro responsabilità sulla base della Convenzione di Ginevra e prendano le necessarie misure per la protezione e gli aiuti umanitari alla popolazione del campo di Makmura.
Facciamo appello alle agenzie e all'opinione pubblica internazionale perché provvedano concretamente all'assistenza dei rifugiati con sottiscrizini, trasporto di beni di prima necessità e fornitura di assistenza sanitaria.
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Save the Children: Usa bloccano aiuti umanitari
Rob MacGillivray, responsabile del Programma di Emergenza di Save the
Children in Nord Iraq, ha denunciato che "le forze della coalizione
impediscono da più di una settimana l'atterraggio di un aereo a Erbil con
forniture mediche raccolte da Save the Children per curare 40.000 persone".
Quel materiale sanitario, ha detto MacGillivray, è destinato agli ospedali
di Mosul, dove "da settimane i medici lavorano in condizioni disperate,
senza salario, senza acqua e con pochissimi medicinali".
"I medici di Mosul che stiamo cercando di aiutare - ha detto il responsabile
di Save the Children - lottano da settimane per salvare vite umane. A causa
del comportamento delle forze militari occupanti, non possiamo portare
l'aiuto che avevamo promesso. Questa è una chiara violazione della
Convenzione di Ginevra. Il tempo che si sta perdendo costa la vita a
moltissimi bambini". (red)
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